Estratto dell’articolo di C.T. per “la Repubblica”
Un accordo senza sostanza. Nonostante il volto duro e i pugni metaforicamente sbattuti sul tavolo, alla fine il governo Meloni esce con le ossa rotte dall’ultima trattativa sul nuovo Patto per l’Asilo e i Migranti. Il nostro Paese, infatti, non ha ottenuto nulla di quello che riguarda il nucleo dell’emergenza migranti.
Il concetto di «solidarietà obbligatoria », infatti, non ha nulla a che vedere con una partecipazione attiva degli alleati nella redistribuzione dei migranti. Anzi, rimane il concetto di volontarietà legato alla possibilità di pagare 20 mila euro per ogni migrante rifiutato in base alla definizione annuale della quota di extracomunitari da ricollocare. Roma ottiene una regola più elastica sui “Paesi Terzi” cui rimandare indietro i migranti illegali che abbiano avviato la loro partenza proprio da quelle aree. Ma si tratta di una procedura dall’attuazione complicatissima. Che richiederà la definizione di accordi. E che necessita dell’individuazione di una vera «connessione» tra quel Paese e il migrante. Meccanismo complicatissimo.
[…] ci sono due aspetti che restano sulle spalle dei Paesi di primo approdo come l’Italia. Il carico di lavoro, amministrativo ed economico, per identificare i nuovi arrivi. Anche se ci saranno degli aiuti in questo senso dal punto di vista economico e di collaborazione amministrativa. Ma si impone un termine di tre mesi che può essere rischiosissimo per una macchina burocratica farraginosa come quella italiana.
Poi rimane immutata, anzi peggiora, la gestione dei cosiddetti movimenti secondari. L’Italia è accusata dai partner - soprattutto Austria, Francia e Germania - di permettere volontariamente il trasferimento negli altri Paesi degli extracomunitari approdati illegalmente. Sostanzialmente l’Italia lascia che il nostro Paese sia solo di passaggio, scaricando sugli altri la gestione definitiva del migrante. Circostanza confermata anche dai dati ufficiali in base ai quali si dimostra che il numero di stranieri – legali e illegali - presenti in Italia negli ultimi dieci anni non è mai aumentato.
Nel nuovo testo è prevista la possibilità di restituire il ”movimento secondario” nei due anni successivi al trasferimento. Un rischio ulteriore per il nostro Paese che perde così di fatto uno degli strumenti principali con cui ha controllato i flussi. C’è poi un aspetto strettamente politico che rende fragile il patto e anche il perimetro delle alleanza del governo Meloni. Anche il voto finale di ieri segna l’incoerenza delle “amicizie” con Ungheria e Polonia, ossia con i governi sovranisti.
GIORGIA MELONI CON MATTEO SALVINI SULLO SFONDO
Anche la Svezia, ormai conquistata dalla destra, ha fatto capire che esiste una distanza gigantesca negli interessi di quei Paesi rispetto al nostro. L’interesse nazionale di Giorgia Meloni si scontra concretamente con quello degli alleati di Visegrad. […] Palazzo Chigi […] non riesce a ottenere nulla dalla vicinanza ideologica con Orban e Moraviecki. […] l’Italia. […] non ottiene nulla di davvero concreto in questo nuovo Patto. Se non una vittoria “estetica” […]: un passo avanti nell’interpretare la lotta alla migrazione illegale come una questione europea. È il segno che il giudizio di benevola attesa con cui le istituzioni europee avevano accolto l’esecutivo Meloni inzia a esaurirsi. E si rifletterà sui dossier più importanti dei prossimi mesi: a cominciare dalla riforma del Patto di Stabilità.