DAGOREPORT – BARBANO È STATO SILURATO DALLA DIREZIONE DEL “MESSAGGERO”, DOPO APPENA 28 GIORNI, PER ESSERSI OPPOSTO A UN’INTERVISTA “SDRAIATA” E "BLINDATA" A GIORGIA MELONI – DA PALAZZO CHIGI AVEVANO PRETESO DOMANDE SCRITTE, RISPOSTE INTOCCABILI E, SOPRATTUTTO, POSTO IL VETO SU ALCUNI ARGOMENTI – BARBANO, SCELTO DA AZZURRA, HA DETTO NO E “CALTA”, CHE HA UN OTTIMO RAPPORTO COL GOVERNO DUCIONI (VEDI IL DECRETO CAPITALI) HA DETTO SCIÒ: IL VEGLIARDO COSTRUTTORE AVREBBE PREFERITO AL SUO POSTO GUIDO BOFFO (E INFATTI È ARRIVATO LUI)… - LA SMENTITA DI BARBANO: "LA MIA REVOCA NON DIPENDE DALL'INTERVISTA A GIORGIA MELONI"
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Come si è arrivati al siluramento, dopo soli 28 giorni, di Alessandro Barbano dalla direzione del “Messaggero”? Dopo la notizia pubblicata da Dagospia, a via del Tritone si è scatenato il panico: l’azienda, dopo una lunga di riflessione di quasi 24 ore, è corsa ai ripari con la formula di rito: “ricostruzioni che sono pura fantasia e destituite di ogni fondamento”.
A questo disgraziato sito, però, le fonti raccontano un’altra storia.
Alessandro Barbano era già stato licenziato, nel 2018, dalla direzione del “Mattino” per contrasti politici con Francesco Gaetano Caltagirone.
Dopo l’esperienza come vice-direttore al Corriere dello Sport e poi la breve parentesi al “Riformista”, durata poco più di una mesata, Barbano è approdato al “Messaggero” per volontà di Azzurra Caltagirone, scelta, questa, non condivisa dal padre.
Non a caso, il 15 marzo, un take di LaPresse dava per quasi fatta la nomina a direttore del quotidiano romano del caporedattore centrale, Guido Boffo, nomina poi concretizzatasi dopo la cacciata di Barbano. Boffo era, sin dall’inizio, il candidato di “Calta” senior.
Barbano, che è un liberale super-garantista, a pochi giorni dal voto per le elezioni europee, aveva portato a casa, per fare bella figura agli occhi del suo editore, che gode di un ottimo rapporto col governo Ducioni nella persona di Fazzolari (vedi il Decreto Capitali), un’intervista di due pagine a Giorgia Meloni.
Lo staff di Palazzo Chigi aveva però posto alcune inderogabili condizioni: le domande dovevano essere scritte, delle risposte non bisognava toccare una virgola, e la possibilità, per la premier, di evitare alcuni argomenti poco graditi.
A questi caveat, il direttore si è inalberato: passino pure le domande scritte, che pure tolgono all’intervistatore qualunque possibilità di replica e contraddittorio. Ma addirittura la pretesa di cassare alcuni temi specifici è stata considerata una condizione professionalmente inaccettabile.
Al botta e risposta con Palazzo Chigi, condito da un vaffa finale e dalla cancellazione dell’intervista, è seguito un editoriale, a firma dello stesso Barbano, piuttosto critico nei confronti delle euro-pulsioni in salsa sovranista di Giorgia Meloni e Matteo Salvini.
Un “affronto” che la “Fiamma tragica” della Ducetta ha giudicato indigeribile, al punto da non nascondere una certa insofferenza. Captato il malumore della premier, Caltagirone, già scettico sulla scelta di Barbano, ha mollato un bel calcione al suo direttore.
CALTAGIRONE EDITORE, 'SUL CASO MESSAGGERO IPOTESI FANTASIOSE'
(ANSA) - "Tra i diritti di un editore non c'è quello di indicare chi intervistare e come farlo. C'è invece quello di pretendere il reciproco rispetto degli impegni contrattuali.
Le ricostruzioni diverse da questa sono fantasiose e prive di qualunque fondamento. La vicenda relativa all'ex direttore del Messaggero è tutta qui". Così, in una nota, il Gruppo Caltagirone Editore a proposito dei retroscena sul cambio al vertice del quotidiano romano, con l'arrivo di Guido Boffo al posto di Alessandro Barbano.
EDITORIA: BARBANO, 'MIA REVOCA DA DIREZIONE MESSAGGERO NON LEGATA A INTERVISTA A MELONI'
(Adnkronos) - "Non è vera la notizia, pubblicata da alcuni organi di informazione, secondo cui la mia revoca da direttore del Messaggero dipenderebbe dal mio rifiuto a fare un’intervista a domande scritte con Giorgia Meloni. Sono altre le motivazioni del recesso". E' quanto afferma in una nota l'ex direttore del Messaggero Alessandro Barbano, all'indomani della revoca del suo incarico da parte del gruppo Caltagirone.