1. FELTRI: 'GLI EDUCATI INVENTORI DEL VAFFADAY CI METTONO ALLA GOGNA. MA LA 'PATATA BOLLENTE' L'ABBIAMO USATA ANCHE PER RUBY, SOLO CHE ALLORA NESSUNO SI INDIGNÒ'
2. GRILLO CHIAMÒ RITA LEVI MONTALCINI 'VECCHIA PUTTANA', LE CANDIDATE DI RENZI VELINE, DE ROSA (M5S) DISSE CHE LE DEPUTATE PD LAVORAVANO 'PERCHÉ BRAVE A FARE I POMPINI'
3. LA RAGGI SCRIVE A 'LIBERO': 'NON ACCETTATE CHE POSSA ESISTERE UN SINDACO DONNA, VI QUERELO'. RISPOSTA: 'EVIDENTEMENTE COME AVVOCATO NON È MIGLIORE CHE COME SINDACO'
4. UN DEPUTATO PD DEFINÌ L'APPENDINO 'BOCCONIANA COME SARA TOMMASI', LA RUSSA SULLE COLLEGHE E GLI IMMIGRATI: 'A LORO PIACE CHE ARRIVINO I NERI PERCHÉ CE L'HANNO GROSSO', SALVINI SOLIDARIZZA CON RAGGI MA DISSE CHE LA BOLDRINI ERA UNA BAMBOLA GONFIABILE
1.LA LETTERA DI VIRGINIA RAGGI A 'LIBERO'
Steno aveva più stile. E lo stile manca a chi per attaccare ricorre all' insulto volgare. «La patata bollente», titola Libero...
Immagino le ore passate in redazione per produrre questa rara perla di letteratura. Non c' entra il confronto, non c' entrano le idee diverse.
C' è un retro-pensiero che offende non soltanto me ma tante donne e tanti uomini. Voglio soltanto svelare un segreto a questi fini intellettuali: un sindaco può essere anche donna! Nel 2017 c' è chi, sfortunatamente, non riesce ancora ad accettare questa semplice idea.
Deve farsene una ragione.
Non mi sento una vittima. Vittime sono tutte le donne e tutti gli uomini che subiscono, ogni giorno, ogni sorta di violenza che un certo clima e certe parole favoriscono. Ringrazio tutti coloro, donne e uomini, che oggi mi hanno manifestato la loro solidarietà. La strada per la parità è ancora lunga ma abbiamo una lunga resistenza.
Ah, dimenticavo. Quando chiederò il risarcimento per diffamazione - ovviamente, lo farò - aggiungerò anche 1 euro e 50 centesimi che ho speso per comprare per la prima ed ultima volta questo giornale.
VIRGINIA RAGGI
2.RISPOSTA DI 'LIBERO'
Presenti pure la querela per diffamazione. Evidentemente come avvocato non è migliore che come sindaco. «Patata bollente» non è un insulto ma uno scherzo. «Vaffanculo», il grido di battaglia del suo Movimento, quello è un insulto.
Non abbiamo assolutamente nulla contro le sindache donna, qualcuna l' abbiamo anche sostenuta. Dire che la attacchiamo solo in quanto è un sindaco donna, è un' accusa sessista nei nostri confronti. È chiaro che sta utilizzando una finta indignazione per uscire dalle difficoltà in cui si è infilata.
3.PISTOLA FUMANTI - GLI EDUCATI INVENTORI DEL VAFFADAY CI METTONO ALLA GOGNA
Vittorio Feltri per 'Libero Quotidiano'
Il caso del nostro titolo di ieri, Patata bollente, riferito alla vicenda tribolata di Virginia Raggi, è paradigmatico dello strabismo che affligge il mondo politico e quello dei media. Attivisti di partito e cronisti usano due pesi e due misure nel valutare i fatti, anche i più semplici. Ne diamo immediata dimostrazione. Il 15 gennaio 2011 Libero se ne uscì con lo stesso titolo succitato: Patata bollente. Ma nessuno se ne scandalizzò, zero polemiche, zero accuse di sessismo al nostro quotidiano.
Sapete perché, cari lettori? Allora, quel titolo era dedicato (identica posizione in prima pagina, apertura) non certo alla Raggi bensì a Ruby Rubacuori, la minorenne che, stando alle notizie dell' epoca, dilettava le serate di Silvio Berlusconi a Villa San Martino di Arcore. Capito l' antifona? Se ti occupi delle ragazze che allietavano le cene eleganti dell' ex premier puoi tranquillamente scrivere che si trattava di patate bollenti.
Ovvio, di Silvio potevi dire di tutto, e delle sue amiche, idem. Lui era definito da varia stampa nano, caimano eccetera. E loro, le fanciulle, erano impunemente liquidate quali escort e anche peggio. È evidente la malafede. Sei anni orsono non ci fu anima che abbia osato criticare Libero per il medesimo titolo riservato ieri alla sindaca di Roma. Come se Ruby avesse minor dignità umana rispetto alla Virgo potens.
