1. CONTRORDINE COMPAGNI! SI CAMBIA: “REPUBBLICA” CONTRO RENZI, “IL GIORNALE” A FAVORE! 2. LA SCELTA DI RENZICCHIO DI INFILARE NEL GOVERNO QUATTRO SOTTOSEGRETARI DEL PD E UN MINISTRO LUPI (NCD) TRAFITTI DA UN AVVISO DI GARANZIA FA GODERE SALLUSTI: “ARIA NUO¬VA PER UNA SINISTRA CHE STAVA SOFFOCANDO NEL TANFO DI VENT' ANNI DI ANTIBERLUSCONISMO CIECO E STUPIDO. FINALMENTE QUALCUNO, AN¬CHE NEL PD, CI PROVA A TOGLIE¬RE ALLA MAGISTRATURA LE CHIAVI (PURTROPPO NON TUTTE) DELLA CASA DELLA POLITICA” 3. MILELLA SU “REPUBBLICA”: “PRIMA DI APPRODARE A PALAZZO CHIGI, LA PERENTORIA RICHIESTA DI DIMISSIONI A CANCELLIERI E DE GIROLAMO E QUELL’INDEROGABILE “SE NE DEVONO ANDARE”. DOPO, I SOFISMI PER TENERE NELL’ESECUTIVO I SOTTOSEGRETARI INQUISITI” 4. JENA: “SE ESISTESSE IL REATO DI MANIFESTA INCAPACITÀ LA BOSCHI SAREBBE INDAGATA”


1. MANIFESTA
Jena per ‘La Stampa' - Se esistesse il reato di manifesta incapacità la ministra Boschi sarebbe indagata.

2. BENVENUTI TRA I GARANTISTI
Alessandro Sallusti per ‘Il Giornale'

maria elena boschi firma al quirinale

C'è aria fresca nelle parole di Maria Elena Boschi, mini¬stra iper renziana. Aria nuo¬va per una sinistra che stava soffocando nel tanfo di vent' anni di antiberlusconismo cieco e stupido. «Il governo¬ - dice la Boschi - non chiede¬rà le dimissioni di sottosegre¬tari o ministri solo perché raggiunti da un avviso di ga¬ranzia », riferendosi al caso dei quattro esponenti di go¬verno finiti in guai giudizia¬ri.

Finalmente qualcuno, an¬che nel Pd, ci prova a toglie¬re alla magistratura le chiavi (purtroppo non tutte) della casa della politica. Benvenu¬ta ministra, benvenuta sini¬stra nelle file dei garantisti. È anni che ci sgoliamo, insulta¬ti dai predecessori di Renzi e dai loro trombettieri, per so¬stenere che non tutto ciò che luccica nelle procure è oro colato. Che uno è inno¬cente fino a sentenza contra¬ria (capita pure oltre) anche se avversario politico, anti¬patico o filibustiere.

Maria Elena Boschi e Marianna Madia

Lo ribadiamo anche al mi¬nis¬tro degli Interni che aven¬doci preso in antipatia so¬stiene che noi siamo garanti¬sti solo con Berlusconi, pro¬va ne è che abbiamo chiesto (e ottenuto) le dimissioni del suo povero sottosegreta¬rio Gentile, neppure rag¬giunto da un avviso di garan¬zia per il noto caso del gior¬nale di Calabria bloccato in rotativa per impedire l'usci¬ta di una notizia scomoda. Più passa il tempo più mi convinco che ad Alfano non solo manca il quid, ma an¬che un po' di quoziente. Che c'entra il garantismo con il caso Gentile? Alfano non co¬nosce la differenza tra casi giudiziari e casi umani, tra reati e porcate, tra innocen¬za e dignità. La vicenda che ha coinvolto l'ex sottosegre¬tario non nasce da una so¬spetta inchiesta giudiziaria. Si è sentito l'urlo di un diret¬tore censurato con l'ingan¬no e la violenza. È storia squallida a prescindere dai codici.

