LE COSE PIÙ IMPORTANTI DEL DISCORSO DI PUTIN? QUELLE CHE NON HA DETTO - “MAD VLAD” È APPARSO STRANAMENTE SULLA DIFENSIVA: NESSUN RIFERIMENTO AL NUCLEARE, NESSUN CEDIMENTO ALL’ENFASI TRIONFALISTICA. ANZI: HA ADDIRITTURA AMMESSO LE PERDITE TRA I SOLDATI RUSSI - MA NON HA MANCATO DI FARE UN ATTACCO FRONTALE AGLI USA: “DOPO LO SCIOGLIMENTO DELL’UNIONE SOVIETICA, HANNO CURATO SOLO LA LORO ESCLUSIVITÀ, UMILIANDO COSÌ ANCHE I PROPRI PAESI SATELLITI CHE SONO COSTRETTI A INGHIOTTIRE TUTTO QUESTO DOCILMENTE” - VIDEO
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1 - LA GUERRA DI PUTIN IN UCRAINA È DIVENTATA "IN DIFESA DELLA PATRIA NEL DONBAS". IL DISCORSO NELLA PIAZZA ROSSA
Estratto dell’articolo di Micol Flammini per www.ilfoglio.it
[…] Davanti alla Piazza Rossa, con la parata organizzata per celebrare il 77esimo anniversario del giorno della vittoria dell’Unione sovietica sul nazismo, Vladimir Putin ha ricordato per un attimo le perdite che questa nuova guerra: “La morte di ciascuno dei nostri soldati e ufficiali è un dolore per tutti noi e una perdita irreparabile per parenti e amici… Daremo un sostegno speciale ai figli dei compagni morti e feriti. In merito ho firmato oggi un decreto”.
Davanti al ricordo dei soldati morti, di cui non ha fornito numeri, il presidente russo ha ribaltato la realtà, cercando di tratteggiare la storia di una guerra nata non per aggredire un paese vicino, bensì per difendere il territorio di una Russia che il resto del mondo vuole aggredita e isolata.
Il 24 febbraio, giorno dell’inizio dell’invasione, Putin aveva parlato di un’operazione speciale per denazificare l’Ucraina. Oggi, 9 maggio, la guerra è diventata una lotta in difesa della “patria” nel Donbas.
[…] Quello di Putin nella Piazza Rossa era un discorso rivolto soprattutto ai russi, per dire loro: siamo un popolo unico, forte, indipendente, ne dobbiamo subire le conseguenze, le morti e dobbiamo difenderci. Lamentele e sacralità al servizio della propaganda e per continuare a giustificare una guerra alla quale non ha intenzione di mettere fine: le accuse agli Stati Uniti e la dichiarazione seconda la quale la Nato punta al territorio russo lo dimostrano. [...]
2 - IL DISCORSO DI PUTIN OGGI, ALLA FESTA DELLA VITTORIA IN RUSSIA DEL 9 MAGGIO: COSA HA DETTO (E NON HA DETTO) LO ZAR
Marco Imarisio per www.corriere.it
Anatomia di un discorso tanto cauto quanto atteso, ed è una cautela che induce a una piccola speranza. Perché per una volta, sono più importanti le parole non dette di quelle effettivamente pronunciate. Sul palco allestito nella Piazza Rossa , davanti agli «hurrah» dell’esercito schierato, Vladimir Putin non ha fatto alcun riferimento al nucleare, non ha dato inizio ad alcuna escalation, non ha trasformato l’Operazione militare speciale in guerra.
Niente di tutto questo. Anzi, per la prima volta ha riconosciuto il prezzo in termini di vite umane che la Russia sta pagando. «La morte di ognuno dei nostri soldati e dei nostri ufficiali è un dolore che grava su tutti noi» ha detto, aggiungendo che «lo Stato farà di tutto per aiutare le famiglie, e darà un supporto speciale ai bambini delle vittime e ai nostri compagni feriti».
La sorpresa è stata nei contenuti mancanti, e nel tono del discorso. Nonostante lo sfarzo dell’allestimento guerresco, Putin non ha fatto ricorso all’enfasi trionfalistica, e neppure alla retorica nazionalista. Ha cominciato facendo un parallelo tra i veterani del 1941-1945 che sedevano dietro di lui e i soldati che stanno combattendo nel Donbass. «La milizia del Donbass e l’esercito russo stanno combattendo per la loro terra, che gli eroi della Grande Guerra Patriottica hanno difeso fino alla morte».
