EURODELIRI - IL CAPO DEL PPE PRIMA SILURA IL BANANA (“MONTI È IL NOSTRO CANDIDATO”) POI SI CORREGGE: “MI HANNO FRAINTESO” - LA FRASE L’HA DETTA ECCOME, MA OLTRE AL PDL è STATO MONTI A INCAZZARSI: L’ENDORSEMENT DEGLI EUROBUROCRATI È UN MACIGNO, NON UN VANTAGGIO - NON SOLO: IL PDL “PESA” MOLTO AL PARLAMENTO EUROPEO, MENTRE MONTI MANCO CI STA: E SENZA I BERLUSCONES I POPOLARI RISCHIANO DI ESSERE SUPERATI DAI SOCIALISTI…


1 - IL PPE: È MONTI IL NOSTRO CANDIDATO - REAZIONI IRRITATE DAL PDL. POI IL LEADER DAUL CORREGGE: MI HANNO FRAINTESO
Marco Zatterin per "La Stampa"

MARIO MONTI A PORTA A PORTA E DIETRO LIMMAGINE DI SILVIO BERLUSCONI

Ha precisato di «non voler interferire nella campagna elettorale», ma alla fine gli è scappata lo stesso. «Mario Monti è il candidato premier del Partito popolare europeo», ha detto Joseph Daul, gollista francese, presidente del gruppo Ppe all'Europarlamento. A poco è servita la precisazione, «vedete altri concorrenti per la presidenza del Consiglio?».

Berlusconi e Mario Monti cda dcf bfcde f ea c

Inutile puntualizzare, che «come sempre, il caso italiano è complicato: abbiamo tre partiti, l'Udc, Monti e il partito Berlusconi, e sono tutti membri del Ppe». Il francese ha ammesso quello che tutti sanno che pensa, ma questo non ha evitato la furia pidiellina e una telefonata diretta e secca del premier stesso, seccato dell'investitura e determinato a restare al di sopra degli schieramenti.

E pensare che Daul s'era ripromesso di non parlare. «Non fatemi dire cose che non voglio», ha spiegato ai giornalisti dopo la conferenza stampa di avvio sessione a Strasburgo. «Non intendo fare affermazioni che possono dare 2-3 punti ai populisti», ha aggiunto, segno della consapevolezza che, ad attaccare Berlusconi da quassù, gli si fa solo guadagnare voti. «Dopo le elezioni faremo la nostra sintesi - ha promesso -. Lasciamo la scelta ai cittadini, non dobbiamo immischiarci nei vostri affari». Posto questo, «combatterò sempre i populismi», principio sulla base del quale in dicembre aveva espresso giudizi gravi sul capo del Pdl.

berlu e monti

È comunque interessante notare che a Strasburgo vedono «il partito Monti» già parte integrante del Ppe. Il professore è considerato «garanzia della stabilità», suo malgrado. Lette le agenzie, il premier ha però chiamato il francese per fare le sue rimostranze. Daul si sarebbe scusato, avrebbe detto di essere stato frainteso dai cronisti italiani. Mica vero. La frase corretta è quella riportata sopra. Monti è l'unico candidato premier del Ppe, perché gli altri (Casini o Berlusconi) non lo sono. Quasi una cosa scontata. Sempre ammesso che Monti sia del Ppe. Cosa che, in dicembre tutti avevano ritenuto essere, ma che ora il presidente del consiglio pare accettare solo in parte.

daul nuova

La verità è che nel Ppe nessuno crede che l'uomo di Arcore possa essere un'ancora di stabilità. «Non intendo attaccare tutti i giorni il signor Berlusconi, per far sì che lui possa contestare l'orribile Europa, l'orribile Merkel, gli orribili francesi, e dire "vedete come si comportano"». L'indicazione è però stata netta. Come la reazione dei deputati Pdl, solerti a scatenare una tempesta di comunicati stampa. S'è mosso anche Angelino Alfano: «Le accuse di Daul, che parla a titolo personale ed è evidentemente male informato sul programma del Pdl, sono prive di riscontro concreto». Comunque sia il francese ha detto che sino al 24 febbraio non parla più con la stampa italiana. Eccone un altro.

Joseph Daul

Mentre succedeva tutto questo, il Pdl ha condotto la pulizia interna. Mario Mauro ha lasciato formalmente la presidenza della delegazione dopo la candidatura in Italia con Monti. Un mese fa sembrava dovesse esserci l'esodo, invece se ne sono andati in due (l'altro è Albertini). «Colpa di Monti che non ha aperto la porta», commenta una fonte. Per Berlusconi è una buona notizia, volenti o nolenti i suoi europei restano a casa. Senza capodelegazione, però. La decisione è slittata a martedì. In corsa Baldassarre, Comi e La Via (candidato da Bonsignore). Outsider possibili Silvestri e Cancian. I nomi, in questa disordinata ribollitura politica, hanno però una importanza relativa.


