COPERTINA ESPRESSO - 15 SETTEMBRE 2023
Carlo Tecce per “L’Espresso” - Illustrazioni di Valentina Vinci
Avvolto in uno scialle di fumo, di toscanelli ne ha una pila accanto a una coppa di gelato al cioccolato che fa da pranzo, Roberto D’Agostino, cioè Dagospia, insomma Dago, sbuca con l’occhio azzurro sotto lenti azzurre.
È il Brucaliffo in una stanza di luci, falli, scritte, colori. Non spreca parole, ne produce di puntute; sparge retroscena, ne maneggia di incandescenti. Il sito Dagospia veniva dal futuro, e accadde quasi un quarto di secolo fa.
Dago Brucaliffo è affascinato soltanto dal futuro, lo vuole prevenire per non curarlo, lo deve prevedere per mestiere. Un paio di ore di aneddoti, sospensioni, tarocchi, e poi Dago ripulisce la coppa di gelato al cioccolato in stile calice da messa e dice le cose che stanno per arrivare con l’entusiasmo dei bambini a Natale: «Con le elezioni europee nulla sarà come prima. Non sarà una lotta per vincere, ma per non perdere. Giorgia Meloni è paranoica, non può permettersi di smarrire nemmeno un decimale dei voti. Andrebbe subito ai matti.
TITANIC D'ITALIA - VIGNETTA BY MACONDO
Vuole contare dentro la Commissione Europea, ma potrebbe contare il nulla. Ha paura che sia l’inizio della discesa. Matteo Salvini risale dai sondaggi e con Giorgetti si divertono a fare il poliziotto buono e il poliziotto cattivo.
Elly Schlein corre spedita verso il disastro con la minoranza che se la ride. Giuseppe Conte deve quantificare il danno dopo l’abolizione del Superbonus e del Reddito di cittadinanza. Antonio Tajani deve tenere in vita Forza Italia altrimenti Pier Silvio e Marina Berlusconi la chiudono». Il Brucaliffo si tace. Su Dago, leggiamo le carte.
GIORGIA MELONI L’IMPERATRICE
Tutti i fasci vengono al pettine: il famigerato Mes, l’attuazione del Pnrr, la legge di Bilancio. Non basta fare lo zerbino di Biden, applaudire Zelensky in prima fila e mettersi in posa, in Europa valgono le regole. Altro che taglio delle tasse, qui si parla soltanto di tagli alla spesa. Giorgia è irriconoscibile.
È una omonima di un anno fa. Il limite è il carattere. La ricerca del nemico - per esempio Paolo Gentiloni in Europa - è sintomo di debolezza e insicurezza. Impari da Berlusconi che imparò da Andreotti tramite Gianni Letta: il nemico non si combatte, si compra. La sua verve decisionista non è tollerata dalle istituzioni. La stagione di Colle Oppio è finita. Per comandare come se fosse in famiglia si è portata la famiglia a Palazzo Chigi. E attenzione, Giorgia, alla tenuta psicofisica.
MATTEO SALVINI IL DIAVOLO
È in una posizione mediaticamente disperata. Meloni l’ha buttato a destra, e lui si gode Vannacci e risale nei sondaggi. Ma non ha un telegiornale. Gianni Letta gli ha fregato il Tg2. Adesso il suo obiettivo è trattare con Pier Silvio Berlusconi per ottenere un po’ di spazio da Mediaset.
Il patto della bistecca a Bolgheri con Giorgia gli è servito per avere la legge sulle Autonomie in primavera da spendere per le elezioni europee, in cambio ha dato l’ok alla tassa sui profitti delle banche che ha una grossa presa popolare-peronista seppur valga zero. Era meglio chiedere un’offerta libera alle banche. Ora il governo ha i poteri economici col fucile puntato.
ELLY SCHLEIN IL CARRO
Elly è una killer dotata di armocromista: sta ammazzando il Pd. I responsabili, però, sono i vecchi Boccia, Orlando, Provenzano, Franceschini. Speravano di manovrarla come un burattino dalle quinte e di ritornare nuovi e immacolati. La scissione del gruppo riformista di Guerini e dei governatori con De Luca non ci sarà prima delle Europee perché non vogliono regalarle alibi. Che li porti a sbattere. E' lunico modo per farla ritornare tra le "sardine" di Bologna.
GIUSEPPE CONTE L’EREMITA
Conte si sta dando le botte in testa per i Cinque Stelle che sono andati ai gazebo dem a votare Schlein ribaltando la vittoria di Bonaccini fra gli iscritti. Elly lo impalla. Così, mentre il Pd diventa un movimento, il Movimento diventa un partito, il Pd. Il vero ideologo della sinistra è il sindacalista dei pensionati Landini. Il programma di Conte e Schlein è il suo.
SERGIO MATTARELLA LA GIUSTIZIA
Vorrei ricordare che Mattarella è siciliano. La riforma costituzionale che trasferisce i poteri a Palazzo Chigi e li sottrae al Quirinale è stata partorita dalle sapienti meningi di Mantovano e Fazzolari con la benedizione di Meloni senza consultare la presidenza della Repubblica. Follia! In caso di approvazione, Mattarella si dimetterebbe all’istante.
I rapporti col Quirinale sono freddi. Il mondo politico è fatto di burattini e burattinai. Giorgia non deve sottovalutare i cattivi segnali. Mario Draghi che non telefona più, Giuliano Amato che si distingue, la Corte dei Conti che insorge, Macron e Scholz che vogliono rispedirla al Colle Oppio.
ANDREA GIAMBRUNO IL BAGATTO
Ha ragione Fiorello: Giambruno è il principale nemico della Meloni, ce lo ha in casa. Giorgia non doveva accettare che prendesse le redini di una trasmissione, non sa condurre, non sa articolare un pensiero. Fregonara e Palombelli, le mogli di Enrico Letta e Rutelli, hanno limitato la carriera quando i mariti erano esposti. Per Giambruno tutti gli errori vengono al pettine e lui ne ha molti, di capelli. E Giorgia sbrocca sulla spalla di Arianna e insieme vogliono spedire dietro la lavagna di Bruxelles, il vispo Lollo.
PAPA FRANCESCO IL PAPA
sergio mattarella la giustizia
È davvero grottesco che gli ucraini usino Francesco come “caprone espiatorio” per nascondere il fallimento della controffensiva. Che può fare un Papa se non battersi per la pace? Volevano che scomunicasse i russi, ma il Papa cristiano non esclude ma perdona. Siamo tutte pecorelle smarrite. Il suo grande successo è il collegio cardinalizio. Ha preparato il conclave, la sua successione. Bergoglio non transige sui principi, ma abbraccia tutti, proprio come la piazza del Bernini.
LUCIANO SPALLETTI LA TEMPERANZA
Nell’estate delle corna, le peggiori le ha fatte Mancini alla Nazionale e all’Italia intera. Spalletti è un lavoratore, ha un grande senso dello Stato e perciò sarà rigoroso. Ha preso una squadra non all’altezza. Non ha né Osimhen né Lobotka. Gli italiani confidano sempre nel miracolo. Nella nostra arte di arrangiarci, poi ci becchiamo le Macedonie. Che Spalletti dia almeno una spallata.
luciano spalletti la temperanza andrea giambruno il bagatto bergoglio il papa