DOVE C’È UN COMPLOTTO, SBUCA FRANCESCHINI - IL BUON SU-DARIO RESTA SEMPRE A GALLA, ABITUATO COM’È A FAR LE SCARPE AI SUOI MENTORI E ALLEATI: L’HA FATTO CON DE MITA, D’ALEMA, BERSANI, LETTA E ORA, SPIMTO DALLA MOGLIE MICHELA, AFFILA IL COLTELLO PER PRENDERE IL POSTO DI RENZI A PALAZZO CHIGI


Marco Gorra per “Libero Quotidiano”

 

dario franceschini al colosseo

La notizia è che non c' è notizia. Perché se è vero che un cane che morde un uomo non è degno di nota, allora allo stesso modo bisognerà stabilire una volta per tutte che non lo è nemmeno Dario Franceschini che congiura nell' ombra.

 

Perché se a questo mondo esiste una costante, un evento che si ripresenta con puntualità da cometa, una grande certezza più forte del trascorrere delle ere, ebbene questa è che, prima o dopo, Dario Franceschini ti pianterà un coltello tra le costole.

 

FRANCESCHINI DI BIASE

Come in tutte le storie di successo, i segnali arrivano già dalla più tenera età. I primi ad accorgersi che il pargolo ha talento sono infatti i genitori. Soprattutto il padre Francesco, che vede il figlio partire come la propria continuazione salvo trasformarsi in nemesi in corso d' opera. Avvocato e membro della Dc ferrarese il padre, avvocato e membro della Dc ferrarese il figlio. Con una non trascurabile differenza.

 

Laddove il padre - partigiano bianco anticomunista come sapeva esserlo solo chi li vedeva da vicino tutti i giorni - decide di legare la vita politica alla destra di Scelba e quella professionale al compromesso zero con l' imperante sistema di potere emiliano targato Pci, il figlio segue la strada opposta.

massimiliano carpentieri dario franceschini ninetto davoli

 

Figlio della temperie culturale per cui l'importante è avere qualcuno da scavalcare a sinistra, vi si uniforma con impressionante naturalezza: democristiano sì, ma della corrente dei barbudos di area Zaccagnini tutti sessantottismo di ritorno e via cristiana al socialismo; avvocato sì, ma senza fare preclusioni - anzi - alla provenienza politica della clientela.

 

Da cui le differenze di riuscita tra i due, col padre che dovrà accontentarsi di una sola legislatura alla Camera (i posti per la destra sono quelli che sono) e patire una certa emarginazione sul piano professionale e sociale ad opera della nomenclatura rossa che a Ferrara fa il bello e il cattivo tempo. Tutt' altra parabola per il rampollo.

di girolami e franceschini

 

Vuole infatti il caso che, quando il giovane Dario decide di diventare zaccagniniano, l'onesto Benigno sia appena diventato il capo della Dc. Complice la temperie culturale di cui sopra, il partito aveva deciso di dare il segnale di rinnovamento e di apertura a sinistra portandolo alla segreteria. Stagione tanto intensa quanto breve (cinque anni appena prima del congresso che rimette in sella i dorotei) ma che getterà il seme affinché di lì a poco germogli la leadership di Ciriaco De Mita.

 

Sotto l'ala del quale il nostro è lestissimo a sistemarsi ricevendo in cambio la nomina nel consiglio sindacale dell'Eni. Franceschini troverà anni dopo il modo di dimostrare gratitudine al già mentore, non battendo ciglio quando Walter Veltroni lo defenestrerà dal Pd ormai ottuagenario per candidare al suo posto Pina Picierno.

 

FRANCESCHINI

Il momento più difficile arriva con la diaspora dei dc. È qui che, per la prima e unica volta in vita propria, Franceschini affronta l'impensabile: essere in minoranza. Per capire la portata della cosa, giova ricordare che la fama di galleggiatore del nostro era già leggendaria: «Maggioranza», recitava l' adagio destinato a sopravvivere al partito che l'aveva creato, «è lì dove sta Franceschini». E invece niente: Buttiglione non sente ragioni. Franceschini, che sulla convergenza con gli amati ex comunisti aveva scommesso tutto (memorabile l' esortazione: «Abbiamo sempre detto che la Dc è un partito di centro che guarda a sinistra. Ora andiamoci») capisce che non è aria e si ritira.

