DAGOREPORT – IL BALLO DELLA KETAMINA DI ELON MUSK NON PORTA VOTI: LA PERFORMANCE “OCCUPIAMO MARTE” DEL PICCHIATELLO DI TESLA SUL PALCO CON TRUMP IN PENNSYLVANIA NON HA MOSSO L’OPINIONE PUBBLICA – KAMALA HARRIS SAREBBE IN VANTAGGIO DI 4-5 PUNTI, MA IL SISTEMA ELETTORALE USA E' FOLLE: NEL 2016 HILLARY CLINTON FU SCONFITTA DA TRUMP PUR AVENDO AVUTO 3 MILIONI DI VOTI IN PIU' – IL PRESSING DEI REPUBBLICANI PERCHE' TRUMP ABBASSI I TONI (È IL MOMENTO DI PARLARE AGLI ELETTORI MODERATI, NON AL POPOLO MAGA, CHE LO VOTA COMUNQUE) - I DILEMMI DI KAMALA: MI CONVIENE FARE GLI ULTIMI COMIZI CON OBAMA? COME RICONQUISTARE IL VOTO DEI TANTI GIOVANI PRO-PALESTINA?
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A poco meno di un mese dal voto per le elezioni presidenziali negli Stati Uniti, democratici e repubblicani si affannano a commissionare sondaggi sempre più dettagliati per cogliere gli umori dell’elettorato. L’obiettivo è registrare qualunque mutamento nell’orientamento di voto, per comprendere cosa “funzioni” per pompare i consensi.
L’ultima rilevazione è stata commissionata dai repubblicani per capire quanto abbia inciso sulle convinzioni popolari la presenza di Elon Musk sul palco di Butler, in Pennsylvania, accanto a Donald Trump.
Il fondatore di Tesla, survoltato e probabilmente carico di ketamina, è diventato un meme vivente con il suo saltello imbarazzante e per lo sguardo inquietante rivolto al suo “padroncino” politico. Tanto fumo, ma poca ciccia: al punto da non riuscire a spostare granché nell’opinione pubblica.
A livello nazionale Kamala Harris gode, secondo il sito “FiveThirtyEight” di Nate Silver (che nel 2016 aveva dato per certa la sconfitta di Trump), di un vantaggio di 2,6 punti percentuali. Ma altre rilevazioni danno un margine a favore della candidata dem di 4-5 punti. Questi dati vanno presi con le molle, visto che l’arzigogolato sistema elettorale americano non premia, come sarebbe logico, chi prende più voti, ma chi porta a casa il maggior numero di grandi elettori (nel 2016, Hillary Clinton perse nonostante un vantaggio nel voto popolare di quasi 3 milioni di voti).
I repubblicani stanno facendo pressione su Donald Trump affinché moderi i suoi toni a un mese dal voto: non c’è bisogno di esacerbare le tensioni, anche perché gli “estremisti” Maga sono già con lui. Per catturare l’elettorato moderato servono altri argomenti. L’ultima bacchettata al tycoon per le sue intemperanze è arrivata dal Governatore repubblicano della Florida, Ron DeSantis: ha dovuto smentire pubblicamente Trump, che accusava Biden di non far nulla per aiutare lo Stato colpito dall’uragano Milton.
I democratici, invece, si arrovellano su due questioni.
La prima riguarda Barack Obama. L’ex presidente ha dato piena disponibilità a supportare Kamala Harris nei suoi comizi finali prima del voto. I capoccioni della campagna della vicepresidente stanno valutando se sfruttare il carisma del primo presidente afroamericano della storia, oppure no.
Si chiedono se il suo faccione, a parte compiacere i media liberal, porti consensi negli Stati in bilico. Proprio durante gli ultimi anni della sua presidenza, infatti, la de-industrializzazione ha fomentato sentimenti anti-sistema nelle zone del Midwest, che sono poi passate in massa alla corte di Trump prima di rientrare alla base dem solo con il vecchio Biden, emblema di una politica pragmatica e interessata alle questioni sociali.
Il secondo dilemma per i democratici è rappresentato dai movimenti giovanili pro-pal. Composte da un elettorato da sempre vicino alla sinistra democratica, le organizzazioni anti-Israele questa volta potrebbero “tradire” il loro partito. Delusi da Kamala Harris, che ha dichiarato senza esitazioni che continuerà a sostenere Israele (e ha un marito ebreo, dettaglio per loro affatto secondario), potrebbero disertare, e qualcuno addirittura arrivare a votare Trump.