DOVE NON ARRIVANO I PARTITI, CI PENSANO I GIUDICI - IL CONSIGLIO DI STATO STRACCIA LA PROROGA DELLE CONCESSIONI BALNEARI: DAL PRIMO GENNAIO 2024 TUTTI GLI STABILIMENTI DOVRANNO ESSERE ASSEGNATI CON GARA, SENZA ECCEZIONI, COME PREVISTO (15 ANNI FA) DALLA DIRETTIVA BOLKENSTEIN. DRAGHI TIRA UN SOSPIRONE DI SOLLIEVO: LA SCORSA SETTIMANA AVEVA TEMPOREGGIATO SUL TEMA PER EVITARE ROTTURE DA PARTE DI SALVINI. E LA SENTENZA RISOLVE IL PROBLEMA ALLA RADICE…
-1 - ULTIMA SPIAGGIA
Alessandro Barbera per "La Stampa"
Addio ai canoni irrisori del Twiga, delle spiagge a cinque stelle, del lussuoso commercio di attività con alti margini e bassissimi rischi. La sentenza è senza appello: dal primo gennaio 2024 tutte le concessioni balneari dovranno essere assegnate con gara, senza eccezioni. Il Parlamento non potrà concedere ulteriori proroghe, né i giudici potranno accogliere ricorsi.
Non accade spesso che una sentenza del Consiglio di Stato sia così chiara nell'imporre il rispetto della normativa europea, in questo caso ignorata da quindici anni. Con un però: il termine indicato nella sentenza evita conseguenze politiche al governo Draghi e alla legislatura, la cui scadenza naturale è nel 2023.
Per capire meglio la faccenda occorre scorrere le cinquanta pagine di motivazione pubblicate ieri, pochi giorni dopo la decisione della maggioranza di non sciogliere il nodo nel decreto Concorrenza. I punti da sottolineare sono i numeri 47 e 48 di due ricorsi fotocopia del Comune di Lecce e di un concessionario privato, Comet srl. Il primo motiva la decisione dell'ulteriore proroga di quasi due anni, l'intervallo di tempo «necessario per svolgere la competizione».
Il secondo spiega cosa accadrà oltre quel termine, quando «tutte le concessioni in essere dovranno considerarsi prive di effetto, indipendente da se vi sia o meno un soggetto subentrante». Il Consiglio di Stato, organo di ultima istanza della giustizia amministrativa, ha approvato le due sentenze in «adunanza plenaria» e in «sede giurisdizionale», ovvero con la massima forza giuridica possibile.
Da Palazzo Chigi non filtra alcun commento ufficiale, ma è un fatto che a Draghi non poteva andar meglio di così. La scorsa settimana aveva deciso di soprassedere, limitandosi a promettere un'operazione «trasparenza» sui canoni esistenti.
La sentenza risolve drasticamente il problema, evitando al governo di fare alcunché: i giudici amministrativi riconoscono che il tempo concesso per l'ulteriore proroga serve a preparare il settore al cambiamento. Dal 2024 i bagnini d'Italia potranno parlare una qualunque lingua dell'Unione, in ossequio alla direttiva Bolkenstein.
I giudici hanno cancellato con un tratto di penna la proroga fissata dal governo gialloverde nel 2019, e che avrebbe garantito lo status quo per altri dodici anni, al 2034. Lo status quo è garantito ancora per due anni e due mesi. Non tutte le concessioni sono uguali, ma i numeri fanno impressione.
Il Demanio incassa poco più di cento milioni di euro l'anno, la metà di quel che sulla carta dovrebbe (è alto il tasso di evasione), ma soprattutto si tratta di una frazione dei fatturati del settore. Non tutte le spiagge sono uguali, ma qui basti citare il caso del Twiga di Flavio Briatore, a Marina di Pietrasanta. Lo ricorda il verde Angelo Bonelli, da anni impegnato nella battaglia per il superamento del privilegio.
Lo Stato incassa da Briatore 17mila euro l'anno a fronte di un fatturato superiore ai quattro milioni. «C'è di più: il titolare della concessione demaniale non è Briatore, bensì un signore che gli ha ceduto il ramo di azienda per 3,5 milioni».
I siti di compravendita immobiliare sono pieni di annunci di «vendita attività» nelle spiagge. In sintesi: finora il mercato è stato florido, ma solo per i privati. La prima conseguenza della sentenza sarà sul valore di quelle compravendite. Per questo Federbalneari, dopo anni di lobbying verso i partiti, si dice «sbigottita», promette ricorso alla Corte di Giustizia del Lussemburgo e dice che sono a rischio un milione di posti di lavoro.