 

dario franceschini

Fonda un partitello, diventa assessore comunale a Ferrara ed aspetta tempi migliori. I quali non tardano. L'alleanza tra Ppi e Pds si perfeziona a breve, e Franceschini è pronto al ritorno. Provvede il nuovo capo Franco Marini, di cui Dario è ovviamente diventato il più inossidabile dei fedelissimi: pronti, via e arriva il posto da vicesegretario del partito. Non unico, però: ad affiancarlo compare l'altro enfant prodige del crepuscolo democristiano, Enrico Letta. I due sono tra l'altro amicissimi e gli osservatori sono unanimi nel prevedere radiosi sviluppi per i loro rapporti politici ed umani.

 

DARIO FRANCESCHINI E MICHELA DE BIASE

Il prodismo, però, ha i giorni contati. E allora bisogna muoversi per tempo: gettate alle ortiche le benemerenze da ulivista antemarcia, Franceschini si sposta armi e bagagli nella sfera di influenza di Massimo D'Alema, che casualmente si appresta a fare le scarpe al Prof e a prendersi Palazzo Chigi. Risultato, esordio governativo per il nostro, che diventa sottosegretario alla presidenza del Consiglio.

 

L'ingresso nell' esecutivo segna il salto di qualità per Franceschini, che diventa figura di primo piano ed inizia quella trafila metà incarichi di partito e metà ospitate nei talk show che di tante carriere politiche della seconda repubblica è stata levatrice. Quando il nostro si rivela anche romanziere (ad oggi si contano quattro fatiche letterarie), il cerchio è chiuso.

DARIO FRANCESCHINI

 

Un paio di legislature costituenti (nel senso di costituenti il personaggio suo) e poi arriva il grande momento. 2007, c' è da mettere in piedi il Partito democratico e, soprattutto, c' è da dotarlo di un vicesegretario di estrazione cattolica che controbilanci il pedigree postcomunista del leader Walter Veltroni. E chi potrà mai essere il più adamantino degli ex Dc veltroniani? Ma Franceschini, ovviamente. Il quale incassa la nomina e procede a diventare il più inflessibile guardiano del veltronismo applicato.

 

Tutto questo finché Veltroni non perde le amministrative e si dimette, lasciando il posto di leader proprio a Franceschini. Otto mesi dalla presa dell'incarico - sobriamente inaugurato recandosi a Ferrara a giurare sulla Costituzione scortato dall'incolpevole padre - al benservito, officiato con assai meno cerimonie da Pierluigi Bersani mediante primarie.

dario franceschini e vittorio sgarbi

 

Otto mesi che non lasciano esattamente il segno: calma piatta quanto a politica (il momento saliente della segreteria Franceschini risulta essere la scoperta di Deborah Serracchiani, figurarsi quelli non salienti), Dario dà il meglio sul versante della propaganda. E lo fa affidandosi ancora una volta alla strategia di una vita: capire in che tonalità stanno suonando gli altri e accodarsi.

 

OBAMA E FRANCESCHINI AL COLOSSEO

Lo spartito che in quel ruggente 2009 va per la maggiore è uno solo: «Berlusconi vergogna», e Franceschini si dimostra un virtuoso dell' improvvisazione. Severo e inflessibile, non lascia passare giorno senza mettere alla berlina l'Uomo Nero, scomunicandone con eguale rigore tanto la condotta pubblica quanto quella privata. Censore principe del Cav, contribuisce sensibilmente (anche a costo di qualche scivolone, come la volta che si lascia scappare un atroce «Fareste educare i vostri figli da un uomo come Berlusconi?» ricevendone in cambio un memorabile cazziatone dai cinque eredi del Cav e finendo per doversi scusare) all'ultimo stadio dell' imbarbarimento moralista del clima politico nel ventennio berlusconiano.