2 - L'ANOMALIA ITALIA ADESSO SBARCA A STRASBURGO
Massimo Franco per il "Corriere della Sera"

L' ostilità di settori consistenti del Ppe nei confronti di Silvio Berlusconi si sta rivelando un'arma a doppio taglio. Al punto che ieri le dichiarazioni a favore di Mario Monti del capogruppo al Parlamento europeo, il francese Joseph Daul, hanno assunto i contorni se non di una gaffe, di un gesto di frustrazione.

Vorrebbero segnalare la preferenza della maggioranza dei partiti moderati continentali per il presidente del Consiglio uscente e la sua lista; e l'insofferenza per un Silvio Berlusconi alleato della Lega e dunque del «populismo». Ma allo stesso tempo sottolineano l'anomalia di un'Italia nella quale il referente principale del Ppe, e cioè il Pdl, è in conflitto con l'altro, l'Udc; e viene indicato come «candidato del Ppe» un Monti che non ne fa ancora parte.

Ppe all’Europarlamento

Daul è costretto ad ammettere di non volere attaccare Berlusconi ogni giorno «per non regalare 2 o 3 punti percentuali al populismo». E rinvia l'eventuale resa dei conti col Pdl a dopo le elezioni italiane del 24 e 25 febbraio, lasciando capire che a quel punto potrebbero arrivare provvedimenti punitivi. In realtà, nonostante l'irritazione del cancelliere Angela Merkel per l'offensiva del centrodestra italiano contro la Germania, la sensazione è che il Ppe rimarrà formalmente neutrale; e non soltanto perché il partito di Berlusconi è il suo maggiore contribuente, dopo i tedeschi Cdu e Csu messi insieme.

Il problema è che nella riunione della presidenza dei popolari europei della scorsa settimana a Cipro, l'analisi della campagna elettorale italiana ha consigliato una forte dose di prudenza e pragmatismo. Intanto, nell'incontro a porte chiuse la relazione sull'Italia è stata affidata al vicepresidente della Commissione Ue, il berlusconiano Antonio Tajani.

E la fotografia dei rapporti di forza offerta dai sondaggi, ha mostrato un Pdl intorno al 20 per cento e in vantaggio sia sulla lista Monti che sull'Udc. Per un Ppe che deve vincere le europee del 2014 contro socialdemocratici e laburisti, questo basta ad arginare i malumori contro il Cavaliere. In più, in Italia cresce il timore che gli attacchi dall'estero aiutino e non danneggino Berlusconi; e gli facilitino una rimonta che ridurrebbe di riflesso i margini di crescita dello schieramento centrista guidato da Monti.

Il primo a capirlo è stato proprio Monti, che ieri mattina ha chiamato Daul per protestare, spiegando di non ritenersi un candidato del solo Ppe. E dal fronte berlusconiano sono arrivate bordate a ripetizione. «Parla a titolo personale» rimbecca Daul anche il segretario del Pdl, Angelino Alfano. Il capogruppo alla Camera, Fabrizio Cicchitto, invita tutti a non intromettersi. E approfitta dell'occasione per raffigurare Monti come il premier che ha diviso il centrodestra e si prepara a governare col Pd di Pier Luigi Bersani.

Insomma, è un terreno scivoloso e Casini sembra rendersene conto, evitando di entrare nella polemica. Un deputato europeo dell'Udc come l'ex premier Ciriaco De Mita definisce Berlusconi «incompatibile col Ppe»; e prevede o la sua uscita o la sua cacciata. Ma dipenderà dagli equilibri che si creeranno nel Parlamento italiano; e dunque dal peso che proietteranno su quello europeo.

Se il Pdl perderà e soprattutto vedrà il suo ruolo insidiato dalla lista Monti, c'è da scommettere che le parole di Daul diventeranno la parola d'ordine anche del Ppe: indubbiamente, la politica del presidente del Consiglio uscente oggi è più in linea con l'ortodossia del popolarismo. Ma se si conferma o magari si accentua lo scarto fra Pdl e centristi a favore del primo, il «processo» al berlusconismo alleato di un Carroccio antieuropeo dovrà fare i conti con il realismo di un fronte moderato continentale eterogeneo; e preoccupato da prospettive elettorali che travalicano il caso italiano.

Per questo Berlusconi martella sul «voto utile», sfruttando le perplessità di una parte dell'elettorato su una vittoria della sinistra. E condanna Monti in modo preventivo al 10 per cento, sebbene i sondaggi siano meno avari. «Chi chiede il voto utile teme che vinciamo», replica Casini. Parla a Pdl e Pd, convinto che il bipolarismo li renda alleati: anche se sono avversari.