FARE A MENO DEL GAS RUSSO SI PUÒ, MA CI VUOLE TEMPO - IL REPORT DEL COPASIR CON LA ROAD MAP PER NON ESSERE PIÙ DIPENDENTI DA PUTIN: LA PRIMA RISORSA DA PRIVILEGIARE È IL (COSTOSO) GAS NATURALE LIQUEFATTO, MA SERVONO RIGASSIFICATORI. POI, SI PUÒ RADDOPPIARE IL TAP E ENTRO QUATTRO ANNI CI SARÀ IL GASDOTTO “EASTMED” - È FONDAMENTALE NON FARE TROPPO GLI SCHIZZINOSI: POTREMMO AVERE BISOGNO ANCHE DI TURCHIA E IRAN…
-Francesco Bechis per www.formiche.net
Abbandonare il gas russo si può. Ma non sarà facile farlo in tempi rapidi. È il monito che arriva dall’ultima relazione del Copasir, il comitato parlamentare di controllo dell’intelligence, sulla sicurezza energetica italiana alla luce della guerra russa in Ucraina.
La premessa che apre il documento stilato dalla deputata del Movimento Cinque Stelle Federica Dieni e dal senatore della Lega Paolo Arrigoni è netta: “L’affrancamento dalle forniture provenienti dalla Russia e la differenziazione dell’approvvigionamento si sono resi necessari”. La road map per spezzare il giogo energetico di Vladimir Putin però è più lunga del previsto. Per farlo l’Italia deve sostituire un’enorme quantità di gas attualmente importato da Mosca: 30 bcm (miliardi di metri cubi) ogni anno.
La tabella di marcia
Si dovrà procedere per step. A partire dal Gnl (gas naturale liquefatto), la “prima risorsa da privilegiare”, scrive il Copasir. In Italia rappresenta oggi il 13% delle forniture energetiche, entra attraverso i rigassificatori di Panigaglia, Livorno e Cavarzere e arriva soprattutto da Qatar (70%), Algeria (14,5%) e Stati Uniti (8%). Secondo il comitato bipartisan guidato dal senatore di Fdi Adolfo Urso l’Italia deve potenziare le sue capacità ricorrendo alle unità galleggianti di stoccaggio e rigassificazione (Frsu) per portare l’immissione di gas a 24 bcm di gas dai 16 attuali entro due anni.
Per quanto riguarda la rigassificazione onshore, potenziando le centrali di Piombino, Panigaglia e Cavarzere, “si può incrementare di circa 20 bcm la capacità” in un periodo “tra i tre e i quattro anni”. Più in là, “in quattro-cinque anni”, sarà il raddoppio del gas che scorre nel Tap, il gasdotto che porta il metano dall’Azerbaijan in Puglia, a potenziare l’immissione da 10 a 20 bcm, si legge nel rapporto. “Entro quattro anni”, invece, potrebbe concludersi la costruzione del gasdotto Eastmed (che porterebbe il metano del giacimento Leviathan da Israele), spiega il comitato accodandosi a una risoluzione presentata da Lega e Fdi in Parlamento. Insomma, liberarsi dal gas russo non è una chimera ma richiederà tempo.
La nuova mappa geo-energetica: il caso spagnolo
Ma la partita energetica è una partita anzitutto geopolitica. Il comitato di Palazzo San Macuto plaude all’operato del governo Draghi, da due mesi impegnato a stringere accordi con Paesi extra-comunitari per trovare vie alternative al gas di Mosca. In Africa soprattutto: Algeria in primis, dunque Egitto, Congo, Mozambico, Angola, Nigeria. In Asia l’Azerbaijan, in Medio Oriente il Qatar. Ci sono però Paesi più vicini a cui andare a bussare.
