DIO LI FA, IL MES LI ACCOPPIA – SULLA MANCATA RATIFICA DEL FONDO SALVA STATI È RINATO L’ASSE POPULISTA CONTE-SALVINI, CHE MINACCIA SIA LA TENUTA DELLA MAGGIORANZA SIA LE VELLEITÀ DI COSTRUIRE UN “CAMPO LARGO” – STEFANO FOLLI: “È SOPRATTUTTO UNA MOSSA CONTRO ELLY SCHLEIN E QUEL CHE RESTA DEL RIFORMISMO. LO SCHIERAMENTO A FAVORE DEL MES È DESTINATO ALLA SCONFITTA SE IL FRONTE POPULISTA TRASVERSALE MANTIENE LA COMPATTEZZA RITROVATA. E SE GIORGIA MELONI NON FA LA DIFFERENZA IN QUANTO CEDE AL RICHIAMO DELLA FORESTA…”
-1. IL NO DI CONTE AGITA I DEM GUERINI: “VOTO DA IRRESPONSABILI”
Estratto dell’articolo di Lorenzo De Cicco per “la Repubblica”
Ci aveva provato Nicola Fratoianni, […] a suggerire una scappatoia ai soci dell’ex campo largo: «Usciamo fuori dall’aula, tutti insieme». Ma per quanto il segretario di Sinistra italiana fosse animato da buone intenzioni, […] la proposta è caduta mestamente nel vuoto. Troppo forte la volontà del grosso del Pd e del capo dei 5 Stelle, Giuseppe Conte, di mettere a verbale le proprie posizioni sul Mes. Anche se diametralmente opposte.
Dunque le minoranze hanno votato più divise perfino della destra. […] nel pallottoliere di Montecitorio va così: il Pd, con Azione, Iv e +Europa, dice sì alla ratifica. I 5 Stelle votano contro. Verdi e Sinistra si astengono. Schlein in Aula c’era, ma non è intervenuta. Ha affidato la pratica a uno degli esponenti europeisti più autorevoli, Enzo Amendola, molto vicino al commissario Paolo Gentiloni.
[…] Conte invece in Aula ha optato per lo show. Intervento in prima persona, decibel a mille, sottotitoli della Camera impazziti. Troppo ghiotta l’occasione di bersagliare di nuovo Meloni, dopo il caso del fax e del gran giurì. L’ex premier ha confermato il «voto contrario», gigioneggiando sulla «logica a pacchetto», che proponeva lui, come Meloni, ma su cui la premier ha fallito. Per quanto nell’aria, il no dei 5S rinfocola le tensioni a sinistra.
I riformisti del Pd non apprezzano: Lorenzo Guerini, via tweet, […] ha replicato così: «Questo voto accomuna gli irresponsabili ». Posizione condivisa da altri. Ma Schlein surfa sulle polemiche. Azzarda un paragone: come la destra governa, pur divisa su svariati temi, così può fare la sinistra. «Ci sono differenze in maggioranza e nessuno dubita che possano governare insieme. Perché queste differenze devono impedirci di costruire alleanze? ». […]
2. LA VITTORIA DEL PATTO POPULISTA
Estratto dell'articolo di Stefano Folli per “la Repubblica”
[…] dov’era Giorgia Meloni? A letto con l’influenza, d’accordo: a parte questo, come sta esercitando il suo ruolo di premier? La presidente del Consiglio che ha sviluppato ottimi rapporti con Ursula von der Leyen, che ha saputo farsi ascoltare sul Pnrr (grazie all’abilità negoziale del moderato Fitto) e sta tenendo aperto un contatto riservato con il Partito Popolare europeo nella sua componente destrorsa, è la stessa che ha rifiutato il Mes e subito dopo ha chiesto altre modifiche al trattato per renderlo accettabile?
Siamo oltre l’ambiguità a cui ci eravamo in un certo senso abituati. Ora siamo nei labirinti descritti da Pirandello. “Così è, se vi pare” oppure “Uno, nessuno, centomila”: il lettore può scegliere quale definizione rispecchia meglio la politica europea del governo italiano.
È probabile che non si debba andare troppo lontano per trovare la verità: una pressione della Lega, qualcuno dirà un ricatto con minaccia di spaccare la maggioranza da destra. Il cedimento della Meloni che ha scelto quel che le è sembrato il male minore: un voto sotto Natale quando la gente è distratta, e poi quanti capiscono cos’è il Mes e come funziona?
Risultato, siamo l’unico paese europeo che non ha ratificato il trattato e cerca un “tempo supplementare” dopo le elezioni europee […]. […] La realtà dei fatti ci dice che la leader di FdI ha perso un’occasione storica per essere all’altezza dell’immagine da lei coltivata quando si parla d’Europa: una donna che parla con tutti, anche con Orbán e i suoi amici (a proposito, l’Ungheria ha da tempo approvato il trattato), ma che nella sostanza vuole costruire un centrodestra bene accetto dall’ “establishment” dell’Unione.
Un “partito della nazione”, ha scritto qualche osservatore. Oggi si può dire che la premier è lontana da quel traguardo. Anzi, la mancanza di una griglia di principi saldi si traduce nella vittoria dell’asse populista Salvini-Conte ed è questo il pericolo più grave che incombe su Palazzo Chigi.
Se si pensa di esorcizzarlo attraverso i cedimenti, ci si accorgerà che questa è invece la via migliore per nutrirlo e renderlo più aggressivo. È bene sapere, del resto, che l’asse populista costituisce anche una minaccia letale incombente sulla sinistra. Il trasformista Conte, ritrovando l’antico sodale leghista, mostra al Pd quale sia il futuro che li attende.
Vale poco rallegrarsi delle convulsioni del destra-centro se non si vede che lo strappo dei 5S è soprattutto una mossa contro Elly Schlein e quel che resta del riformismo. A favore del Mes si sono schierati il Pd, +Europa e i centristi da Calenda e Renzi, oltre a quel che resta di Forza Italia. È uno schieramento destinato alla sconfitta se il fronte populista trasversale mantiene la compattezza ritrovata. E se Giorgia Meloni non fa la differenza in quanto cede al richiamo della foresta.