Il leader della Lega Matteo Salvini, che nel 2019 fu artefice della proroga, denuncia la «svendita» per mano dei «burocrati di Bruxelles e dei loro complici». Più o meno le parole di Giorgia Meloni, mentre il Pd invoca «una riforma organica». Qualunque sarà, non potrà più permettere casi come quello del Twiga.
2 - LA PROTESTA DEGLI STABILIMENTI: «ABBIAMO INVESTITO SOLDI DIFENDEREMO LE NOSTRE FAMIGLIE»
Andrea Ducci per il "Corriere della Sera"
«È una sentenza dirompente che preoccupa una fetta importante dell'economia del nostro Paese, in ballo ci sono decine di migliaia di famiglie, che vivono ore di sconforto». A dirlo è Antonio Capacchione, presidente del Sindacato Italiano Balneari-Confcommercio, che a botta calda definisce «sconcertante, prima ancora che sconvolgente» la decisione del Consiglio di Stato.
Le due sentenze dei magistrati di Palazzo Spada si configurano agli occhi dei titolari di concessioni su spiagge e coste come una mazzata. Un colpo a cui il sindacato guidato da Capacchione intende dare al più presto una riposta.
«Sto cercando di capire le motivazioni di una sentenza così sconvolgente. Sembra saltata la certezza del diritto e con essa la giusta tutela per gli investimenti effettuati, sulla base di una legge dello Stato, dagli operatori del settore», osserva Capacchione.
L'obiettivo dei balneari è individuare al più presto la strada per un ricorso, poco importa se il Consiglio di Stato ha già specificato che non saranno ammesse proroghe. «Questa vicenda darà luogo a un lungo contenzioso, se necessario ricorreremo fino alla Corte europea dei diritti dell'uomo, per tutelare le persone che per causa di queste sentenze perderanno il lavoro e la propria attività».
Prima di ricorrere alla corte internazionale con sede a Strasburgo il sindacato dei balneari intende studiare a fondo le carte. «Ci riserviamo di leggere con attenzione e deferenza le motivazioni della sentenza del Consiglio di Stato, poi decideremo le iniziative da intraprendere per la tutela di decine di migliaia di famiglie di onesti lavoratori gettate nell'angoscia più totale per la prospettiva di perdere il lavoro e i loro averi», ribadisce Capacchione.
Che intanto attacca a testa bassa il Consiglio di Stato, colpevole a suo dire di «affermare la contrarietà al diritto europeo delle proroghe disposte dal legislatore e dalla Pubblica amministrazione in quanto automatiche e generalizzate e nel contempo stabilisce una proroga altrettanto automatica e generalizzata però solo di due anni».
A prendersela con i giudici che ieri, in adunanza plenaria, hanno fissato il termine perentorio del dicembre 2023 per le concessioni è anche Federbalneari. «Non condividiamo le motivazioni giuridiche di questa sentenza. Quanto deciso dal Consiglio di Stato mette a repentaglio oltre 30 mila famiglie che lavorano nel settore turistico balneare, decretando il blocco degli investimenti con gravi ripercussioni anche a livello occupazionale. In questo modo, infatti, si rende fortemente instabile un settore che conta circa un milione di lavoratori», protesta Marco Maurelli presidente, di Federbalneari Italia.
L'orientamento per le prossime mosse è analogo a quello di Sib - Confcommercio, ossia tentare un ricorso. «Siamo sbigottiti: faremo ulteriori valutazioni legali perché sarebbe stato auspicabile ricorrere alla Corte di Giustizia europea confermando l'attuale periodo transitorio per scrivere subito la riforma delle concessioni».
Le due sentenze di ieri fanno paura soprattutto nelle regioni dove sono più numerose le attività titolari di concessioni. «La decisione del Consiglio di Stato sulla proroga solo fino al 2023 delle concessioni balneari è folle soprattutto perché rende migliaia di aziende ostaggio della magistratura amministrativa.
Tutto questo è stato possibile a causa del lassismo di una politica che, per tanti anni, è stata indecisa, superficiale e chiacchierona determinando la scadenza delle concessioni demaniali marino-marittime tra due anni. Questo è un colpo forte contro migliaia di aziende familiari che vedono messa in discussione la loro storia e anni di lavoro e di impegno sulle nostre coste», dice il coordinatore del tavolo interregionale del Demanio e assessore di Regione Liguria, Marco Scajola.