GLI EURO-FALCHI NON MOLLANO  - COL "FRENO D'EMERGENZA" A RISCHIARE È L'INTERO RECOVERY PLAN ITALIANO: SE AI PAESI FRUGALI, CIOÈ AUSTRIA, PAESI BASSI, SVEZIA E FINLANDIA, NON PIACERÀ COME STIAMO SPENDENDO I FONDI UE, POSSONO CHIUDERCI I RUBINETTI - UN CLIMA DA INQUISIZIONE CHE MARIO DRAGHI VUOLE EVITARE: INTANTO LA PARTITA DEL NOSTRO PIANO SI GIOCA TUTTA SULLA GIUSTIZIA...

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Gabriele Rosana per "Il Messaggero"

 

MARTA CARTABIA

Il Recovery Plan italiano si gioca tutto sulla giustizia: se l'Italia perde il treno della riduzione dei tempi dei processi a rischio è l'intero pacchetto per finanziare la ripresa, che prevede chiari obiettivi da raggiungere entro tempi ben definiti, mancando i quali si blocca l'erogazione dei fondi Ue.

 

ULTIMATUM

L'ultimatum della ministra Marta Cartabia riecheggia anche a Bruxelles, dove ieri il vicepresidente esecutivo della Commissione Valdis Dombrovskis e il responsabile dell'Economia Paolo Gentiloni hanno fatto un punto, insieme agli eurodeputati, sui piani nazionali finora ricevuti (sono 14, la metà del totale) e sulle prossime tappe per l'erogazione dei fondi, senza tuttavia scendere nei dettagli di alcuno.

 

paolo gentiloni valdis dombrovskis

«Si concretizzerà davvero quello che è previsto nei piani?», l'interrogativo che Gentiloni ha posto all'aula virtuale. «Dal mio punto di vista la sfida maggiore è capire se quello che è scritto si realizzerà davvero e nei tempi previsti dal cronoprogramma. Per diversi Paesi sarà gravoso: gli impegni presi nei loro piani sono molto importanti».

 

La Commissione europea ha adesso fino a otto settimane di tempo per valutare le strategie nazionali prima di presentarle al Consiglio, dove siedono i ministri dell'Economia, per l'approvazione.

 

meme su Mario Draghi e il recovery plan

Se il pagamento anticipato del 13% entro l'estate è dato quasi per acquisito (per l'Italia si tratta di circa 25 miliardi di euro), i problemi però come evidenziato con toni preoccupati anche dalla Guardasigilli potrebbero sorgere via via che Bruxelles monitorerà lo stato di avanzamento delle riforme.

 

Ogni Stato sarà valutato dalla Commissione, infatti, sulla base degli impegni presi: i piani nazionali sono accompagnati da chiari calendari e obiettivi da raggiungere, a cui è condizionato l'effettivo esborso delle tranche di pagamento successive alla prima.

 

A cominciare da quella prevista entro fine anno, vincolata al raggiungimento dei primi target contenuti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza. Ma, oltre al controllo tecnico di Bruxelles, cosa succede in caso di riforme rimaste vistosamente al palo? A dettare la disciplina è l'accordo stesso sul Recovery Plan del Next Generation Eu del luglio dell'anno scorso.

 

IL PREMIER OLANDESE RUTTE E MARIO DRAGHI

EROGAZIONI E GARANZIE

Dopo il via libera ai vari Pnrr, la concreta erogazione dei fondi, di competenza della Commissione, avverrà a cadenza semestrale e su richiesta del Paese interessato. Ma la palla può tornare presto nel campo delle capitali nazionali: se il governo anche di un solo Stato membro dovesse infatti ritenere che vi siano «gravi scostamenti dal soddisfacente conseguimento dei rilevanti target» di un certo progetto contenuto nel Pnrr, può chiedere in via eccezionale che la questione venga rimessa al Consiglio europeo, il vertice dei capi di Stato e di governo dei 27 Paesi Ue.

 

IL PREMIER OLANDESE RUTTE CON MARIO DRAGHI

Si tratta del cosiddetto freno d'emergenza, un compromesso finito nell'intesa su pressione del fronte dei falchi (anche detti frugali) del centro-nord (Austria, Paesi Bassi, Svezia e Finlandia) che volevano mantenere una qualche forma di controllo politico sull'erogazione degli 806 miliardi di Next Generation Eu in caso di serio disallineamento rispetto a quanto dichiarato nei piani.

 

Una volta attivato, il freno d'emergenza blocca temporaneamente le erogazioni per lo Stato e la questione viene rimessa alla discussione fra i leader: un clima da Inquisizione che Mario Draghi vorrà attentamente evitare.