DOPO LA SCONFITTA ELETTORALE, SALVINI BECCA I CEFFONI DI GIORGIA MELONI E GIORGETTI - LA “DUCETTA”: “LA POLARIZZAZIONE SUL SINGOLO OFFRE MOLTI ALIBI AGLI AVVERSARI. LA SUA CITOFONATA NON L'AVREI FATTA” - GIORGETTI: “CI È MANCATO IL VOTO DELLE CITTÀ. DA QUANDO L'ATTRAZIONE BERLUSCONIANA SUI CETI BORGHESI È VENUTA A MANCARE, NON SIAMO RIUSCITI A COLMARE IL VUOTO. SERVIRÀ UNO SFORZO DI VISIONE PER PARLARE CON QUEGLI ELETTORI…”
1 - GIORGIA MELONI: "ORA SALVINI FACCIA GIOCO DI SQUADRA LA SUA CITOFONATA NON L'AVREI FATTA"
Alessandro di Matteo per “la Stampa”
Giorgia Meloni, ormai tutti si aspettavano lo sfondamento del centrodestra in Emilia Romagna. Cosa è successo?
«Sapevamo che l'Emilia Romagna era una sfida complessa. Il dato politico è che il centrodestra è diventato competitivo in una regione nella quale fino a due anni fa nessuno pensava che potesse stare in partita. Ora sembra quasi che gli sconfitti siamo noi, ma il dato va letto in maniera diversa: il vero sconfitto è M5s, il principale partito di governo che è scomparso. Poi, non mi nascondo dietro un dito: in Emilia Romagna abbiamo combattuto per vincere, e i dati dicono che eravamo in partita. Ma non posso recriminare niente. Nello specifico di Fdi, più che raddoppiare i voti delle ultime europee che dovevo fare?».
Lei vuole evitare polemiche. Ma in Emilia Fdi ha quasi raddoppiato i voti rispetto alle europee, Salvini invece ne ha persi 69 mila e altri 70mila in Calabria. Qualcosa vorrà dire, o no?
«E' tutto il giorno che mi vengono fatte domande su questo. Capisco che l'eventuale divisione interna del centrodestra sia giornalisticamente interessante. Ma è importante fare squadra quando si perde, quando si vince è facile. Abbiamo combattuto questa battaglia come una squadra, sarebbe ingeneroso che adesso ci mettessimo a recriminare. Non si può dire che in Emilia Romagna la Lega vada male. Sì, ha perso qualcosa, ma Salvini ha fatto una campagna senza risparmiarsi».
Ecco, forse si è speso fin troppo. Secondo Irene Pivetti la leadership solitaria è un errore.
«Se c'è una lezione che possiamo trarre è che sicuramente può essere utile un maggiore gioco di squadra. Siamo una realtà eterogenea, è bene farlo vedere. La polarizzazione sul singolo offre molti alibi agli avversari. Sicuramente per il futuro auspico maggiore gioco di squadra. Ma ognuno fa la campagna elettorale con il suo "stile", il nostro risultato è ottimo alla fine. Ho sentito Conte dire che "inizia il declino": mi viene da ridere! Fa il presidente del Consiglio di un governo nel quale la forza di maggioranza relativa - M5s - non esiste più nelle urne. Noi abbiamo tenuto tutti col fiato sospeso fino alle 4 del mattino.
La sinistra festeggia ma dalle politiche in poi si è votato in 9 regioni e ne hanno perse 8.
Poi tutto si può fare meglio, ma non penso che dobbiamo recriminare».
Nemmeno sulla famosa citofonata?
«Ho detto che non l'avrei fatta quella cosa, perché devi sempre porti il problema del rischio di emulazione. Ma non so dire se quella scelta abbia tolto consenso. Salvini ha sicuramente polarizzato moltissimo, e anche questo non sappiamo se può aver aggiunto o tolto. Ma nelle campagne elettorali è sempre così, ognuno fa delle scelte... Io sono contenta di come abbiamo fatto la campagna elettorale noi, che abbiamo scelto di stare molto sui temi. Sapendo che questo avrebbe fatto parlare meno di noi, ma che il territorio avrebbe apprezzato la nostra concretezza».
In primavera si vota in altre sei regioni. Fdi chiederà più visibilità per queste sfide?
«Abbiamo degli accordi ed è tutto pronto per presentare un progetto credibile e competitivo. In Puglia abbiamo indicato Fitto, nelle Marche Acquaroli, e come sempre sosterremo i candidati presidenti che ci verranno proposti per le altre regioni».
Il governo dura o no?
«La valutazione sta al presidente della Repubblica. Io dico che c'è un margine per interrogarsi se questo parlamento sia ancora rappresentativo del popolo italiano o se non sarebbe più rispettoso scioglierlo per andare a nuove elezioni. Detto ciò è vero che il tracollo del M5s fa sì che i loro parlamentari vedano elezioni come fumo negli occhi.
