DAGOREPORT! – LA GUERRA IN UCRAINA HA ROTTO IL CAZZO A TUTTI E INFATTI SONO PARTITE LE TRATTATIVE SOTTERRANEE PER RAGGIUNGERE UN CESSATE IL FUOCO ENTRO L’ESTATE – I SEGNALI: I VIAGGI IN CONTEMPORANEA DI BIDEN IN ISRAELE E ARABIA SAUDITA E PUTIN IN IRAN, E LA CONSEGNA DELLA TURBINA DEL NORD STREAM DAL CANADA ALLA GERMANIA (CON IL PERMESSO DI WASHINGTON) – PER METTERE LA PAROLA FINE AL CONFLITTO C’È UN UNICO INTERMEDIARIO POSSIBILE: LA CINA...
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A 4 mesi e mezzo dall’inizio della guerra in Ucraina, ormai è evidente che l’Europa sia la vittima inconsapevole del conflitto a distanza tra Stati Uniti e Russia. La tenaglia economica, energetica, inflazionistica, di approvvigionamenti, in cui è stretto ormai il mondo, sta spingendo tutte le cancellerie a invocare una rapida conclusione del conflitto.
L’ipotesi lanciata da Fubini nel suo articolo di oggi sul “Corriere della Sera”, ovvero della possibilità di nominare un inviato speciale dell’Onu, per agevolare il negoziato, appare debole. Ancora oggi l’unico intermediario possibile è la Cina.
Gli occidentali, che oggi frignano per le ripercussioni dolorose della guerra in Ucraina, sono vittima anche dei loro stessi errori. Per esempio, non è stato lungimirante permettere che la Nato restasse unicamente a trazione americana (lasciando di fatto a Washington il pallino del gioco), e anche aver trangugiato la propaganda arrivata dagli States. Su tutte, la convinzione che imporre dure sanzioni alla Russia avrebbe fermato Putin.
Gli 007 americani erano convinti, e hanno molto spinto questo loro teorema sui media, che gli oligarchi russi, davanti alle dure misure economiche imposte al loro paese, avrebbero costretto “Mad Vlad” o a concludere il conflitto, o a dimettersi. E invece, l’unico risultato è aver spinto i miliardari a spostare i loro patrimoni in Turchia, e noi a fare i conti con restrizioni, austerity e aumento dei costi.
Non si può ovviamente negare che le sanzioni abbiano fatto male a Mosca, creando una penuria di beni e mordendo i redditi della classe media. Senza contare le ripercussioni sugli approvvigionamenti militari: la Russia ha difficoltà a reperire munizioni, armamenti e tecnologia che le servirebbe per vincere.
Anche se i lanciarazzi americani Himars hanno riequilibrato le forze in campo, il Donbass è al 90% sotto il controllo russo, sancendo di fatto il conseguimento del principale obiettivo del Cremlino.
L’insieme di tutti questi fattori, e delle reciproche difficoltà, consolida la convinzione che la guerra vada conclusa il prima possibile. Un segnale in tal senso è la consegna del Canada alla Germania della turbina Siemens, usata da Putin come pretesto per bloccare il flusso del gasdotto Nord Stream. Il governo canadese si è mosso con l’ok di Washington: prova che una trattativa sottobanco per arrivare a un cessate il fuoco in estate sia in corso.
A conferma che i pezzi sulla scacchiera sono in movimento, c’è il non casuale, contemporaneo viaggio di Putin a Teheran (per ottenere droni e forniture militari) e Biden in Israele e Arabia Saudita (per convincere Riad ad aumentare la produzione di petrolio, così da abbassare i prezzi, in cambio di uno scudo anti-nucleare per difendersi da un’eventuale aggressione iraniana). Si tratta di incontri incrociati che servono a smuovere canali diplomatici, ad attivare trattative sotterranee, a sondare orientamenti e disponibilità.