I DUBBI DELLA MUMMIA SICULA: A CHI L’INCARICO? - IL QUIRINALE SPERA CHE I PARTITI SBROGLINO LA MATASSA. MA IN CANNA HA SEMPRE QUALCHE “RISERVA DELLA REPUBBLICA” DA PROPORRE IN CASO DI SFINIMENTO DEI PARTITI, E POI RITORNARE ALLE URNE - LE MAGGIORANZE POSSIBILI SAREBBERO TRE...
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Ugo Magri per la Stampa
Chiunque bussi al portone presidenziale, pensando di farsi svelare la formula in grado di evitare il caos, si sente dire: «E' l' indirizzo sbagliato. Non sarà il capo dello Stato a dettare le soluzioni di governo possibil, semmai saranno i partiti e i loro leader che dovranno dare risposte chiare a Mattarella, quando sarà il momento».
C' è da scommettere che, da adesso all' inizio delle consultazioni, il ritornello quirinalizio sarà sempre lo stesso: rivolgetevi altrove. Però non c' è dubbio che, al netto del riserbo presidenziale, sul Colle serpeggi una certa preoccupazione. A rigor di logica, le maggioranze possibili sarebbero tre: Cinquestelle con Pd, Pd con centrodestra, centrodestra con M5S. Per ciascuna di queste tre combinazioni i numeri in Parlamento non mancherebbero. Ma politicamente, avrebbero un senso? È il punto interrogativo che Mattarella per primo si sta ponendo.
Si prenda l' ipotesi, che Renzi ha sdegnosamente bocciato, di un appoggio Pd a Di Maio premier: per prima cosa andrebbe chiarito che si fa col reddito di cittadinanza. Per i grillini è stata l' arma vincente, ma se dovessero andare al governo dovrebbero onorare l' impegno. E i 780 euro mensili promessi ai disoccupati, specie nel Sud, scatenerebbero la rabbia del Nord, che chiede un taglio alle tasse e si ritroverebbe invece con un boom della spesa pubblica assistenziale. Si spalancherebbe un' autostrada a Salvini.
E viceversa: aggregandosi al centrodestra, il Pd dovrebbe ingoiare la «flat tax», col risultato di concedere praterie alla propaganda grillina. Tutte questioni che non riguardano Mattarella, lui si sente perfettamente neutrale, si muoverà senza schemi preconcetti, apertissimo a qualunque combinazione. Tuttavia vede gli ostacoli, non coltiva l' illusione che le caselle vadano a posto da sole.
Certi segnali, come lo scontro interno nel Pd e le stesse accuse lanciate ieri da Renzi verso chi gli ha impedito di tornare al voto quando lui si sentiva forte, segnalano un clima avvelenato. Ci vorrà tempo per disperdere le tossine, magari attraverso ruvidi chiarimenti nei partiti. La domanda è se questo tempo verrà concesso dall' Europa e dai mercati.
Chi tiene d' occhio le Borse registrava ieri perdite contenute e uno spread che nelle ore dello spoglio elettorale non ha mai superato quota 170, buon segno. Ma non è detto che Bruxelles, Francoforte e gli operatori finanziari manterrebbero lo stesso aplomb dopo mesi di inutili consultazioni, ripetuti tentativi e incarichi a vuoto.
Addirittura qualcuno, tra i personaggi di casa sul Colle, comincia a temere che non esista soluzione al rebus della governabilità. Con due potenziali esiti, che i collaboratori del presidente rifiutano perfino di prendere in esame. Il primo possibile sbocco sarebbe un governo guidato da qualche riserva della Repubblica, ad esempio il presidente della Camera o del Senato.
Al quale tutti i partiti, presi dallo sfinimento, non potrebbero negare un sostegno «tecnico» per superare l' estate e consentire, in autunno, di maturare soluzioni meno precarie; oppure (ecco l' altro esito) di ritornare alle urne, qualora si riscontri a settembre che non c' è proprio nulla da fare.
Nuove elezioni sarebbero un rischio mortale. Il capo dello Stato le cancellerebbe volentieri dal novero delle possibilità, poiché teme un esito-fotocopia destinato ad avvitare la crisi su se stessa. Ma nella cupaggine del post-voto nessuno, nemmeno Mattarella, può garantire che una strada sarà comunque trovata. Il fantasma delle urne rimane, ammiccante, sullo sfondo.