Ma ben presto ha abbandonato questo paragone. Per passare a un riassunto dei motivi che lo hanno spinto ad invadere l’Ucraina, Paese mai nominato durante la sua orazione, come se esistessero solo le sue ragioni ma non lo Stato che le contiene. «Nonostante tutte le divergenze nei rapporti internazionali, la Russia si è sempre battuta per creare un sistema di sicurezza equo e paritario, un sistema di vitale necessità per tutta la comunità mondiale.
Nel dicembre scorso abbiamo proposto di concludere un accordo sulle garanzie di sicurezza. La Russia esortava l’Occidente ad un dialogo onesto, alla ricerca di soluzioni ragionevoli e di compromesso, alla considerazione dei reciproci interessi. Tutto invano. I paesi della Nato non ci hanno voluto ascoltare e ciò significa che avevano ben altri piani.
Ci si preparava a una ennesima aggressione nel Donbass, all’invasione nelle nostre terre storiche, inclusa la Crimea. A Kiev intanto veniva dichiarata possibile l’acquisizione dell’arma nucleare. Siccome esisteva una minaccia immediata ai nostri confini, la Russia ha fermato preventivamente l’aggressione. Era l’unica decisione corretta e tempestiva da prendere». Già sentito, già visto.
Se proprio vogliamo trovare una novità, è nell’attacco frontale agli Usa, ormai ritornati in Russia al ruolo di «Grande Satana» come ai tempi della guerra fredda. Mai sulla Piazza Rossa si era sentito un attacco così diretto e frontale, come se Washington fosse il ricettacolo di ogni male.
«Gli Stati Uniti d’America, soprattutto dopo lo scioglimento dell’Unione Sovietica, hanno curato solo la loro esclusività, umiliando così non solo tutto il mondo ma anche i propri Paesi satelliti che sono costretti a far finta di non accorgersi di nulla e a inghiottire tutto questo docilmente. Ma noi siamo un Paese diverso.
La Russia ha un altro carattere. Non rinunceremo mai all’amore per la Patria, alla fede e ai valori tradizionali, alle usanze degli antenati, al rispetto verso tutti i popoli e le culture. Mentre in Occidente, a quanto pare, hanno deciso di abolire questi valori millenari. Un degrado morale che è diventato la base di ciniche falsificazioni della storia della Seconda guerra mondiale, della fomentazione della russofobia, dell’esaltazione dei traditori, arrivando a cancellare il coraggio di coloro che ottennero tra le sofferenze la Vittoria».
L’ultimo passaggio è un chiaro riferimento alla scarsa importanza che secondo Putin gli Usa attribuiscono alla Russia per la sconfitta del Terzo Reich. Ai veterani americani, ha aggiunto, è stato impedito di venire oggi a Mosca. «Ma noi invece li onoriamo, come facciamo con gli altri alleati». Il presidente russo ha poi chiesto un minuto di silenzio, non solo in onore dei caduti della Seconda Guerra Mondiale, ma anche «dei martiri di Odessa bruciati vivi nella Casa dei sindacati nel maggio 2014”, dei residenti del Donbass e dei partecipanti all’Operazione militare speciale».
Putin ha concluso in crescendo, ricordando come «altre volte i nemici della Russia tentarono di usare contro di noi bande di terroristi internazionali cercando di seminare ostilità etnica e religiosa per indebolirci dall’interno, senza mai giungere ad alcun risultato». Ma infine non c’è stata alcuna nessuna dichiarazione di guerra, nessuna mobilitazione generale.
Solo un riepilogo delle ragioni russe, e la sottolineatura del fatto delle cose che il Cremlino sostiene di aver chiesto più volte alla Nato e agli Usa, senza mai ottenerle. Non sono volati neppure gli aerei di guerra in formazione a Z, bloccati dalle avverse condizioni atmosferiche, come ha detto il portavoce Dmitry Peskov. Anche il suo presidente, tutto sommato, ha volato basso. Forse la vera novità è questa: quello di Putin è un discorso in tono minore, quasi sulla difensiva. Come se anche lui avesse voglia di farla finita. Ma questa è solo una nostra impressione, la nostra speranza.