DIETROFRONT! PER I GRILLINI, LA FAMIGLIA I BENETTON NON E’ PIU’ IL DIAVOLO - E INFATTI, PER SALVARE ALITALIA, I CINQUESTELLE AVVIANO COLLOQUI ANCHE CON ATLANTIA - LA MINACCIA DI RITIRO DELLA CONCESSIONE E LE ACCUSE DOPO I 43 MORTI DEL PONTE DI GENOVA SONO UN RICORDO - ORA, UN PASSO ALLA VOLTA, CI SI AVVIA VERSO LA RIABILITAZIONE PUBBLICA DEL GRUPPO PERCHE’ LA PECUNIA NON OLET…
-Ettore Livini per “la Repubblica”
Contrordine cittadini. Atlantia e i Benetton non sono più il diavolo. Pecunia non olet. E per salvare Alitalia (e il vice-premier Luigi Di Maio, un po' incartato sul dossier) i 5stelle si turano il naso e avviano, un passo alla volta, la riabilitazione pubblica del gruppo di Ponzano Veneto, messo nel tritacarne dopo la tragedia del Ponte Morandi. «Alitalia? ci sono molti colloqui in corso e Atlantia è uno di questi» ha ammesso il ministro alle infrastrutture Danilo Toninelli nel giorno in cui il termine per la vendita è stato posticipato al 15 giugno.
La minaccia di ritiro della concessione e le accuse dopo i 43 morti del viadotto Polcevera («i vertici di Atlantia e Autostrade devono dimettersi» tuonava allora Toninelli) sono acqua passata. Oggi a tirar per la giacchetta quei vertici è lo stesso governo. Obiettivo: convincerli a entrare in Alitalia. In una partita di giro che- nessuno lo dirà mai e non sarà mai formalizzato in un contratto ufficiale - prevede con ogni probabilità una sorta di "amnistia" autostradale per il gruppo veneto, parcheggiando la pratica per il ritiro della concessione su un binario morto.
«Pensare che abbiamo cambiato atteggiamento sui Benetton non sta né in cielo né in terra - ha messo le mani avanti Toninelli - Alitalia e Ponte Morandi sono due dossier diversi ». La verità però - come ha candidamente ammesso - è che mischiando queste due partite «si è ricattabili e si fanno compromessi al ribasso». Di Maio del resto, ha poche alternative. Ha costretto Fs e Tesoro a investire centinaia di milioni di soldi pubblici in Alitalia, sta preparando una legge per il trasporto aereo destinata a frenare le low-cost.
Ma nessun privato - Delta a parte - si è fatto avanti. E per evitare la liquidazione della compagnia o la cessione a Lufthansa (che chiede 5mila esuberi) è costretto a giocare la carta di quei Benetton che meno di un anno accusava di provare a "rifarsi una verginità" candidandosi a ricostruire il nuovo ponte Morandi, promettendo che «non avrebbero toccato pietra».
Ora a rifargli la verginità rischia di essere lui. E per prevenire i mal di pancia in casa grillina, ha avviato nelle ultime settimane una sottile campagna di riabilitazione di Atlantia. La prima apertura è arrivata dalla senatrice 5stelle Giulia Lupo, assistente di volo e delegata sindacale di Alitalia, che di fronte alla discesa in campo di Toto ha alzato le barricate chiedendo al governo di andare avanti con «Fs, Atlantia, Delta e Mef».
A sdoganare Ponzano Veneto è arrivata poi la sindaca di Roma Virginia Raggi che ha decorato con una medaglia Giovanni Castellucci (ad di Atlantia, contestatissimo per i 3,7 milioni di bonus 2018 incassati malgrado Genova) celebrando la «capacità di fare sistema di Comune e Atlantia» nella gestione di Fiumicino. Una benedizione è arrivata dal neo presidente di nomina gialloverde dell' Enac Leonardo Zaccheo, felice per gli investimenti di Atlantia «che hanno fatto fare grandi passi in avanti» allo scalo romano.
Il disgelo è avviato. Ma i Benetton, per ora, si fanno desiderare.
Sapendo che il tempo - con Alitalia che continua a bruciare soldi e con la Lega favorevole al loro ingresso- gioca a loro favore. Hanno negato interesse per il dossier («finchè non vedo una richiesta formale non sono a bordo » , ha detto Di Maio), hanno presentato le loro controdeduzioni al Mit sulle contestazioni sul Ponte Morandi, ribadendo « la correttezza del proprio operato » . Dietro questa cortina di fumo, però, l' interesse per Alitalia c' è. L' ex compagnia di bandiera garantisce quasi il 40% del traffico di Fiumicino. Il dramma di Genova è già costato alle casse di Autostrade per l' Italia 513 milioni («devono pagare il quadruplo » , minacciava il premier Giuseppe Conte). Il ritiro della concessione aprirebbe un buco miliardario. E il do ut des con il governo, alla fine sarebbe di gran lunga il male minore.