Il Copasir accende i riflettori sulla Spagna, che vive un paradosso: vanta un’ottima capacità di rigassificazione ma non ha una rete metanifera efficiente per trasportare il gas in Francia e, dunque, nel resto d’Europa. “La costruzione di un gasdotto che attraverso la Francia e la Spagna consentirebbe all’Italia di incrementare i livelli di gas provenienti dal territorio algerino, accrescendo il proprio raggio di azione nell’area mediterranea e ponendosi quale canale privilegiato di nuove rotte del gas”, scrivono Dieni e Arrigoni. L’Italia può usufruire del gas spagnolo (come Paese consumatore o hub europeo) in due modi: da una parte attraverso il gasdotto da 1200 chilometri Full Midcat tra Spagna e Francia, dall’altra dalla costruzione “in quattro anni” di “una pipeline offshore da Barcellona a Livorno”.
…ma anche Turchia e Iran
Altri due Paesi su cui il governo Draghi dovrebbe puntare le sue fiches sono Iran e Turchia, avvisa il comitato. Ankara “può divenire un grande hub per il gas nel bacino del Mediterraneo” e per questo l’Italia farebbe bene a condividere con Erdogan “una politica energetica fondata su una nuova partnership strategica”. Il ricatto energetico di Putin porta a sdoganare anche l’Iran, con cui l’amministrazione di Joe Biden ha riallacciato i contatti all’indomani della crisi in Est-Europa. La relazione del Copasir lo definisce “un partner di primo piano” con cui l’Italia “ha ottime relazioni commerciali” e un “ulteriore sbocco alternativo per il reperimento del gas in sostituzione di quello russo”.
Ue: allacciare le cinture
La crisi europea del gas, avvisano da San Macuto, è destinata a durare a lungo. Per questo è tempo di prendere precauzioni per far fronte a futuri shock. Alcune devono essere prese direttamente dall’Ue: è “impellente” l’adozione di “un piano di sicurezza energetica europeo” così come l’attivazione a Bruxelles di un piano di “stoccaggio comune”.
L’Ue deve anche intervenire sul sistema dei pagamenti. Dicendo subito un secco no al ricatto di Mosca che chiede il pagamento in rubli delle forniture perché “è impraticabile”. E poi promuovendo “una politica dei prezzi tesa a frenare le speculazioni” che, secondo il Copasir, dovrebbe essere affidata a un’autorità regolatoria europea sulla scia dell’Arera in Italia. Altro intervento necessario sul piano comunitario è il contrasto al “pancaking”, cioè la stratificazione dei costi di trasporto dovuta alle diverse barriere tariffarie che vede nell’Italia “uno dei Paesi maggiormente svantaggiati”.
Da valutare con attenzione la proposta, discussa in queste settimane, di un tetto al prezzo del gas (price cap). In ogni caso da adottare “a livello europeo” perché in caso contrario rischia di dar vita a “dinamiche concorrenziali tra i diversi mercati ed effetti controproducenti per la sicurezza energetica del Paese”.
L’agenda italiana e l’allarme stoccaggio
Tra i più fedeli alleati del ricatto energetico di Putin, accusa il comitato, va annoverata la burocrazia italiana. Per sciogliere il cappio di Mosca bisogna dunque semplificare le norme che regolano il settore energetico e snellire le procedure. Un esempio nella relazione: svincolare il Piano di sviluppo di Terna dalla Valutazione ambientale strategica (Vas) e semplificare le procedure per i sistemi di accumulo per “aumentare così la capacità di stoccaggio”. Il rischio di un inverno al gelo per il 2022-2023 è reale, ammonisce il Copasir.
Per scongiurarlo bisogna aumentare il livello di stoccaggio del gas. In campo deve scendere lo Stato: il rapporto propone di “affidare all’intervento pubblico acquisti di gas destinato agli stoccaggi” e di promuovere politiche di sostegno per le aziende private in “un approccio coordinato a livello dei Paesi Ue nell’ottica della costituzione di una riserva strategica a livello comunitario”.