DOPO AVERGLI INVIATO UN "PIZZINO" INVITANDOLO AD ABBASSARE LA CRESTA ("SE NON AVESSI PIU IL CONSENSO, NON STO QUA A SOPRAVVIVERE"), LA MELONI INFILZA IL "CAGACAZZI" NUMERO 1 DEL GOVERNO MATTEO SALVINI SULLE “ELEZIONI FARSA” IN RUSSIA E SU NAVALNY. PER TUTTA RISPOSTA IL CAPITONE DISERTA PALAZZO MADAMA PER LE COMUNICAZIONI IN VISTA DEL CONSIGLIO EUROPEO. FONTI LEGHISTE: “ERA AL MINISTERO A LAVORARE” – LA DUCETTA E’ FURIBONDA: “NO A TENTENNAMENTI SULL’UCRAINA” – PANDEMONIO PER LE PAROLE DEL SENATORE DI FDI ROBERTO MENIA SUL "FEMMINEO" MACRON. I SONDAGGI CHE DANNO I “FRATELLI DI COLLE OPPIO” IN CALO E L’ULTIMATUM DEGLI EUROPOTERI SUL MES: DAGOREPORT
DAGOREPORT
«La pace non si fa ipotizzando interventi militari per i pruriti muscolari di uno che di solito, invero, si dimostra piuttosto femmineo, e capite di chi parlo». (Roberto Menia, senatore della Repubblica, Fratelli d’Italia)
— Marco Fattorini (@MarcoFattorini) March 19, 2024
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Tommaso Ciriaco per “la Repubblica” - Estratti
L’unica cosa davvero chiara è un’assenza: nell’Aula del Senato non c’è traccia di Matteo Salvini. Assente ingiustificato, anche se Giorgia Meloni spende cinque ore a Palazzo Madama per un giorno di dibattito in vista del Consiglio europeo di domani a Bruxelles. Le telecamere scrutano tra i banchi dell’esecutivo, invano: non c’è. Con gesto caritatevole, Roberto Calderoli copre il vuoto della poltrona sedendo al posto del suo segretario.
«Avrà avuto altri impegni», comunica con una punta di veleno il capogruppo padano Massimiliano Romeo. Dallo staff del ministro fanno di peggio: è impegnato in alcuni incontri nel suo studio. La premier è visibilmente infastidita, perché il leader del Carroccio, che lunedì elogiava le elezioni russe, viene evocato in decine di interventi dell’opposizione durante il dibattito: «A quale dei suoi vice dobbiamo dare retta sulla Russia, a Salvini o ad Antonio Tajani?».
La premier non vuole ufficializzare lo scontro, dunque glissa, seda, sopisce.
È un quadro imbarazzante. Dicono fonti di governo che i due leader si sarebbero sentiti al mattino, per discutere del codice della strada. Qualcuno parla di un incontro segreto, ma manca la conferma. Fatto sta che Salvini non si mostra al Senato.
Non sarebbe neanche lo scenario peggiore: la sua presenza avrebbe infiammato l’Aula rendendo impossibile dribblare il problema. Di Ucraina, d’altra parte, si finisce comunque per discutere. E di Salvini, che Meloni mai nomina: «La maggioranza è coesa – è il massimo che riesce a dire, replicando al dem Filippo Sensi – non c’è nulla oltre la linea politica che un governo vota in Aula e rappresenta all’estero senza tentennamenti. Piuttosto, qualche tentennamento c’è nel Pd». «Ci dice formalmente cosa pensa delle parole del suo vice?», insiste Francesco Boccia.
Eppure, con la Lega un problema esiste. Diventa ancora più chiaro quando la premier prende le distanze da Emmanuel Macron, che aveva ipotizzato l’impiego di militari europei sul suolo ucraino. «Approfitto per ribadire che la nostra posizione non è favorevole in alcun modo», anche perché «foriera di una escalation pericolosa da evitare ad ogni costo ». La Lega sceglie l’unico punto su cui la leader si mostra meno radicale dei francesi sul sostegno a Kiev per incunearsi: «Le parole della presidente sull’Ucraina, con particolare riferimento al rischio escalation, confermano la linea responsabile e di buonsenso del governo, così come auspicato da sempre dalla Lega ».
Di fatto, ribalta quanto sostenuto da Meloni: è lei, giurano fonti vicine a Salvini, a sposare l’approccio leghista. E si va avanti così, con una distanza siderale, ma che Meloni continua a non certificare.
Eppure, basta ascoltare il resto dei ragionamenti della premier per rendersene conto. Condanna le «elezioni farsa» nei territori ucraini occupati, così come le «vicende che hanno portato alla morte in carcere di Navalny, il cui sacrificio in nome della libertà non sarà dimenticato».
A chiudere la giornata parlamentare, però, è l’incredibile sortita del senatore di FdI Roberto Menia, che arriva a sostenere: «La pace non si fa ipotizzando interventi militari per i pruriti muscolari di uno che si presenta piuttosto femmineo. E capite di chi parlo». «Definire Macron femmineo è una mancanza di cultura», replica sdegnato Matteo Renzi.
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