DE PAOLA GHE N'E' VUNA, TUTTE LE ALTRE SON NESSUNA - CLIENTELE, MAZZETTE E L’AMICO DELLE COSCHE: LA RESISTIBILE ASCESA DI NOSTRA SIGNORA DELLE DENTIERE, PAOLA CANEGRATI: “NESSUNO MI HA REGALATO NIENTE, HO CAGATO DURO, MI FATE VENIRE ANCHE LE EMORROIDI..." - -
Piero Colaprico per “la Repubblica”
Con Maria Paola Canegrati irrompe sulla scena nazionale della corruzione un nuovo tipo di tangentista: «Come dico sempre io “de Paola ghe n’è vuna, tutte le altre son nessuna”».
Nella richiesta d’arresto del sostituto procuratore di Monza Manuela Massenz si legge che «il capo indiscusso dell’intero sistema è lei»: è il perno delle mazzette dentro la sanità pubblica lombarda per favorire negli appalti le sue imprese di dentisti a prezzi modici, e con protesi non sempre perfette.
Un capo però «al femminile». Come testimonia un dialogo che ha fatto molto riflettere gli inquirenti: «Hai un bellissimo ragazzo », dice «il capo» alla piangente direttrice amministrativa di un’azienda ospedaliera.
«Oh, Paola, tu non sai… Era felicissimo, “Mamma, finalmente qualcosa di positivo…”». È stato appena assunto dalla ditta del «capo», che spiega: «Venerdì viene, firma il contratto, e lunedì comincia. Per me, gli ho detto, non ci sono figli e figliastri. Tu fai il tuo mestiere...».
«Esatto, Paola. Riprendilo, sgridalo! Deve capire nel mondo del lavoro quanto si fa fatica...». Altra mamma funzionario Asl, altra assunzione facile: «Mi hai reso la donna più felice della terra, ti giuro... potessi ti... ti farei un monumento, giuro ».
«Tranquilla», è la risposta, in uno stile secco e pragmatico che ai più anziani potrà ricordare Franca Valeri nell’interpretazione della ricca lombarda nel film di Dino Risi «Il vedovo», con Alberto Sordi romano sfaticato. Se c’è da faticare, Paola è in effetti raggiante: «Benissimo, abbiam preso ‘na valangata di lavoro».
Le intercettazioni dimostrano che nulla la spaventa: «Problemi zero. Il tecnico ce l’ho io, se voi non avete il medico meglio, sono più contenta. Gli metto il mio, finita la festa». Il dettaglio? Curato in prima persona: «Mi vada a fare il sopralluogo a Bollate per l’installazione dell’ortopantomografo».
La parte fondamentale del suo lavoro, quella dell’appoggio politico sin dentro il cuore della neonata riforma sanitaria leghista, si svolge sottobanco: quando raggiunge sotto il palazzo della Regione il suo interlocutore, in un bar dal nome evocativo («Colonna d’oro»), la signora Paola esce e comincia a girare. Come farebbe una spia? Certo, lei però usa altre parole: «Micio micio bau bau».
Chiama «tesorino» un faccendiere, che la chiama «cucciola». Seduttiva con gli uomini, sorella con le donne, il «capo» marca la differenza con i politici. Loro prendono «utanta mila euro per non fare un cazzo». Viceversa, «nessuno mi ha regalato niente, ho cagato duro, mi fate venire anche le emorroidi».
Da dove arriva questo soggetto padanamente esplicito, oggi al centro di una galassia di società, con decine di ambulatori dentistici che hanno fatturato in dieci anni 400 milioni di euro e che lavorano con decine di ospedali lombardi, sbaragliando la concorrenza alle catene private dei dentisti a basso costo? Monza: il «capo» ci nasce 55 anni fa e nel 1985, a 24 anni, combina un piccolissimo guaio. Viene incaricata dal Comune di scrivere un libro su «Carnate».
Due mesi dopo la stampa, si scopre che ha copiato i capitoli da un mensile locale. Dopo la modesta truffa letteraria, s’impiega nel mondo meno glamour delle dentiere. Nel ’95 è alla «Wisil latoor», cinque anni dopo ne è titolare e cominciano a fioccare appalti su appalti.
Come mai? Ha un amico importante: Pietrogino Pezzano, tredici anni più anziano, numero uno della Asl brianzola, in ascesa. Roberto Formigoni, ex presidente pdl della Lombardia, lo vuole a capo dell’ancor più ricca Asl di Milano. Una scelta molto sbadata da parte del politico che non trova ancora le ricevute dei suoi viaggi sulla barca a vela del faccendiere della sanità Piero Daccò, già condannato in via definitiva?
Siamo nel 2010 e mentre Pezzano approda a Milano, arrivano anche alcune sue foto con pezzi grossi della ‘ndrangheta. La sua carriera pubblica viene sbarrata, ma la signora Canegrati l’accoglie nel settore privato: e versa uno stipendio cospicuo, ben 260mila euro (definizione contenuta in atti giudiziari) all’ex amante. E per fare esattamente che cosa? Domanda ancora priva di risposta.
L’idea delle «dentiere sociali » e del «sorriso sicuro» a prezzo basso era un’idea giusta, da «eccellenza in Lombardia», come diceva Formigoni. Declinata però nel solito modo: finché, come l’altro ieri, non arrivano i carabinieri del nucleo investigativo, qui vincono gli amici del potere. Come Daccò, Antonio Simone, Mario Mantovani: e come Paola Canegrati, nostra signora delle dentiere