Dagoreport
Enrichetto, ma che fai? Draghi ha un rapporto di stima con Letta ma le sue ultime sortite (come la proposta di una tassa sulle rendite) lo hanno contrariato. SuperMario crede che le sparate del segretario del Pd, inopportune per tempi e modi, siano dannose per il governo. Ma nel rispetto dei ruoli, Draghi ha fatto capire a Letta che può fare come crede, anche perché le decisioni le prende lui e buonanotte ai suonatori.
Il presidente del Consiglio è infastidito con Andrea Orlando per il tentativo di infilare la proroga al blocco dei licenziamenti nel decreto Sostegni bis. Ma ne ha anche per il sottosegretario di Palazzo Chigi, Roberto Garofoli, che avrebbe dovuto vigilare meglio (anche sulle semplificazioni dove il Pd pretendeva di non togliere i limiti su subappalti e massimo ribasso come chiesto da Salvini).
La crescente insofferenza verso Garofoli è dovuta al suo ego-centrismo: parla con i partiti, si propone come interlocutore, cerca la sua centralità. Forse dovrebbe ricordare la lezione di Gianni Letta che, da sottosegretario, organizzava i pre-consigli con i capi di gabinetto per revisionare i provvedimenti, trovare un punto di caduta tra le parti e "blindare" le decisioni in vista del Consiglio dei ministri.
La "colpa" di Letta è di non essersi affrancato dal fu Rasputin di Zingaretti, Goffredo Bettini. E' stato lui a portare il governatore del Lazio a schiantarsi sull'alleanza acritica con il M5s ("Se cade Conte, si va al voto"). O Orlando che pontificava: "Sostenere un governo Draghi insieme a Salvini? Neanche se venisse Superman". Enrichetto, di ritorno da Parigi, è cascato nella padellona di Bettini e si è fatto servire l'alleanza giallo-rossa come un totem inattaccabile.
Letta ci ha messo del suo, incaponendosi (seguendo il verbo di Romano Prodi) sulla necessità di una legge elettorale maggioritaria che costringerebbe Pd e M5s a viaggiare incatenati. Ma cos'è oggi il Movimento se non una guerra tra bande scissioniste e senza neanche un leader? Conte è un fantasmino che da più di tre mesi, da quando il 13 febbraio lasciò Palazzo Chigi, è fuori dalla scena.
L'Avvocato di Padre Pio ha tenuto un'assemblea virtuale del M5s che non ha portato a nulla: i grillini sono ancora senza una struttura, senza identità né direzione. Quel che rimane dell'ala "governista" si è cinta intorno al redivivo Di Maio che, tomo tomo cacchio cacchio, ha ripreso le redini del Movimento. E il neo-doroteo Luigino, che ha subìto e non scelto l'alleanza con il Pd, è politicamente più vicino a Salvini che al neo-compagno Letta.
Il segretario del Pd, che è costretto a rinculare almeno sulla legge elettorale (ora ha chiesto di correggere il Rosatellum), ha perso anche la "mano guida" di Sergio Mattarella. Dopo aver affidato il governo a Mario Draghi, il presidente della Repubblica è "uscito" dall'agone politico…
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