DOPO LA BATOSTA ELETTORALE, ARRIVA UN “EXTREME MAKEOVER” PER SALVINI: MENO FELPE E PIÙ GIACCHE, BASTA ROMPERE LE PALLE SOLO CON L’IMMIGRAZIONE, PIU’ TRASMISSIONI ISTITUZIONALI E MENO TONI DA MERCATO DEL PESCE - ANCHE I GRILLINI HANNO DEPOSTO I VAFFA


Matteo Pandini per “Libero Quotidiano”

 

SALVINI

Cambiamenti rapidi e radicali. Matteo Salvini rinuncerà a qualche felpa per mettersi le giacche, prediligerà le trasmissioni tv «istituzionali» a quelle che vivono di rissa e polemiche, nei talk show manderà altri colonnelli per differenziare il messaggio politico. L'obiettivo è: basta discutere solo di immigrazione. Sono i primi effetti del voto amministrativo. La Lega è agitata da polemiche interne.

 

E viene tirata per la giacca da alleati veri o presunti. Renato Brunetta invoca un confronto «sul programma» perché «col lepenismo non si vince», Stefano Parisi insiste sul «modello Milano», Gianfranco Rotondi scommette sul «centrodestra unito», Giovanni Toti osserva che i lumbard non hanno stracciato Fi.

 

DI MAIO SALVINI

Insomma, appelli all' unità. Ma Salvini la pensa diversamente. Alcuni fedelissimi gli hanno rimarcato la svolta dei grillini, veri vincitori delle amministrative. L' urlatore Grillo ha fatto «un passo di lato». Rispetto ai sondaggi della scorsa primavera, i Cinque Stelle hanno recuperato consenso. Luigi Di Maio, sempre in giacca e cravatta, studia da premier. E quando servono i toni duri, ecco il descamisado Alessandro Di Battista. I grillini evitano come la peste i talk show troppo urlati. Preferiscono interviste singole o dibattiti «istituzionali». E i risultati gli hanno dato ragione.

 

SALVINI E LA PISTOLA AD ACQUA

Il Carroccio, invece, non cresce più. Se i sondaggi nazionali sono corretti, ha più o meno i voti della vecchia An quando i finiani erano in forma. In più, deve risolvere alcune ambiguità a partire dalle alleanze. Perché - si sussurra nei corridoi di via Bellerio - non ha senso rifarsi l' immagine, se poi si continua a correre con Berlusconi.

 

Ecco perché nel Carroccio si stanno moltiplicando i tifosi del cosiddetto «polo identitario», cioè l' asse con Giorgia Meloni e altri protagonisti, pescati anche tra gli ex azzurri. Basta che abbiano alcuni requisiti, come quelli che vanta Raffaele Fitto. Che non a caso è stato invitato ufficialmente alla Leopolda lumbard di sabato a Parma. Agli occhi dei salviniani, l' ex governatore pugliese ha due medaglie. Da tempo ha lasciato gli azzurri. E in Europa ha detto addio al Ppe della Merkel.

 

DRAGONE E SALVINI

Ma nella Lega non tutti la pensano allo stesso modo. Al di là delle tensioni che hanno l' epicentro a Varese, passata al Pd dopo più di vent' anni di guida leghista, i dirigenti sono parecchio agitati. Oltre alle alleanze, tiene banco il dibattito sulla linea politica. Se Paolo Grimoldi, leader del partito in Lombardia, ha auspicato un ritorno del Carroccio «sindacato del territorio», ieri Umberto Bossi ha attaccato ancora più frontalmente Salvini: «La sconfitta è colpa sua».

 

BERLUSCONI MELONI SALVINI

In Lombardia c' è maretta, però in Veneto il partito è compatto su Salvini. Pochi mesi fa il 2,5% ottenuto a Roma «era la percentuiale che avevamo in Padania» tuona il segretario della Liga Veneta, Gianantonio Da Re. «Noi stiamo con Matteo e lo ringraziamo». E manda in secondo piano i malumori della base pura e dura. Quella che non ha digerito la frase con cui Salvini, sul Corriere di ieri, ha stroncato i nostalgici della Padania: «Qualcuno temo sia fermo al passato».

 

Poi c' è il capitolo-Maroni. Il governatore è un accanito sostenitore del modello Lombardia. Cioè di una coalizione allargata anche ad Angelino Alfano. Ipotesi che Salvini rifiuta, mentre sta scaldando a bordo campo gente come Giancarlo Giorgetti o Luca Zaia. Obiettivo: mandarli in tv per parlare anche di economia e federalismo.

 

PARISI SALVINI 3

Perché «per puntare Palazzo Chigi l' immigrazione dev' essere un tema, non il tema» osserva un fedelissimo salviniano. Anche per questo, alla Leopolda lumbard di sabato, sfileranno esperti che poco o nulla hanno a che fare col mondo leghista. Parola d' ordine: conquistare credibilità. Ecco l' ex presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi e il costituzionalista Luciano Barra Caracciolo. Poi Gianandrea Gaiani, Stefano Cordero di Montezemolo, il professore Vincenzo Pepe. Il feeling con CasaPound è ormai archiviato. Ora tocca a quello con Forza Italia?