LE ELEZIONI IN SICILIA? UNA BELLA CASSATA PER IL PD - IL VOTO NELL’ISOLA PROVOCHERÀ CONSEGUENZE SUL PIANO NAZIONALE E DIMOSTRA CHE OGNI IPOTESI DI ALLEANZA A SINISTRA E’ (PER ORA) SURREALE - SE RENZI VINCE VA PER LA SUA STRADA E SI ALLEA CON ALFANO. MA SE IL BULLETTO PRENDE LA SCOPPOLA…

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Stefano Folli per “la Repubblica”

 

RENZI BERSANI

A pochi giorni dalle elezioni in Sicilia, due aspetti sono abbastanza chiari. Primo, il voto nell' isola provocherà senza dubbio una serie di conseguenze sul piano nazionale: non a caso, l' unico partito che tende a negare tali riflessi è il Pd, il più in difficoltà nei sondaggi e dunque il più preoccupato. Secondo, tutte le ipotesi circa le alleanze a sinistra, comprese le discussioni sul tema se Renzi ha aperto oppure no alla trattativa con gli scissionisti di Articolo Uno, risultano quanto meno premature.

 

DI MAIO CANCELLERI

È infatti evidente che un Renzi vincitore, o almeno non sconfitto a Palermo, proseguirà lungo la strada che gli è più congeniale: nessun accordo da pari a pari con questo o quel partito, soprattutto se si tratta degli scissionisti di Bersani e D' Alema; al massimo un' intesa con Alfano e qualche candidatura nelle liste, in posti più o meno sicuri a seconda della rilevanza del partner, riservata ai gruppi centristi, da un lato, e della sinistra cosiddetta "dei sindaci", dall' altro.

 

nello musumeci

Inoltre un certo spazio al cartello europeista che sembra formarsi intorno al binomio Bonino-Pisapia: un'inedita aggregazione di forze provenienti da tradizioni diverse, unite dal comune convincimento che non si può fare una campagna elettorale in chiave demagogica contro l'Unione e i suoi istituti. Una posizione che in campagna elettorale sarà di pochi, forse di pochissimi, e perciò merita attenzione.

 

Tutto questo però non basta a definire un quadro di alleanze sul versante del centrosinistra, ossia una vera e propria coalizione come suggerita dalla nuova legge elettorale. Ma se Renzi uscirà dalla Sicilia con un discreto risultato, vorrà dire che potrà organizzarsi per le elezioni di primavera come meglio crede. E quindi la sua politica delle alleanze sarà una mera riedizione, variamente articolata, del partito del leader come lo abbiamo conosciuto fino a oggi.

GRILLO SALVINI RENZI BERLUSCONI

 

Il partito stretto intorno al suo capo come unico, efficace raccoglitore di voti. In tal caso il tema prevalente non saranno i partner, destinati comunque a un ruolo minore e tacitati con un certo numero di seggi, bensì il "voto utile". Ossia l' appello a non disperdere i consensi (leggi Mdp-ArticoloUno) e a concentrali sulle liste del Pd.

 

Come si capisce, tutto passa dalla Sicilia. Fossero vere le previsioni fosche di questa lunga vigilia, si aprirebbero scenari imprevedibili nel Pd e intorno ad esso. La prospettiva di una coalizione nazionale acquisterebbe senso, ma per una sola, essenziale ragione: un Renzi sconfitto sarebbe troppo debole per far valere ancora la sua autorità di monarca poco costituzionale.

GRILLO SALVINI

 

Si parlerebbe di un altro copione, più in sintonia con quello evocato timidamente nei giorni scorsi da Gentiloni. Con un leader annichilito dalla disfatta, rientrerebbe nel novero delle cose possibili persino un' alleanza elettorale con i bersaniani. Ma questa è una storia per il dopo domani.

 

Al momento, si guarda alla Sicilia per un' altra e più significativa ragione. Il voto isolano potrebbe definire meglio il campo da gioco della prossima contesa di primavera. Finora le speranze di successo del centrosinistra sul piano nazionale passano attraverso il superamento parziale dei tre poli. Renzi punta ad avere un avversario prevalente e su quello concentrare il fuoco: può essere la coalizione Berlusconi-Salvini-Meloni oppure possono essere i Cinque Stelle di Grillo e Di Maio. In un modo o nell' altro la campagna diventerebbe soprattutto una partita a due con il terzo in posizione subordinata.

GIORGIA MELONI ATREJU 1

 

Ma cosa accadrebbe se dal voto siciliano - inteso come classico laboratorio politico - emergesse che i duellanti per il Parlamento di Roma sono soprattutto il centrodestra e i grillini, escludendo dal proscenio il Pd di Renzi? Non è un' eventualità così remota: lo stesso Salvini si rivolge a Grillo con un linguaggio diverso dal passato, anche per non sentirsi costretto mani e piedi nell' alleanza con Berlusconi. Per il Pd - di fronte al rischio di essere drasticamente ridimensionato - s' imporrebbe il dovere di rinnovare del tutto l' immagine e la proposta politica. Con appena quattro mesi a disposizione.