antonio gentile jpeg

Ministro Alfano, lei do¬vrebbe capire al volo che non si bloccano, neppure per interposta persona, le uscite dei giornali, neppure di quelli nemici, neppure se fetenti. Ma non lo capirà, tempo perso. Il vizietto di vo¬ler controllare con sotterfu¬gi i giornali lei l'ha nel san-gue. Ne so qualcosa. Pazien¬za. In fondo anche Renzi si sta avviando sulla strada del regime. Ieri i bimbi di una scuola di Siracusa lo hanno accolto leggendo letterine e recitando poesie su quanto lui premier sia bello e bravo. Non si vedevano cose del ge-nere dal tempo di Mussolini in pieno regime fascista. Ne¬anche Berlusconi ha mai osato tanto. Valli a capire questi siciliani, compaesani di Alfano. O no?

3. DUE PESI DUE MISURE
Liana Milella per ‘La Repubblica'

Può giocare brutti scherzi lo spartiacque del governo. Il prima e il dopo. Prima di approdare a Palazzo Chigi, la solenne promessa da parte di Renzi del nuovo a ogni costo. Dopo, il gioco in difesa. Prima, la perentoria richiesta di dimissioni a Cancellieri e De Girolamo e quell'inderogabile «se ne devono andare».

Dopo, i sofismi per tenere nell'esecutivo i sottosegretari inquisiti. Gentile, il più impresentabile, è stato dimissionato ed era un esponente dell'Ncd, il partito di Alfano. Quelli del Pd invece restano con il diktat affidato alla Boschi. Una sorta di improvviso "doppiopesismo".

berlusconi scaroni della valle

Sconcerta sentire il giovane ministro dire a Montecitorio che il governo non chiederà le dimissioni «sulla base di un avviso di garanzia». Suona strumentale, politicamente imbarazzante, e anche un po' cinico, il richiamo alla «presunzione di innocenza». Disgraziata quella frase - «l'avviso di garanzia è un atto dovuto, non è un'anticipazione di condanna» - perché evoca le argomentazioni cui la destra di Berlusconi è sistematicamente ricorsa in questi vent'anni per giustificare il connubio tra illegalità e politica. Manca solo l'attacco ai giudici.

pennarellini renzi berlusconi

Da chi, come Renzi, dialoga con Saviano e promette una lotta decisa alla corruzione e all'illegalità, c'era da aspettarsi tutt'altra coerenza nella selezione del personale politico. Soprattutto se il capo del governo è al contempo il segretario del "nuovo" Pd. Un partito che in questi anni ha sempre preso le distanze dai politici indagati. E non può scoprirsi improvvisamente garantista solo quando va al governo e quando si tratta di difendere alcuni dei suoi esponenti. Poi bisognerebbe avere la forza e il coraggio di separare la posizione di chi è accusato di un semplice abuso d'ufficio rispetto a chi è indagato per avere usato fondi pubblici a scopo personale.

Ma qui il caso è ancora diverso. La «presunzione d'innocenza » non c'entra. Non si tratta di sottosegretari che hanno ricevuto un avviso di garanzia. Ma di membri dell'esecutivo che erano stati già toccati dalle indagini. Era proprio necessario mettere al governo persone sotto accusa? Non se ne potevano scegliere altre? Se sono stati selezionati quelli, qual è stata la vera ragione?

saviano FAZIO B
FRANCESCA BARRACCIU

Qui le colpe di Renzi diventano doppie. Non solo ha abiurato alle promesse che egli stesso ha fatto sulla pulizia e trasparenza di chi regge la cosa pubblica, non solo ha usato un criterio per criticare le debolezze di Letta e un altro, ben più corto e flessibile, per assolvere le sue scelte, ma soprattutto sta compromettendo il futuro. Il rischio è di riconsegnare ancora una volta nelle mani dei magistrati il compito di dispensare lasciapassare per i buoni e i cattivi candidati. O dire - con una condanna o una assoluzione - se i sottosegretari possano restare o debbano andarsene.