CONTE È NERVOSO – MENTRE IL M5S, PER NASCONDERE IL DISASTRO CHE COLLEZIONERÀ ALLE REGIONALI, GIÀ CANTA VITTORIA SUL REFERENDUM, L’UNICO FEDELE ALLEATO DELLO SCHIAVO DI CASALINO (E TRAVAGLIO) È FINITO CON LE SPALLE AL MURO: ZINGA HA ASSECONDATO LA STRATEGIA GRILLINA SENZA AVERE OTTENUTO IN CAMBIO NÉ ALLEANZE NELLE REGIONI IN CUI SI VOTA; NÉ GARANZIE SUL NUOVO SISTEMA ELETTORALE; NÉ TANTOMENO IL MES. SE TRACOLLA IL PD ALLE REGIONALI, LA PRIMA VITTIMA SARÀ LA POCHETTE CON LE UNGHIE
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Massimo Franco per il “Corriere della Sera”
L' enfasi maldestra con la quale il vertice grillino saluta il referendum sulla riduzione dei parlamentari, dando per scontata la vittoria, è molto indicativa. Conferma il tentativo preventivo di appropriarsi di quel risultato «facile»; e di velare in quel modo il disastro quasi certo che il M5S collezionerà alle elezioni regionali nelle stesse ore. Il Guardasigilli, Alfonso Bonafede, arriva a parlare di «svolta epocale». E il modo sprezzante col quale si additano i sostenitori del «no» conferma la carica antipolitica che il M5S annette al referendum.
Per il Pd, suo alleato di governo, l' approccio pone un doppio problema. Il segretario Nicola Zingaretti ieri ha schierato il partito per il «sì» in nome di altre riforme. I patti vanno rispettati, ha spiegato il ministro Dario Franceschini motivando l' allineamento ai Cinque Stelle. D' altronde, è difficile smentire una riforma costituzionale approvata a stragrande maggioranza.
Ma Zingaretti usa una cautela che tiene conto sia delle riserve e del nervosismo nel Pd, sia dell' esigenza di non confondersi con l' alleato. Non a caso la Direzione ha votato per la sua relazione e, separatamente, un ordine del giorno sul referendum.
Anche perché, ed è il secondo problema, il Pd asseconda la strategia grillina senza avere ottenuto in cambio né alleanze nelle regioni in cui si vota; né garanzie sul nuovo sistema elettorale, che pure il M5S si era impegnato a approvare per correggere le distorsioni provocate dalla riduzione dei parlamentari. Lo stesso appello del premier Giuseppe Conte per intese locali tra M5S e Pd non ha avuto alcun effetto. Per questo il premier mostra un nervosismo inusuale.
I goffi tentativi di esorcizzare la figura di Mario Draghi non nascono da un' ambizione dell' ex presidente della Bce. Rivelano piuttosto il terrore di perdere la guida del governo. Idem l' uscita inopinata di Conte su un bis di Sergio Mattarella al Quirinale: ipotesi inesistente. Sono errori destinati a irritare gli alleati.
Eppure, qualunque sia il risultato del 20 e 21 settembre, è difficile che l' esecutivo salti. La sensazione è che il M5S farà di tutto per restare al potere. Accetterà anche i fondi europei del Mes richiesti da Zingaretti per puntellare sistema sanitario e scuola, colpiti dal Covid19. Lo stesso Matteo Salvini, leader della Lega, ora parla di «voto locale. Il governo non c' entra nulla». Posizione abile, che scarica sulla maggioranza le tensioni in caso di insuccesso: tensioni magari senza sbocco, ma crescenti e logoranti.