Estratto dell’articolo di Francesco Verderami per il “Corriere della Sera”
comizio finale per le regionali in basilicata - centrodestra
La differenza che c’è tra centrodestra e centrosinistra è una foto, che in politica certifica l’esistenza di un’alleanza. Da una parte cambiano i leader, ma la foto è sempre quella. Dall’altra, invece, manca sempre qualcuno. Nel centrodestra i leader appaiono sul palco magari incerottati, con i segni evidenti dell’ultima rissa, però si mettono ogni volta in posa insieme.
È accaduto anche ieri in Basilicata, al termine dell’ennesima settimana trascorsa a litigare, con Forza Italia e Lega protagonisti di una contesa che vale il secondo posto tra i partiti della coalizione alle Europee. E se prima era stato Matteo Salvini a soffiare agli alleati un portatore di voti come Aldo Patriciello, ora è Antonio Tajani a ricambiare: ha ingaggiato l’ex capogruppo del Carroccio, Marco Reguzzoni, candidandolo come indipendente nelle liste di Forza Italia, «perché — gli ha spiegato il ministro degli Esteri — bisogna recuperare l’elettorato del Nord scontento che cerca ancora una rappresentanza».
ELLY SCHLEIN - GIUSEPPE CONTE - MEME BY USBERGO
Un altro dito nell’occhio dei leghisti, giusto nei territori che fino a ieri erano un loro dominio. Un’altra operazione come quella fatta con Flavio Tosi in Veneto, dove Luca Zaia — per reagire alla postura attendista degli azzurri sul federalismo — ha annunciato l’esclusione di Forza Italia dalla maggioranza regionale. In realtà gli azzurri erano esclusi fin dall’inizio, «perché — diceva tempo addietro Tajani — il governatore ci ha voluto tenere fuori dalla sua giunta, pensando di eliminarci. E ora è nervoso e ci chiede una mano sul terzo mandato. Se la scorda».
MATTEO SALVINI GIORGIA MELONI ANTONIO TAJANI MARCO MARSILIO
E così il leader di Forza Italia, se per un verso contrasta a livello nazionale la linea populista di Salvini, a livello locale cerca di sfruttare proprio quella linea per erodere i consensi dei governatori leghisti sul territorio: «Zaia e Massimiliano Fedriga — viene fatto notare — sono in grande sofferenza per la candidatura di Roberto Vannacci alle Europee. Ma chi è in maggiore difficoltà è Giancarlo Giorgetti».
Insomma nel centrodestra gli alleati saranno pure conflittuali tra loro, spesso politicamente efferati. Ma quando c’è da fare la foto sono tutti presenti davanti all’obiettivo. Invece nel centrosinistra, o come si chiama adesso, la posa se possibile la evitano. Giuseppe Conte, in piena campagna elettorale per le elezioni regionali in Sardegna, chiamò la sua candidata Alessandra Todde per avvisarla che avrebbe disertato il comizio conclusivo per non essere fotografato con Elly Schlein: «Perciò ti devi inventare qualcosa».
E lei s’inventò che voleva evitare la presenza dei leader nazionali sul palco. Poi vinse e se li ritrovò a fianco. Ma è stato un evento occasionale. Infatti non è passato nemmeno un mese da quel successo che infiammò i cuori di chi pensava all’inizio della remuntada , e i leader di Pd e M5S non si sono presentati a sostenere insieme quello che comunque è il loro candidato comune in Basilicata.
D’altronde non era il caso dopo i disastri pugliesi. Il punto è che il centrodestra finora è riuscito a preservare — tra mille contraddizioni — quella che è la vera eredità lasciata da Silvio Berlusconi: la coalizione. Mentre il centrosinistra — tolta la stagione dell’Ulivo e la forza federatrice di Romano Prodi — ha sempre faticato a costruire un’alleanza duratura. E da quando c’è il Pd non c’è stata più neppure una coalizione. [...]
matteo salvini giorgia meloni antonio tajani atreju
[...]Il problema del centrosinistra si rivela nell’assenza di una identità comune a livello nazionale e nella mancanza di un radicamento comune a livello territoriale. Pilastri che il centrodestra ha edificato trent’anni fa: perciò fanno sempre la foto insieme, anche se (quasi) quotidianamente e in modo talvolta brutale adottano il vecchio principio prodiano «competition is competition».