ERA CHIARO CHE CI FOSSE QUALCOSA DI STRIANO – I VERTICI DELLA PROCURA NAZIONALE ANTIMAFIA GIÀ NEL 2020 ERANO A CONOSCENZA DI “ANOMALIE” NELLE ATTIVITÀ DEL FINANZIERE SPIONE, PASQUALE STRIANO. ERANO STATI INFORMATI DALL’ALLORA PROCURATORE AGGIUNTO, GIOVANNI RUSSO, CON UNA RELAZIONE SCRITTA IN CUI SEGNALAVA PRESUNTE INTERFERENZE DI STRIANO NELLE ATTIVITÀ DI ALTRI INVESTIGATORI – A QUELL’ALLARME PERÒ IL CAPO DELLA DNA, CAFIERO DE RAHO, NON AVREBBE DATO ALCUN SEGUITO
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I vertici della Procura nazionale antimafia sapevano di ‘anomalie’ nelle attività del finanziere Pasquale Striano già nel 2020 perché ne erano stati informati dall’allora procuratore aggiunto, Giovanni Russo, con una relazione in cui segnalava presunte interferenze del finanziere addetto al gruppo sos (segnalazioni operazioni sospette) sulle attività di altri gruppi di investigatori.
E’ quanto apprende LaPresse su un nuovo documento che la Procura di Perugia ha depositato – come confermano fonti legali – sui dossieraggi a carico del finanziere e dell’allora sostituto della Dna, Antonio Laudati, in vista dell’udienza al tribunale del riesame di Perugia prevista per oggi alle 15, in cui l’ufficio guidato da Raffaele Cantone chiede di mettere agli arresti domiciliari il tenente della gdf e l’ex magistrato.
Da un lavoro di ricognizione interno alla Dna sulle attività di Striano, voluto dal procuratore nazionale Giovanni Melillo dopo che il ‘caso’ è scoppiato, sarebbe emersa una relazione redatta da Russo fra la fine del 2019 e l’inizio del 2020.
In quel documento, secondo i pm di Perugia stilato da Russo ma poi non firmato né ufficializzato, il magistrato poi capo del Dap avrebbe portato a conoscenza dei vertici della Procura nazionale antimafia e antiterrorismo, guidata in quella fase da Cafiero De Raho, una serie di ‘condotte anomale’ e ‘interferenze’ di Pasquale Striano su altri gruppi di lavoro di investigatori che dipendevano da Russo. Da quanto si apprende alla relazione non sarebbe stato dato alcun seguito.