Veltroni Franceschini Epifani Bindi e Scola

 

Poco dopo, il destino si incaricherà di presentare il conto, consegnando alle cronache la vicenda del Grande Inquisitore che scarica la prima moglie - fidanzati dal liceo, non esisteva domenica che non si facessero vedere a messa insieme a Ferrara - a causa di intervenuta conoscenza con attivista romana carina e trentenne.

 

Finché, si diceva, non arriva Bersani che lo doppia alle primarie. Poco male: passo di lato e si ricomincia dai fondamentali. Cioè promettere fedeltà al leader di turno ed intanto lavorare nell'ombra per azzopparlo. L’occasione arriva nel 2011, con la caduta di Berlusconi e con Bersani che vede tra sé e le bramate elezioni anticipate soltanto l'ultimo ostacolo rappresentato da Mario Monti.

Franceschini

 

Quasi scontato allora che il primo big del Pd a saltare sul carro del Professore sia proprio Franceschini: «Difficile immaginare di meglio», si affretta a dire dell' uomo col loden, e Bersani capisce di esserci rimasto fregato. Sopravvissuto non si sa come ai due anni di governo dei prof, Bersani si candida premier per il centrosinistra e stringe un patto d'acciaio con Dario: io presidente del Consiglio, tu presidente della Camera. Finisce male, con Bersani che immola anche lo scranno più alto di Montecitorio al disperato tentativo di ammansire i grillini e con Franceschini che in risposta trasloca in zona Letta, che ricambia facendolo ministro.

 

LETTA ALFANO FRANCESCHINI

Il resto è storia dei giorni nostri. Il ciclone Renzi che arriva, Letta che si sente tremare la terra sotto i piedi e parte per le Olimpiadi di Sochi dando mandato a Franceschini di trattare con le correnti del Pd per la sopravvivenza del governo, Letta che torna dalla Russia e si accorge che l' amico Dario ha trattato sì, ma per garantire a se stesso la sopravvivenza offrendo in cambio la testa del premier: «Mi hai pugnalato alle spalle!», gli urlerà addosso. L'altro non risponderà, pregustando in silenzio la poltrona dei Beni culturali promessagli da Renzi.

DARIO FRANCESCHINI DA GIOVANE

 

Poltrona dalla quale oggi, con lo stellone del Rottamatore in via di appannamento e dimostrando il solito, peculiarissimo rapporto con l'idea di gratitudine, Franceschini ha ripreso a tramare: riunioni di corrente da organizzare, ministri scontenti da arruolare, vecchi alleati da recuperare. C' è chi dice che lo scopo della manovra sia assicurare alla riserva indiana degli ex Dc del Nazareno una congrua rappresentanza nelle liste elettorali.

 

Ma c' è anche chi invece sostiene che, dopo anni ad allenarsi, Dario si veda finalmente pronto al grande passo e stia lavorando alla propria candidatura a premier del governo di scopo da instaurare caduto Renzi a maggior gloria del tagliando alla legge elettorale e della governabilità in genere. Se la prima ipotesi appare la più probabile, non vuol dire che la seconda non sia però realistica.

 

franceschini leopolda

«Nella Dc a trent'anni sei da asilo infantile. A quaranta sei un presuntuoso. A cinquanta puoi cominciare a guardare al futuro. A sessanta sei un segnale di rinnovamento», sbuffava da ragazzo Franceschini. E c'è da scommettere che oggi - aggiornata giusto una lettera nella sigla - sarebbe pronto a ripeterlo. Con la differenza che il rammarico con cui lo diceva quella volta là adesso è diventato qualcosa che assomiglia molto al sollievo.

 

franceschini
FRANCESCHINI INSULTATO AL RISTORANTE
VELTRONI E FRANCESCHINI
FRANCESCHINI VOTA PER IL QUIRINALE