IN EUROPA ELLY COME FA SBAGLIA – SCHLEIN PRENDE TEMPO SULLA POSIZIONE DEL PD SU FITTO: “ASPETTIAMO DI CAPIRE QUALE SARÀ IL PORTAFOGLIO, QUALI LE DELEGHE” – I DEM SONO IN IMBARAZZO DI FRONTE A UNA SCELTA SCOMODA: AFFOSSARE IL MINISTRO MELONIANO SIGNIFICHEREBBE ESPORSI ALL’ACCUSA DI NON FARE L’INTERESSE DEL PAESE. VOTARLO, VORREBBE DIRE ROMPERE L’UNITÀ DEI SOCIALISTA, SCHIERATI NETTAMENTE CONTRO L’OPZIONE DI AFFIDARE A ECR UNA VICEPRESIDENZA ESECUTIVA…
-Estratto dell’articolo di Giovanna Vitale per “la Repubblica”
La linea l’aveva dettata già domenica, ospite del Forum Ambrosetti a Cernobbio: «Noi stiamo ancora aspettando di capire quale sarà il portafoglio, quali le deleghe», aveva spiegato Elly Schlein illustrando la posizione del Pd su Raffaele Fitto, commissario tricolore in pectore. Aggiungendo poi, a mo’ di postilla, di aver chiesto al governo di chiarire chi seguirà i dossier su Pnrr, fondi di coesione e programmazione, ora in mano al ministro in procinto di traslocare a Bruxelles: «Sono rilevantissimi per il Paese e non possiamo permetterci rallentamenti».
Una timida apertura che ieri, alla presentazione de L’imprevista, il libro scritto su di lei, la segreteria dem ha rafforzato: «Ci aspettiamo e abbiamo sostenuto un portafoglio di peso per l’Italia perché è quello che merita». Accompagnata però da un avvertimento: «La proposta complessiva che farà von der Leyen dovrà tenere conto della maggioranza che l’ha votata in Parlamento e dell’impianto programmatico. Noi valuteremo anche al termine del ciclo di audizioni che ci saranno».
Un modo per dire no a manovre surrettizie: la nomina di Fitto, se arriverà, deve valere come riconoscimento per l’Italia, Paese fondatore della Ue, non trasformarsi in un allargamento del governo comunitario a Ecr, il partito di Meloni che non ne fa parte e ha pure votato contro la leader tedesca. [...]
Non può fare altrimenti, la segretaria del Pd. Il suo attendismo riflette le difficoltà e gli imbarazzi di un partito che è opposizione dentro i confini nazionali, ma maggioranza a Strasburgo, rispetto a una scelta comunque scomoda: affossare Fitto significherebbe esporsi all’accusa di non fare l’interesse del Paese; appoggiarlo, rischierebbe di rompere l’unità della famiglia socialista, ferocemente schierata contro l’opzione di affidare all’esponente meloniano una vicepresidenza esecutiva.
Ecco perché occorre aspettare che Ursula sveli i suoi propositi, provando nel frattempo a barcamenarsi per non passare da traditori della patria, ma nemmeno urtare la sensibilità degli alleati. Senza dimenticare un precedente impossibile da trascurare: quando cinque anni fa Paolo Gentiloni si presentò come commissario agli Affari economici, FdI lo votò.
Lo dice chiaro Nicola Zingaretti capodelegazione del Pd nel gruppo S&D: «Giudicheremo il commissario Fitto senza alcun pregiudizio, ma facciamo appello affinché venga a presentare alle commissioni parlamentari i suoi impegni nello spirito europeista del voto espresso a luglio per von Der Leyen». [...]
Come segnala pure l’eurodeputato dem Matteo Ricci: «La vera contraddizione è di Meloni, che con il gruppo di Ecr si schiera contro von der Leyen e il suo programma europeista e poi nomina un commissario italiano del suo stesso partito che dovrà seguire quel programma». [...]