1. TRUMP RINGAZZULLISCE LE DESTRE E LA ''MAGGIORANZA URSULA'' RISCHIA DI IMPLODERE 
2. OLTRE ALL'INETTA SCELTA DI RAFFORZARSI CONCEDENDO A MELONI UNA VICEPRESIDENZA ESECUTIVA (NO DI SOCIALISTI E LIBERALI A FITTO), A DESTABILIZZARLA SONO GLI SPAGNOLI DEL PPE CHE MIRANO A FAR CADERE IL GOVERNO SANCHEZ BOCCIANDO LA COMMISSARIA RIBEIRA 
3. A BRUXELLES PER URSULA SI PREFIGURANO TRE SCENARI: 1) LA CRISI RIENTRA E PASSANO LE NOMINE, FITTO COMPRESO; 2) ACCONTENTA I SOCIALISTI E RIFORMULA LE NOMINE DEI COMMISSARI; 3) SALTA LA ''MAGGIORANZA URSULA'' E SI TORNA AL VOTO (COSA MAI SUCCESSA…)


1. DAGOREPORT

ursula von der leyen rieletta presidente della commissione europea 2

La trionfale vittoria di Donald Trump (Camera, Senato, Corte Costituzionale) sta sconvolgendo gli equilibri politici negli Stati Uniti e nel resto del mondo. L’onda lunga del successo del tycoon è arrivata anche nell’Unione Europea, dove la "maggioranza Ursula" è scossa da scosse telluriche.

 

Il primo segnale del ritorno sulla scena mondiale del Trumpone è il generale ringalluzzimento dei gruppi destronzi (Patrioti, Ecr, Afd) che, complice la composizione variegata del Partito Popolare Europeo, si sono ritrovati col gran parte del Ppe a votare con successo il regolamento sulla deforestazione.

 

Apparentemente una norma secondaria, ma che diventa la spia di un mutamento in corso che vede i sovranisti e i populisti uniti nella lotta con i neonazisti di Afd. Il voto congiunto con l’estrema destra non poteva non terremotare il gruppo socialista (S&D), e gran parte di esso chiede di uscire dalla maggioranza Ursula.

 

manfred weber si congratula con ursula von der leyen per la rielezione

Il clima di caos che si è creato a Bruxelles, con i veti incrociati sulla nomina dei vicepresidenti, dipende innanzitutto dall’inettitudine di Ursula. La cofana bionda tedesca ha dimenticato uno dei principi cardine della politica: se hai una maggioranza, la valorizzi e vai avanti con quella.

 

Lei, invece, per blindare la sua poltrona ha pensato di darsi un perimetro di potere più ampio, e ha teso la manina a Giorgia Meloni e al gruppo da lei presieduto, quello dei Conservatori di Ecr.

 

Era chiaro che bisognava dare un commissario all’Italia, ma non di cedere a Meloni concedendo una vicepresidenza esecutiva a Raffaele Fitto, innescando il domino del malcontento di socialisti e liberali - considerando anche il doppio rifiuto della Ducetta alla Commissione (prima in Consiglio europeo con l’astensione, e poi in Parlamento con il voto contrario di Fratelli d’Italia).

 

GIORGIA MELONI E URSULA VON DER LEYEN AL G7

Un errore che ha finito per trasformare la sua maggioranza in un’insalata mista che è andata di traverso a tutti.

 

Ad accendere questo casino malmostoso, la scintilla non è partita solo dalla nomina con deleghe di un commissario fuori dalla maggiaranza come Fitto ma una tanica di benzina è arrivata dagli spagnoli: la delegazione di Madrid nel Ppe sta tentando infatti di sabotare la nomina della socialista Teresa Ribera, che è anche ministro e vicepremier di Spagna, con l’obiettivo di far cadere il Governo Sanchez.

 

Teresa Ribera Rodriguez

In quanto ministro della Transizione ecologica i Popolari iberici addossano alla Ribeira - anziché al governatore Mozon - la responsabilità della tragedia di Valencia, dove l’alluvione ha ucciso più di 200 persone. E la Ribeira è attesa nei prossimi giorni a riferire del suo operato al Parlamento spagnolo.

 

L’obiettivo del Partido popular è far slittare le nomine europee a dopo l'audizione-processo, così da azzoppare la Ribera e far saltare la sua nomina a Bruxelles. In caso contrario, i popolari spagnoli minacciano di boicottare i commissari di Ursula.

 

raffaele fitto foto lapresse 5

Il caso Ribera è l’ennesima dimostrazione di come il Partito popolare europeo sia, al suo interno, disomogeneo e parcellizzato in obiettivi non convergenti.

 

Lo stesso premier polacco, Donald Tusk, che del Ppe è un pezzo da novanta, si è molto infastidito, al pari dei socialisti e liberali, per la convergenza dei voti di gran parte dei Popolari con le destre estreme sulla deforestazione.

