DAGOSPIA LO SCRIVE DA MESI MA NEL PD SONO LENTI A CAPIRE E SOLO ORA S'ACCORGONO CHE DI MAIO FA IL DOPPIO GIOCO CONTRO CONTE - I DEM ACCUSANO LUIGINO DI AVER FINTO DI ESSERSI SPESO PER UN ACCORDO NELLE MARCHE, CHE E’ MOLTO A RISCHIO, SABOTANDO INVECE DIETRO LE QUINTE CON L’OBIETTIVO DI DARE UN COLPETTO A CONTE…
-Carlo Bertini per “la Stampa”
«Strano che nelle Marche la base dei 5 stelle vuole l'accordo, Conte vuole l'accordo, Di Maio pure, ma poi l'accordo non si fa...». Se dal ventre del Pd esce un commento così velenoso è perché c'è un personaggio sospettato di aver fatto il doppio gioco: Luigi Di Maio. Reo, a sentire i parlamentari Dem, di aver finto di spendersi a favore, sabotando invece dietro le quinte l'accordo nella regione più a rischio: per dare un colpo a Conte, il suo vero antagonista, che, se si perdessero le Regionali, ne uscirebbe assai indebolito.
«Conte lo ha capito e ieri ha fatto quella uscita sul Fatto», spiegano i Dem, infuriati per uno stop ad intese in Puglia e Marche. «Nel Pd si è aperto il congresso e Zingaretti vuole vincere nelle Marche per non essere azzoppato nella regione rossa», dicono i grillini. E questo dimostra come tutti sappiano quale sia la posta in gioco dopo le Regionali. Anche Goffredo Bettini, mentore di Zingaretti, quando avverte di fare «attenzione alla tenuta della maggioranza», avverte che ci sarà una resa dei conti.
"Niente invasioni di campo" Del resto, se da Palazzo Chigi tengono a chiarire che non vi sia stata «nessuna invasione di campo da parte del premier, ma solo una moral suasion» - e dunque nessuna campagna elettorale per i candidati Dem - è perché questa uscita di Conte ieri per caldeggiare accordi locali nelle realtà dove si voterà il 20 settembre, «da noi ha creato un putiferio», ammettono i 5 stelle. Basta sentir cosa dicono in camera caritatis: «Se lui spinge per due candidati Dem, allora gli altri sono morti».
Tanto più che il premier è pugliese e quindi la sua spinta propulsiva per un accordo, lì è risuonata ancora più forte. Ma dietro alle alzate di scudi riversate nei due no secchi da Puglia e Marche, si cela sconcerto per quella che in casa M5S è stata letta come un'uscita «fuori tempo massimo» a favore dei candidati Dem. «Tanto più che nessuno di noi era stato avvisato».
Fatto sta che l'intenzione dell'inquilino di Palazzo Chigi era semplicemente quella di esercitare una «moral suasion» perché «l'alleanza di governo a livello nazionale funziona e sta lavorando bene». E l'aver messo l'accento sull'uso del Recovery fund non è casuale, visto che saranno anche le regioni a beneficiare di una iniezione di risorse da spendere in sanità e molto altro ancora. Ma nessuna campagna per il "voto utile" da parte di Conte. La resa dei conti I Dem sono infuriati con Di Maio, visto che con la bocciatura di qualsiasi accordo da parte dei grillini sfuma ogni possibilità di vittoria nelle Marche. E per effetto di trascinamento, anche di vittoria alle Regionali.
«Ora possiamo solo strappare un 3-3», ragiona un membro del governo, «ma se pareggiamo le Regionali vincendo in Puglia, Campania e Toscana, dove gareggiamo da soli senza il loro appoggio, allora il 21 settembre saremo noi a chiedere un rimpasto». Sono le voci più appuntite, ma che rendono l'idea degli umori battaglieri dei Dem: pronti a un braccio di ferro «per riequilibrare i pesi nel governo», che potrebbe lasciare morti e feriti sul campo. «Nel rimpasto loro non toccheranno palla», avvertono. Pur sapendo che i loro pezzi da novanta - da Zingaretti e Franceschini - escludono che ci sarà un cambio di ministri col rischio di aprire una crisi di governo. Ma sono gli stessi grillini i primi a metterlo in conto: «Ormai il punto non è se, ma quando si farà».