DA DESTRA E SINISTRA, TUTTI VOGLIONO I PARTITI FUORI DALLA RAI. MA SOLO A PAROLE - NEL 2006 CROSETTO DICEVA: “LA RAI NON È E NON DEVE DIVENTARE PROPRIETÀ PRIVATA DI UN GOVERNO, SE NO È REGIME” – ARIDATECE IL MANUALE CENCELLI: CI SONO STATE STAGIONI NELLE QUALI I PARTITI HANNO AVUTO L'INTELLIGENZA DI INDICARE I MIGLIORI PROFESSIONISTI PER PER LE DIREZIONI DI RETE E PER QUELLE DEI TG – DA UMBERTO ECO A FURIO COLOMBO, DA BIAGI A GUGLIELMI: QUANDO LA SPARTIZIONE ERA "UN FATTO VIRTUOSO"
-1. RAI REPLAY
Mattia Feltri per “La Stampa”
In Rai serve un presidente indipendente da tutti i partiti (Massimo D'Alema, 2002); ci vuole una Rai più autonoma dai partiti (Piero Fassino, 2003); la Rai deve essere fuori dalle logiche di lottizzazione (Gianni Alemanno, 2006); la Rai non è e non deve diventare proprietà privata di un governo, se no è regime (Guido Crosetto, 2006);
la Rai deve essere la casa di tutti e non di chi ha vinto le elezioni, la politica faccia un passo indietro (Dario Franceschini, 2006); bisogna eliminare la lottizzazione in Rai (Clemente Mastella, 2007); bisogna andare nella direzione della fuoriuscita dei partiti dalla Rai (Walter Veltroni, 2008); cambiamo le regole, basta con la Rai occupata dai politici (Antonio Di Pietro, 2008);
(...)
evitiamo di mettere i partiti dentro la Rai (Matteo Renzi, 2015); per cambiare le cose in Rai bisogna cacciare i partiti (Luigi Di Maio, 2015); la politica resti fuori dalla Rai (Roberto Fico, 2018); per la Rai cerchiamo persone sganciate dalle logiche di partito (Matteo Salvini, 2018); questo è il momento giusto per riformare la Rai e sottrarla alle ingerenze della politica (Giuseppe Conte, 2021); abbiamo la sistematica occupazione della Rai (Giorgia Meloni, 2016). Che magnifica armonia!
2. QUANDO SI "LOTTIZZAVA" PORTANDO SULLA TV PUBBLICA ECO, GUGLIELMI E BIAGI
Estratto dell'articolo di Fabio Martini per “La Stampa”
Certo, da decenni la più grande emittente di emozioni nazional-popolari del Paese chiamata Rai alimenta gli appetiti della politica e tuttavia ci sono state stagioni nelle quali i partiti hanno avuto l'intelligenza di indicare alcuni tra i migliori professionisti su piazza. Per i ruoli da manager. Per le direzioni di Rete. Per quelle dei Tg.
Ma anche promuovendo giornalisti e personaggi dello spettacolo che sul campo avevano dimostrato le loro qualità.
(...)
Il 3 gennaio 1954, quando iniziarono le trasmissioni tv, la Rai era conservatrice e codina e tuttavia coltivava un'idea di grande azienda, tanto è vero che vi entrarono, attraverso il concorso, personalità antitetiche al clericalismo: personalità come Umberto Eco, Furio Colombo, Gianni Vattimo, Fabiano Fabiani.
Qualche anno dopo, era il 1961, il vecchio Pietro Nenni accostò Amintore Fanfani: «Avrei piacere che venisse in Rai Enzo Biagi…». Fanfani annui e per la prima volta si ruppe in Rai il "monocolore dc": quel Tg fu così innovativo e scapigliato che si arrivò a parlarne in Consiglio dei ministri. Durò poco, Biagi si dimise ma il dado era tratto. Sotto la direzione energica di Ettore Bernabei si susseguono gli esperimenti di grande tv, a cominciare da Tv 7 di Sergio Zavoli.
Ma la svolta che allarga ancora di più il campo matura nel 1975: viene approvata una riforma della Rai che fa passare il controllo dell'azienda dal governo al Parlamento, con l'istituzione della Commissione di vigilanza. Sembrava il viatico legislativo verso la più larga delle spartizioni e invece ebbe inizio un quindicennio di grande tv perché i principali partiti, Dc, Psi e Pci, è vero che lottizzarono, ma lo fecero, mandando i loro migliori professionisti.
Con programmi che hanno fatto epoca su tutte e tre le reti. Tocca anche al Pci giocare le sue carte e dal 1987 lo fa, contribuendo a produrre cultura nazional-popolare di alto livello. Col Tg3 guidato da Alessandro Curzi e con Rai3, dove un intellettuale «colto» anche di tv come Angelo Guglielmi incoraggiò la nascita di trasmissioni apripista come Samarcanda, Chi l'ha visto?, Telefono giallo di Corrado Augias. Ha spiegato anni dopo Enrico Menduni, allora nel Cda per il Pci: «Noi - e anche gli altri - allora sceglievamo i professionisti migliori perché tutti sapevano di dover agire in un ambiente competitivo. E la spartizione divenne, a suo modo, un fatto virtuoso».
Marco Follini, nella seconda metà degli anni Ottanta membro del Cda per la Dc, ricorda: «La lottizzazione era una scienza esatta ma la politica attraeva le energie migliori. La Piovra era una fiction anti-Dc o il massimo sforzo civico nel quale potevano riconoscersi gli elettori-spettatori dc più avvertiti?».
Negli anni della Seconda Repubblica e sino ai giorni nostri l'altalena tra lottizzazione "virtuosa" e "predatoria" ha seguito alti e bassi, ma da qualche giorno i rumors del toto-nomine sembrano indicare un paradosso: la difesa di alcune delle testate premiate dagli ascolti (Tg3 e Radio3 in primis) non sono opera della maggioranza ma del Pd, mentre il resto dell'azienda sembra prepararsi ad una lottizzazione con le parvenze dell'"occupazione". —