L’allargamento della maggioranza a Ecr, poi, significherebbe sdoganare anche il Pis, partito rivale in patria, visto da Tusk come il nemico numero uno.

 

BASTONE CONTRO PEDRO SANCHEZ A PAIPORTA

Al momento, a Bruxelles gli analisti politici prevedono questi tre gli scenari per Ursula :

 

1. Riesce a ricompattare la sua maggioranza “domando” il Partito socialista e facendo ingoiare a Sanchez e Macron l’inclusione di Fratelli d’Italia nell’alleanza (e Fitto ottiene il via libera).

 

2. Non riesce a sedare il malcontento di S&D che chiede di riformulare tutte le nomine dei commissari.

 

3. Definitiva spaccatura della maggioranza, salta Ursula e si torna al voto (cosa mai successa...).

 

 

 

2. L’ALLEANZA DI VON DER LEYEN PERDE ANCORA PEZZI IL PPE VOTA CON LE DESTRE

Estratto dell’articolo di Claudio Tito per “la Repubblica”

 

GIORGIA MELONI MANFRED WEBER

La maggioranza Ursula evapora all’ombra della deforestazione. Si spacca ancora una volta e il Ppe vota nel Parlamento europeo insieme ai partiti di destra, compreso il neonazista Afd.

 

Il terreno di scontro è stato stavolta la norma che impone a commercianti e importatori di verificare che un bene immesso nel mercato non venga da un territorio recentemente disboscato. Una norma che riguarda prodotti come il cacao, il caffè e molti altri.

 

La scelta dei popolari è l’ultimo colpo all’intesa con i socialisti. E di certo non rappresenta un buon viatico per il tentativo di ricucire lo strappo che si è consumato nell’ultima settimana sulla nomina dei vicepresidenti della Commissione.

 

antonio tajani donald tusk

E infatti il gruppo S&D ieri, dopo lo scrutinio in aula, dice a chiare lettere: «La maggioranza Ursula non esiste più». Non esiste più l’alleanza tra Ppe, Pse e Renew cui a luglio si erano aggiunti i Verdi. Il rischio che l’intera Commissione von der Leyen esploda sotto le bombe dei veti sta mettendo in allarme tutti soprattutto i popolari.

 

Una mediazione intanto è partita da Antonio Tajani e dai premier di Polonia e Grecia, Tusk e Mitsotakis. Lo stallo sul nuovo esecutivo Ue, del resto, dopo il caso-deforestazione, appare ancora più complicato.

 

pedro sanchez

E tutto si concentra su tre nomi: Teresa Ribera, Raffaele Fitto e Olivér Várhelyi. Sulla prima, il caso più spinoso, si sono accaniti i popolari, in particolare gli spagnoli, che puntano a far cadere il governo Sanchez in Spagna. Sul secondo e il terzo si è abbassata la mannaia reattiva di socialisti e ecologisti.

 

[…] Intanto i tre “mediatori” del Ppe stanno cercando di mettere una toppa alle scelte compiute dal loro capogruppo, Manfred Weber. Molti esponenti popolari, infatti, iniziano a rimproverare al leader tedesco di aver messo nell’angolo i socialisti consentendo ai popolari spagnoli di sacrificare Teresa Ribera sul patibolo dell’alluvione di Valencia. […]

URSULA VON DER LEYEN NEL 2019 E NEL 2024

 

L’ipotesi di mediazione si basa su due opzioni. La prima: permettere ai socialisti di votare contro Fitto e Várhelyi nelle commissioni parlamentari potendo contare, a scrutinio segreto, su una maggioranza con i gruppi di destra.

 

E poi aiutare Ribera, sempre a scrutinio segreto, a superare lo stesso scoglio fornendo qualche voto Ppe sottobanco. Così si tornerebbe alla situazione precedente. Ma con rapporti politici ancora sfilacciati.

 

La seconda, che però vede la contrarietà di von der Leyen («non possiamo umiliare Giorgia Meloni», è la sua tesi), consiste nel cancellare tutte le sei vicepresidenze. A questo punto tutto si giocherà tra mercoledì e venerdì prossimo (dopo che Ribera avrà riferito sull’alluvione al parlamento spagnolo).

 

ursula von der leyen giorgia meloni - foto lapresse

[…] per la prima volta il futuro del “von der Leyen bis” non appare certo. Anche se far saltare la Commissione esporrebbe la Ue ad una ulteriore debolezza.

 

L’elezione di Trump è un problema per quasi tutti i Paesi europei. E infatti la prossima settimana si terrà a Varsavia un vertice tra i ministri degli Esteri di Polonia, Italia, Francia, Germania e Gran Bretagna. All’ordine del giorno come reagire se gli Usa da gennaio smetteranno di aiutare l’Ucraina e imporranno di nuovo i dazi commerciali.