Pubblichiamo la documentazione di quanto abbiamo asserito da cui risulta, incontestabilmente, che i soloni del politicamente corretto cambiano parere sul linguaggio a seconda delle persone oggetto di attenzione. Ruby, dato che stava col Cavaliere, era considerata alla stregua di uno straccio col quale era lecito lustrarsi le scarpe, mentre la Raggi che ha triplicato, per affetto, lo stipendio al suo Romeo, che a sua volta ha regalato a lei, ignara, una polizza da 30 mila euro, non può essere sfiorata nemmeno con una patata né bollente né fredda. Ma vi sembra, questo, un metodo accettabile?
Nel presente numero di Libero spicca una foto ricavata dal sito di Beppe Grillo. Guardatela, rimarrete a bocca aperta davanti a cotanta volgarità.
Accusano noi di sessismo e dimenticano che il Movimento 5 stelle nacque col vaffaday, cioè con l' ideologizzazione del vaffanculo. D' accordo che il culo è neutro, maschile e femminile, però non è più chic della patatina fritta. Perfino Matteo Salvini in questa circostanza ha espresso solidarietà a Virginia. Ne siamo sorpresi. Solidarietà di che? Di casta?
Noi siamo cronisti e raccontiamo quello che vediamo con una scrittura il più colloquiale possibile, e tu Salvini, che pur ci conosci, per fare il figo ti allei coi grillini allo scopo di crocefiggerci come se fossi una qualsiasi Boldrini? Scusa, ma ti senti bene?
Poi ci sono Di Maio e una schiera di pentastellati che ci insultano secondo il loro stile, dimenticandosi di essere essi stessi i teorici del vaffanculo su cui hanno fondato successi elettorali incomprensibili sul piano logico. Non sanno i verbi ma sono verbosi. Non sanno parlare ma straparlano.
Ignorano che i giornali di opinione se non avessero una opinione non avrebbero senso di esistere, e non è obbligatorio che tale opinione coincida con quella di Grillo.
E veniamo all' Ordine dei giornalisti. Mi informano che il presidente nazionale, Iacopino, considera il nostro titolo disgustoso. Gli farei notare che, sei anni fa, era già al vertice della corporazione, ma non si accorse del trattamento che usammo per Ruby, identico a quello usato ora per la Raggi. Il che significa che per lui Virginia è di una razza superiore a quella della marocchina?
Spero di non offendere nessuno se affermo che siamo di fronte a un plotone di esecuzione formato da "pistola fumanti". Gente che spara alla cieca per adeguarsi al conformismo più vieto. Non abbiamo la pretesa che si condividano le nostre idee. Ci accontentiamo di poterle esprimere senza dover affrontare tribunali speciali. Siamo sessisti? Forse. Ma noi lo siamo a parole, e gratis. Altri lo sono in pratica e si fanno triplicare la paga solo perché vogliono bene a chi gliela dà. La paga. E magari non solo quella.
4.SESSISMO, LA PRIMA DI "LIBERO" E LA DOPPIA MORALE DI GRILLO
Francesca Buonfiglioli per www.lettera43.it
«Patata bollente». Certo la prima di Libero su Virginia Raggi, che ha già annunciato di voler chiedere un risarcimento, ha fatto incazzare, indignare, azzuffare sui social. L'ennesimo attacco sessista, ennesimo per l'appunto. Perché putroppo questo genere di uscite è all'ordine del giorno fin dai tempi della nascita della Repubblica. Sui giornali, nelle pubblicità e va da sé in politica, di tutti i colori e le forme. Per stare in tempi recenti, senza scomodare Togliatti e Oscar Luigi Scalfaro, battutista di genere fu senza dubbio alcuno Silvio Berlusconi, con i suoi attacchi da antologia a Rosy Bindi, ma anche con le allusioni da avanspettacolo rivolte a una dipendente della Green Power sul palco di Mirano: «Lei viene? Ma quante volte viene?». E giù applausi.
Che dire poi di Ignazio La Russa, che optò per una contaminazione audace tra razzismo e sessismo? Davanti alle colleghe d'Aula del centrosinistra, mentre era in discussione la Bossi-Fini, se ne uscì con: «A loro piace che arrivino i neri perché ce l'hanno grosso». Insomma, once you try black you'll never go back, caro evidentemente al politico dalla Fiamma nel cuore se non altro per nostalgia cromatica della sua parte politica. In casa Lega non si fanno mancare nulla. Il Capitano Matteo Salvini, euforico, si presentò sul palco di un club di Soncino, vicino Cremona, improvvisando uno spogliarello con una bambola gonfiabile. «C'è la sosia di Boldrini qui», urlò al microfono tra gli applausi dei padani presenti.
