DONALD, ATTENTO ALLE PAROLE DI TUA FIGLIA - IVANKA TRUMP STA TRATTANDO PER DEPORRE AL CONGRESSO SULL'ASSALTO A CAPITOL HILL: MESSAGGI E DEPOSIZIONI PROVEREBBERO COME IVANKA ABBIA CERCATO DI CONVINCERE IL PADRE A FERMARE I VANDALI - LE SUE DICHIARAZIONI POTREBBERO AIUTARE A STABILIRE SE L'EX PRESIDENTE ABBIA AVUTO UN RUOLO NEI PREPARATIVI DELLA SOMMOSSA O SE ABBIA FATTO DAVVERO IL POSSIBILE PER BLOCCARLA - ANCHE RUDY GIULIANI AVREBBE RAGGIUNTO UN ACCORDO COI PARLAMENTARI...
-Giuseppe Sarcina per il "Corriere della Sera"
Ivanka Trump sta trattando per collaborare con la Commissione della Camera che sta indagando sull'assalto del 6 gennaio. L'indiscrezione, riferita ieri dalla «Cnn», potrebbe segnare un passaggio importante nell'inchiesta.
Non è ancora chiaro fin dove sia disponibile a spingersi la figlia dell'ex presidente: una testimonianza a porte chiuse? Oppure in una sessione pubblica che diventerebbe di per sé un evento?
La Commissione insediata dalla Speaker Nancy Pelosi ha raccolto messaggi e altre deposizioni che proverebbero come, nel pomeriggio del 6 gennaio, Ivanka abbia cercato di convincere il padre a fermare i vandali.
Le dichiarazioni di Ivanka potrebbero risultare molto utili per stabilire se l'ex presidente abbia avuto un ruolo nei preparativi della sommossa o se, comunque, non abbia fatto il possibile per bloccarla.
Da quando è uscita dalla Casa Bianca, l'ex consigliere del presidente non è più intervenuta nel dibattito politico. Ma non c'è solo Ivanka. Secondo il quotidiano britannico The Guardian, Rudy Giuliani avrebbe già raggiunto un accordo con i parlamentari, più o meno in questi termini: rispondo a tutte le domande, tranne quelle che chiamano in causa il mio rapporto con Donald Trump.
Giuliani, 77 anni, è stato l'avvocato personale e, soprattutto, l'artefice delle manovre giudiziarie per rovesciare il risultato delle presidenziali 2020. Ha perso tutti i ricorsi. E il 6 gennaio era sul palco montato davanti al Monumento a Washington.
Da lì spronò migliaia di supporter a dare prova di fedeltà «attraverso il combattimento». Giuliani guidò il team che si riunì ai primi di gennaio nelle sale del Willard Hotel di Washington.
Parteciparono alle riunioni, tra gli altri, l'ex capo della polizia di New York, Bernard Keril, e il giurista John Eastman. Ogni tanto si faceva vedere anche l'ex stratega della campagna elettorale del 2016, Steve Bannon.
Il 4 gennaio, si legge nelle carte della Commissione, questo gruppetto presentò «diverse opzioni» a Trump e al suo vice Mike Pence per impedire la certificazione del voto, in programma due giorni dopo al Congresso.
Giuliani, inoltre, potrebbe fare luce sul tempestoso rapporto tra The Donald e Pence. L'ex presidente era furioso perché non riusciva a convincere il suo numero due a trovare un espediente per annullare la validazione formale delle schede inviate dai 50 Stati alla Camera e al Senato.
Il 7 febbraio scorso, Pence, è intervenuto pubblicamente per la prima volta sul punto, ammettendo le pressioni subite da Trump e aggiungendo: «L'idea di sovvertire le elezioni è la cosa più anti americana che esista».