UNA FAMIGLIA DI M-ERDOGAN - INDAGATO A BOLOGNA PER RICICLAGGIO IL FIGLIO DEL PRESIDENTE TURCO ERDOGAN - I PM IPOTIZZANO CHE IL SUO ARRIVO IN EMILIA ROMAGNA, DOVE STUDIA ALLA “JOHNS HOPKINS”, SIA STATO ORGANIZZATO PER FAR SPARIRE UNA GROSSA SOMMA DI DENARO
Giuseppe Baldessarro per “la Repubblica”
Una parte del tesoro della tangentopoli del Bosforo potrebbero trovarsi in Italia. È questa l’ipotesi su cui lavora la procura di Bologna e per il quale è indagato Bilal Erdogan, figlio del leader turco Recep Tayyip, che si trova in Emilia Romagna dallo scorso autunno, per frequentare un dottorato alla Johns Hopkins University bolognese. Contro di lui i magistrati hanno aperto un fascicolo, affidato al pm Manuela Cavallo, nel quale Bilal è indagato per riciclaggio.
L’iscrizione nel registro degli indagati risale alle scorse settimane ed è la conseguenza di un esposto presentato da Murat Hakan Huzan, noto imprenditore turco e fratello di Cem Uzan, fondatore del partito “Genc Parti” o “Partito dei Giovani” (2 milioni e mezzo di voti nel 2002) e agguerrito oppositore politico di Erdogan, costretto a rifugiarsi in Francia.
Nell’esposto depositato nel settembre scorso a Bologna, il magnate turco (a suo tempo era proprietario di 270 aziende, per un totale di 40mila dipendenti) aveva chiesto ai magistrati italiani di indagare su eventuali somme di denaro portate in Italia da Bilal.
Il figlio di Erdogan vive infatti da diversi mesi con la sua famiglia a Bologna, ufficialmente per completare un dottorato alla Johns Hopkins interrotto nel 2007. Un trasferimento che aveva creato non poche polemiche e che, secondo alcune fonti antigovernative, sarebbe stato organizzato per far sparire una «grossa somma di denaro» nell’ambito di un presunto «progetto di fuga».
Nel 2003 infatti il governo islamista alla guida della Turchia era stato travolto da un’imponente inchiesta per un grosso giro di tangenti. Un’indagine che nel 2003 coinvolse i principali esponenti dell’esecutivo turco, nonché del partito islamico-conservatore Akp. Una bufera che aveva coinvolto anche il premier Erdogan e suo figlio Bilal. Nella denuncia, presentata per conto l’imprenditore esule dall’avvocato Massimiliano Annetta, si ricorda che si tratta di un «affare» da un miliardo di dollari. Soldi che sarebbero svaniti poi nel nulla.
Huzan si ritiene vittima con la propria famiglia di un accanimento politico e giudiziario da parte del presidente turco. Basta ricordare che fino al 2004 era proprietario di numerose società che operavano nel settore energetico, delle costruzioni, delle telecomunicazioni e dell’editoria e che, dopo la sua discesa in campo all’opposizione di Erdogan, le sue aziende furono tutte confiscate, con diverse motivazioni e a seguito di alcune leggi fatte dal governo turco. Nell’esposto, in inglese e in italiano, si parla anche di un’altra vicenda. Bilal Erdogan, a settembre, si sarebbe presentato a Bologna con un folto contingente armato di guardie del corpo, cui non sarebbe stato consentito l’ingresso in Italia da parte delle autorità. In poche ore, tuttavia, sarebbero stati loro conferiti passaporti diplomatici turchi.
A dicembre, qualche giorno dopo la notizia dell’esposto, sul muro della Johns Hopkins erano apparse scritte offensive come “Erdogan terrorista”, così come su altri palazzi della zona universitaria. Sulle frasi, Erdogan aveva presentato una querela, per diffamazione, in quanto alle accuse di Huzan si è sempre detto assolutamente estraneo.