Ma hanno anche bisogno di immaginare un futuro. Non escludo che si producano due, tre, quattro gruppi parlamentari che devono dimostrare che servono a qualcosa, distinguersi dagli altri. Questo produce un logoramento quotidiano che può fare implodere il governo anche a prescindere dalla volontà dei singoli. Sono ottimista che si possa comunque votare in questo 2020, non ho perso le speranze e sono più motivata di prima».
2 - GIANCARLO GIORGETTI: "MATTEO È STATO EROICO MA ADESSO DOBBIAMO FARE BRECCIA NELLE CITTÀ"
Ugo Magri per “la Stampa”
Vuol sapere se speravamo di vincere in Emilia Romagna?
“Sì, perché sono proprio le speranze ad alimentare le imprese. Poi ovviamente», osserva Giancarlo Giorgetti, numero due della Lega, «sapevamo benissimo che al momento del voto gli elettori grillini avrebbero subìto il richiamo della foresta e avrebbero fatto vincere il candidato Pd, come difatti è avvenuto».
Tutta qui l'autocritica?
«Ci è mancato il voto delle città. La destra raccoglie molto più nelle campagne che nei centri urbani. Da quando l'attrazione berlusconiana sui ceti borghesi è venuta a mancare, non siamo riusciti a colmare il vuoto. Servirà uno sforzo di visione per parlare con più efficacia a quegli elettori».
Fatto sta che per la prima volta Salvini deve vestire i panni dello sconfitto.
«L'unica sua colpa è di non accontentarsi. Qualcun altro, meno dotato di coerenza e coraggio, sarebbe stato felice di riprendersi i voti delle Europee, già un successo incredibile. Matteo invece ha fatto la scommessa di collocare l'asticella altissima, mettendo in palio il governo nazionale. Non è riuscito a superarla, però il tentativo rientra nel suo modo schietto, onesto e lineare di far politica».
Pensa che abbia esagerato?
«Al contrario: Salvini è stato eroico. Lui e tutta la Lega. Siamo scesi nella fossa dei leoni a lottare a mani nude contro i poteri economici, mediatici, perfino ecclesiastici. Prendiamo atto del risultato e andiamo avanti. Ma i veri sconfitti vanno cercati altrove».
Dove?
«Nei Cinque stelle, purtroppo, perché scompare l'elemento di novità che avevamo condiviso. Dopo queste elezioni non sono più un movimento politico e non diventeranno un vero partito. Saranno al massimo un gruppo parlamentare. Quello che avrebbe potuto fare la Corte costituzionale, cioè permettere che la gente si esprimesse sul sistema maggioritario, lo hanno fatto gli elettori rilanciando il bipolarismo destra-sinistra e spazzando via l' anomalia grillina».
Le elezioni politiche sono più lontane o più vicine?
«Si allontanano. Fino al referendum sul taglio dei parlamentari penso che non torneremo alle urne. A questo proposito, girano argomenti contraddittori».
Di che tipo?
«Sento, ad esempio, che non si potrebbero sciogliere le Camere prima del referendum confermativo perché in quel caso verrebbe eletto un Parlamento di 945 membri invece di 600, e ciò costringerebbe subito dopo a rifare le elezioni. Ma allora, seguendo la stessa logica, pure il Parlamento in carica ha 945 membri, anch' esso verrebbe delegittimato dal referendum e dovrebbe andarsene immediatamente a casa. Secondo noi della Lega sarebbe giusto così. Però, ripeto, non credo che ciò avverrà».
Cosa glielo fa pensare?
«Figuriamoci se i grillini, rimasti senza elettori, rischieranno le poltrone per mettersi di traverso al Pd. Erano partiti come anti-Casta, in futuro si accontenteranno di restare sulla sedia anche a costo di perdere qualunque potere di indirizzo politico».
Un destino subalterno?
«Sì, a meno che un Di Battista non provi a rivitalizzarli in chiave autonoma; però sinceramente ci credo poco. Del resto, Conte aveva capito l' antifona subito dopo le elezioni europee e si era rifugiato sotto l'ombrello protettivo di Zingaretti. Così, senza nemmeno muovere un dito, il segretario Pd si è preso la guida del governo».
Quindi il vero vincitore è Nicola Zingaretti? Qualcuno invece sostiene che è tutto merito delle Sardine
«Non scherziamo. La sinistra è riuscita a mantenere il controllo dell' Emilia Romagna perché la vecchia macchina del partito si è ricompattata e ha funzionato a pieno regime. Ma è uno schema che non può essere riproposto in altre zone d'Italia, dove quella struttura organizzativa appartiene al passato. In caso di elezioni politiche, le regioni "rosse" non basteranno».
Una vittoria di Pirro, allora?
Noi ci auguriamo che i "Dem" dormano sugli allori e, paghi di aver tenuto l' Emilia Romagna, si illudano di avere ritrovato la formula del successo. Se non cambiano rotta, tanto meglio per noi. Così faremo meno fatica non appena torneremo davvero a votare».