FAKE NEWS? PEGGIO LE BALLE DEI POLITICI – MIJENA GABANELLI: ''IL VIMINALE ESAGERA CON LA GUERRA ALLE BUFALE SUL WEB – IN RETE SI POSSONO SPARARE TUTTE LE CAZZATE CHE SI VOGLIONO – IL WEB HA SOLO FATTO ESPLODERE LE DEBOLEZZE DI UN SISTEMA CON POCA REPUTAZIONE - E DIFENDE IL COMPENSO DI VESPA: “A ME LA RAI NON HA MAI VERSATO CONTRIBUTI AL MIO ENTE PREVIDENZIALE”
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Carlo Tecce per il Fatto Quotidiano
Milena Gabanelli, il Viminale e la Polizia hanno presentato un progetto per contrastare la diffusione delle fake news in campagna elettorale: non si sta esagerando?
Se la polizia postale risponde velocemente ad un cittadino che chiede se è vero o no che c' è stato un attentato a Canicattì, benissimo. È un po' esagerato metterla giù così pomposa, quando la polizia postale fa già questo di professione. C' è un aspetto deterrente: magari qualcuno si spaventa a raccontare palle e ne racconta meno. Terza ipotesi: il Viminale sa che c' è in corso una campagna sotterranea e mirata di disinformazione, e si sta attrezzando. Ma questo si può fare senza grandi annunci, credo.
Dagli Stati Uniti importiamo moniti sul rischio dell' inquinamento del voto per colpa di fake news confezionate dai russi: possono davvero influenzare le scelte degli italiani?
Mi preoccupano di più le scelte dei politici.
Lei ha studiato profondamente il fenomeno delle fake news e ha scritto che è "difficile e pericoloso decidere chi debba diventare arbitro della verità", anche perché su Internet distinguere fra satira, teoremi sulle notizie o anche solo una lettura diversa degli avvenimenti è complesso. A chi spetta, però, vigilare sulla corretta informazione e con quali strumenti?
Ci sono strumenti elementari, come quello di controllare se chi pubblica la notizia ha un nome e cognome reale, se la notizia è riportata da qualche altro sito, se le date corrispondono. Tutto questo è possibile attraverso i motori di ricerca. Internet è un mondo bellissimo, ma insidioso. Le scuole dovrebbero insegnare ai ragazzi, che sono i maggiori fruitori, come ci si orienta, ma ci arriveremo come al solito in ritardo.
Perché si crede che le fake news siano un' esclusiva della Rete?
Perché sul web è più facile e virale: chiunque può raccontare quello che vuole in forma anonima. Il web ha solo fatto esplodere le debolezze di un sistema con poca reputazione, e che quindi non può nemmeno alzare tanto la voce. Le testate e le firme autorevoli, infatti, ne hanno risentito meno e sono diventate anche più ricercate.
Non pensa che i giornali italiani siano impegnati più nella polemica politica a contrastare presunte fake news che a produrre le news ?
È un esercizio facile, molto di moda, non richiede impegno e fa comodo a tutti, tranne ai lettori, o telespettatori, o utenti, che alla fine ingoiano spesso aria fritta
In questi giorni si celebrano il film The Post e gli scoop degli anni 70 del New York Times e del Washington Post , simboli del giornalismo più puro: quello che scrivono è vero. Per i giornali italiani, invece, la percezione è opposta. Di chi è la colpa? E quando i lettori hanno smesso di confidare - nel senso di avere piena fiducia - nei giornali italiani?
Non è una percezione solo italiana. Però non sarei così drastica. I lettori italiani, come quelli di tutto il mondo, hanno le loro abitudini, e credono ai giornali che gli raccontano il mondo come lo vedono loro. Quante volte sentiamo dire "i nostri lettori si attendono che gli diciamo questo o quest' altro?". La distorsione sta proprio qui. E poi c' è un calo generale del senso della reputazione, che di solito dovrebbe fare la differenza.
Una domanda sulla Rai, sul dibattito fra artisti e giornalisti nel servizio pubblico. Uno come Vespa - che col contratto di artista è riuscito a ottenere un compenso oltre il tetto di 240.000 euro - può raccontare la campagna elettorale?
È un' anomalia tutta Rai: se non sei inquadrato in una testata giornalistica (Tg1, Tg2, Tg3, Rainews, e relative rubriche), ma negli spazi delle reti, sei contrattualizzato come autore o conduttore (a meno che tu non sia un giornalista dipendente). In questo modo l' azienda non deve versare i contributi Inpgi, ma all' Enpals (oggi Inps), che sono più bassi. Ho condotto per vent' anni Report e non sono mai stata contrattualizzata come giornalista, pur essendo iscritta all' Ordine, che a sua volta non ha mai fatto nulla per modificare questa anomalia. Ciò detto, tutto il mondo sa che Vespa è un giornalista, quindi il tema è il compenso o l' argomento di cui si occupa?