DAGONEWS: LA REVOCA DELLE CONCESSIONI AUTOSTRADALI CI SARÀ, MA PARZIALE. OVVERO SOLO SU QUEI TRATTI DOVE SIA GIÀ EMERSA LA CARENZA DELLA MANUTENZIONE - LO STOP ALLA SOLUZIONE ''FINALE'' ARRIVA DA CASALINO-CONTE, PER NON REGALARE UNA VITTORIA SCHIACCIANTE A DI MAIO - IN CASA BENETTON È PARTITA LA GUERRA NUCLEARE, CON MION CHE MANDA CASTELLUCCI ALL'INFERNO: ''DOVEVA DIMETTERSI SUBITO''
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DAGONEWS
I rapporti tra il duo Conte/Casalino e Di Maio sono così marci, ma così marci, che persino sulle concessioni autostradali riescono a consumare vendette incrociate. Mentre il premier e Zingaretti tubano felici, con il Pd che ogni giorno si sveglia e prega san Giuseppi che l'ha riportato al governo col 18%, le cose con Luigino vanno sempre peggio, e soprattutto con il Rasputin Rocco.
Tanto che quando Zingaretti (come Dago-rivelato) è andato da Conte pronto a sostenere la revoca delle concessioni ai Benetton, Casalino è saltato sulla sedia: la revoca è un assist troppo gustoso per Di Maio, che dal primo giorno dopo il disastro del Ponte Morandi ha cavalcato l'idea, mentre Conte predicava raziocinio e certezza del diritto. All'epoca la battaglia di Di Maio sembrava una cosa da Don Chisciotte di Pomigliano, e invece si è concretizzata (anche grazie agli altri elementi emersi dalle indagini).
Insomma, da Palazzo Chigi è arrivata una nuova soluzione, per far contenti (quasi) tutti: una revoca PARZIALE, che coinvolga solo alcuni tratti gestiti da Autostrade per l'Italia, quelli dove sia già emersa una carenza di manutenzione o gestionale. Un piano che, sulla base delle verifiche del Ministero di Paoletta De Micheli e dei magistrati che già hanno accumulato un bel po' di dossier.
Solo la Guardia di Finanza ha stilato una lista di 100 tunnel – la metà gestiti da Aspi – che non sono a norma secondo le regole comunitarie. Ovviamente ci sarà mezza Liguria, dove ogni giorno crolla un pezzo di galleria, un viadotto viene chiuso, il traffico viene deviato per qualche intervento straordinario.
Quindi una revoca parziale, condita da un indennizzo economico per evitare il default della società e di Atlantia (con tutto lo tsunami giudiziario che ne seguirebbe). Questa soluzione si è resa necessaria non solo come esempio di sfolgorante cerchiobottismo italico, ma anche perché, come vedasi dall'intervista che segue, i manager della famiglia Benetton sono impegnati in una lotta interna durissima, con Mion che scarica Castellucci (da cui fu, a suo tempo, scaricato), con l'intenzione di chiudere una fase e cercare di ripartire da zero. Ci riusciranno? Ah, saperlo…
2. MION: COMMESSI ERRORI COLOSSALI CASTELLUCCI DOVEVA LASCIARE SUBITO
Mariano Maugeri per ''la Stampa''
«Siamo sotto revoca, siamo sotto revoca» Gianni Mion, mente finanziaria dei Benetton e una sorta di quinto fratello della famiglia trevigiana, si aggira tra gli uffici di Autostrade per l' Italia di Milano in corso di Porta Vittoria, quasi di fronte al tribunale, e ripete meccanicamente lo scenario raccontato dalla cronache di questi mesi. Mion è un uomo di numeri. E i numeri dicono 43, il numero dei morti seppelliti dal cemento del Ponte Morandi di Genova. E sempre i numeri dicono uno, un uomo solo al comando, cioè Giovanni Castellucci. «Un manager dalla mostruosa capacità di lavoro» ammette Mion, che impose l' ad convinto di aver fatto la scelta migliore.
Castellucci arrivava in Atlantia con i galloni della rivoluzione coronata dal successo agli aeroporti di Roma. Un amministratore delegato despota, allenato a sottomettere tutto e tutti, compreso un consiglio di amministrazione succube della narrazione del capo che non sbaglia mai. Nelle aziende vince il conformismo e s' impone chi moltiplica ricavi e utili. Castellucci inanellava risultati che facevano venire l' acquolina in bocca agli azionisti. Argomenti convincenti per il mercato e gli stakeholder.
E per i collaboratori adoranti di cui si circondava. Nessuno che si preoccupasse di argomentare che in aziende così complesse, con centinaia di ponti e viadotti arrampicati in cielo, il potere di un Ad deve trovare un bilanciamento in un board di esperti che faccia da contrappeso. «Noi siamo intoccabili» ripetevano fino all' ultimo i manager. E Mion ora s' infuria. «Castellucci doveva andarsene all' indomani del crollo del ponte, l' ho detto e ripetuto in ogni occasione». Ora che Castellucci se n' è andato con le tasche ricolme di milioni, Mion tratteggia la dottrina del "ravvedimento operoso".
I brogliacci delle intercettazioni telefoniche svelate dai magistrati tra gli uomini della Spea, la società che doveva occuparsi della manutenzione, sono state come una fucilata in pieno petto. L' uomo di Edizione, la cassaforte dei Benetton, lo dice senza giri di parole: «Sono stati commessi errori colossali e paradossali». Dopo quelle parole non si torna più indietro. C' era un intreccio di interessi, di convenienze, una sequenza di leggerezze che mettono in fila coscienze nere come il catrame. Errori reiterati.
«Venti miliardi» dice Mion d' un fiato. E tutto quello che questa cifra trascina con sé. Compresi 1, 5 miliardi di investimenti per la manutenzione messi sul piatto dal nuovo ad di Autostrade Roberto Tomasi. Certo, i grandi progetti di Atlantia che intendeva allargare il suo perimetro non solo alle infrastrutture ma anche alle energie alternative e alle reti elettriche in 18 Paesi sembrano essere andati in fumo per sempre. Bisogna salvare il salvabile. Magari stringendo accordi con nuovi azionisti che abbiano sviluppato lunga e consolidata esperienza nei settori in cui si investirà. Combattere con a fianco alleati competenti è sempre meglio che andare alla guerra da soli.
Ci voleva la tragedia di Genova per inchiodare Aspi alle sue «distrazioni» e alla sua governance su misura di Castellucci, Spea alle sue presunte colpe, il ministero delle Infrastrutture alle sue «amnesie».
Finalmente - assicura Mion - tra il ministero (il controllore che non controllava) e Aspi è stata avviata una proficua e sistematica collaborazione. Finalmente.