LA DUCETTA PIACE SEMPRE DI MENO: IL GRADIMENTO IN UN ANNO È SCESO DA 58 A 44 PUNTI, IN CALO ANCHE IL CONSENSO AL GOVERNO (DAL 54 DI UN ANNO FA AL 44 DI OGGI) - IL DATO PIU' IMPORTANTE DEL SONDAGGIO DI PAGNONCELLI: 2 ELETTORI SU 3 SONO PRONTI A CAMBIARE PARTITO. GLI INDECISI SONO AL 42,2% E LA MANOVRA HA LASCIATO TANTISSIMI SCONTENTI - IL VOTO EUROPEO PER GIORGIA MELONI SARA' AD ALTO RISCHIO DI IMPLOSIONE PER AVER RESO IRRILEVANTI LEGA E FORZA ITALIA (FINCHE' CI SONO DUE GUERRE C'È SPERANZA)
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Estratto dell’articolo di Nando Pagnoncelli per il “Corriere della Sera”
[…] governo Meloni. In carica dal 22 ottobre 2022, […] questo anno di governo non è stato senza difficoltà: guerre, inflazione, contrazione della crescita, innalzamento del debito e così via. E, dal punto di vista strettamente politico, una maggioranza che frequentemente ha evidenziato se non contrasti, almeno apprezzabili differenze su molti temi […]
IL GIUDIZIO SULL’ESECUTIVO
Lo scenario politico che conclude l’anno segna un’importante contrazione degli indicatori di valutazione dell’operato del governo e della presidente del Consiglio. Per il governo l’indice di apprezzamento scende dal 54 di un anno fa al 44 di oggi, per Giorgia Meloni cala dal 58 al 44, allineandosi perfettamente al dato dell’esecutivo.
Questa contrazione vede le punte più elevate tra i ceti produttivi, tra chi lavora. Scendono infatti mediamente di quasi 20 punti gli indicatori della presidente del Consiglio tra ceti dirigenti, lavoratori autonomi, impiegati e insegnanti, operai. Che erano anche i ceti che più degli altri avevano allora espresso fiducia in lei. […] C’è una evidente delusione sia da parte di chi pensava ad un governo capace di tenere la barra sui temi economici, senza grandi deviazioni dalla linea del governo Draghi (ceti medio-alti e scolarizzati) e da parte di chi invece si aspettava interventi favorevoli e di protezione (ceti medio-bassi e lavoro autonomo).
Infine, dal punto di vista della collocazione politica, i principali cali di valutazione si hanno tra coloro che non si collocano sull’asse sinistra/destra (dove sono maggiormente presenti ceti medio-bassi e astensionisti) e tra i centristi.
LE INTENZIONI DI VOTO
Ma, ancora una volta, le ricadute sulle intenzioni di voto sono assai meno rilevanti. Se guardiamo i risultati delle elezioni politiche del settembre 2022, solo tre partiti segnano differenze apprezzabili, in un quadro dove indecisi e astensionisti rappresentano il 42,2 per cento dell’elettorato: Fratelli d’Italia che cresce di oltre tre punti dal 26% delle Politiche all’attuale 29,3%; il Movimento 5 Stelle che cresce di 1,8 punti passando dal 15,4% di allora al 17,2% di oggi; Forza Italia che decresce di 1,3 punti, dall’8,1% al 6,8%. Da aggiungere il Terzo polo che aveva ottenuto il 7,8% alle Politiche e che oggi, sommando — ammesso che sia lecito — i voti di Azione e Italia viva arriva al 6,7%.
Insomma, nessuno scossone. Ma qualche segnale sì. Il primo è relativo alla compagine di destra-centro, con un riequilibrio a favore del partito di Giorgia Meloni. Il che significa che, nonostante i cali visti, è proprio il partito della presidente quello considerato più solido nell’alleanza. E infatti, se guardiamo i flussi, la crescita di FdI è determinata in larga misura da elettori di Lega e Forza Italia che transitano verso il partito di maggioranza relativa cui è da aggiungere un apprezzabile flusso proveniente dagli elettori del Terzo polo.
[…] LE SCELTE DEI DIVERSI CETI
Nell’opposizione i flussi evidenziano variazioni ancora meno consistenti: la tenuta del Pd è determinata da una maggiore fedeltà dei propri elettori alle Politiche e da qualche recupero dagli alleati di allora (Alleanza verdi sinistra e +Europa). Il Pd è un partito che mantiene le classiche caratteristiche dell’elettorato di area: ceti medi e medio-alti, pensionati, con una forte presenza di sinistra, ed è primo tra i laureati e gli studenti.
Il Movimento 5 Stelle […] La composizione sociale del Movimento è piuttosto caratterizzata: un voto più giovanile, con una fortissima presenza tra chi non si colloca politicamente e tra le condizioni sociali basse. Qui la propensione al voto pentastellato è più che doppia rispetto alla media (oltre il 37%) sbaragliando tutti gli altri partiti. E non a caso i consensi più elevati si hanno tra operai (dove il Movimento si contende il primato con il partito della premier) e disoccupati e inattivi dove è il primo partito. Infine, dal punto di vista territoriale, nel Sud e nelle Isole (Puglia, Calabria, Basilicata, Sicilia e Sardegna) è il primo partito per consensi potenziali.
Come si vede, Partito democratico e Movimento 5 Stelle hanno profili che si integrano e che potrebbero rappresentare un punto di forza nell’ipotesi, certo complessa, di una loro alleanza.
L’INSTABILITÀ ELETTORALE
Rimane infine da riflettere sul tema della volatilità elettorale. […] il rischio di «tradimenti» rimane consistente, basti pensare che quasi due elettori di un partito su tre (62,1%) stanno valutando di votare per un’altra forza politica. Oltre il 70% degli elettori della Lega tiene in considerazione almeno un altro partito, e lo fa poco meno di due terzi degli elettori di FdI, FI e Pd. Solo il Movimento 5 Stelle appare più granitico: qui meno della metà considera altre formazioni. Il gioco però è quasi tutto in casa: il centrodestra, infatti, tiene in considerazione prevalentemente i partiti che compongono la coalizione; gli elettori pd pensano alla sinistra, al Movimento 5 Stelle e a +Europa. I pochi pentastellati che guardano anche ad altri si rivolgono prevalentemente a Pd e sinistra.
[…] Riassumendo: l’esecutivo e la presidente segnalano difficoltà evidenti, con l’allontanamento, quando non la delusione, di una parte importante dell’elettorato, anche di quello più organico. Ma questo non provoca stravolgimenti nelle intenzioni di voto, anzi paradossalmente conduce a un rafforzamento del partito della presidente, quasi fosse l’unico ancoraggio della coalizione. E questo anche perché […] non si vede un’alternativa […]. Il […] Movimento 5 Stelle […] recupera voti e si evidenzia manifestamente come la formazione degli «esclusi»: ceti bassi e in difficoltà. […]