«BOCCONIANA COME SARA».
Anche il centrosinistra non è che sia esente da scivoloni sessisti che si acuiscono in campagna elettorale. Antonio Funiciello, braccio destro e portavoce dell'attuale ministro allo Sport Luca Lotti (al tempo sottosegretario alla Presidenza del Consiglio), indirizzò un tweet ben poco democratico a Chiara Appendino, sfidante del compagno Piero Fassino a Torino. «Appendino è bocconiana. Come Sara Tommasi». Arrivarono le scuse, ma il patatrac era fatto. Altro campione piddino è il governatore campano Vincenzo De Luca che definì Raggi una «bambolina imbambolata».
Va poi ricordato il sessismo gestuale del senatore verdiniano e col pedigree craxiano Lucio Barani che, rivolto alla pentastellata Barbara Lezzi, mimò un rapporto orale. «Facevo il gesto del microfono», si difese dopo che Paola Taverna denunciò l'accaduto al presidente Piero Grasso. Vedendo che la storia del microfono non convinceva nemmeno i suoi, Barani cambiò versione: «Dicevo ai grillini di ingoiare i fascicoli». Sforzo che si rivelò comunque inutile.
«QUELLE POM.... DEL PD».
Il sesso orale, la fellatio, sembra un chiodo fisso per chi, per merito o per fortuna, mette piede in una delle due Camere. Ne sa qualcosa Massimo De Rosa, portavoce M5s, che in commissione Giustizia, disse rivolto alle colleghe del Pd: «Voi siete qui solo perché siete brave a fare pompini». L'interessato non si scusò mai, a farlo ci pensò l'allora responsabile comunicazione Nicola Biondo.
Luigi Di Maio, poi, su Facebook annunciò che De Rosa - « accusato di aver rivolto frasi ingiuriose alle deputate Pd, ma prima accerchiato, provocato e apostrofato come "fascista"» e quindi giustificato - aveva rinunciato alla sua immunità parlamentare. De Rosa pare aver imparato la lezione visto che sul suo profilo ha retwittato la fatwa 2.0 di Grillo contro la direzione di Libero. «#Libero, eccola l'informazione italiana! Direttore Responsabile: @psenaldi Direttore Editoriale: @vfeltri Scrivetegli!».
Sarebbe stato apprezzabile che Grillo tre anni fa avesse twittato anche all'indirizzo di De Rosa, tirandogli le orecchie e invitando il suo popolo a indignarsi per quel «siete qui solo perché siete brave a fare pompini». Così non è stato. Come è passata in cavalleria la poco felice uscita di un altro pentastellato, Nicola Morra, che su Maria Elena Boschi twittò: «Con queste copertine, la Boschi sarà ricordata più per le forme o per le riforme?». Beccandosi di tutta risposta del «pipparolo».
Le mele, si sa, non cadono troppo lontane dall'albero. Nel 2012 Grillo se la prese tanto per cambiare con Rosy Bindi, al tempo critica nei confronti dei matrimoni gay. Questo quando ancora il M5s sulle unioni omosex aveva le idee chiare. «La Bindi», scrisse sul Blog, «che problemi di convivenza con il vero amore non ne ha probabilmente mai avuti, ha negato persino la presentazione di un documento sull’unione civile tra gay. Vade retro Satana. Niente sesso, siamo pidimenoellini». Fu sempre il capo politico del M5s, questa volta nel 2014, a paragonare le candidate capolista del Pd alle Europee a «quattro veline». «Sono donne usate a fini di marketing», scrisse sul Blog, «secondo la migliore tradizione berlusconiana: quattro veline e Renzie a fare il Gabibbo. Una presa per il culo, ma tinta di rosa».
Il post sulle veline del Pd sul blog di Beppe Grillo.
E fu sempre Grillo a postare sulla sua pagina Facebook un post, poi rilanciato sulla pagina ufficiale del M5s, in cui chiedeva «Cosa succederebbe se ti trovassi la Boldrini in macchina?», accompagnato da un video amatoriale. L'effetto fu di aizzare i suoi fan-elettori, ma non solo, visto che Boldrini è bersaglio quotidiano anche di leghisti e destrorsi. Lo staff fu costretto a correre ai ripari e cancellare i commenti più pesanti. Inutile cercare il post: tutto cancellato.
Il post di Grillo su Boldrini.
E che dire poi, Beppe, del maledetto «punto G». «Quello che ti dà l'orgasmo nei salotti dei talk show. L'atteso quarto d'ora di celebrità di Andy Warhol» a cui, sempre secondo il comico, aveva ceduto la consigliera bolognese Federica Salsi, rea di aver partecipato a Ballarò. Certo, altri tempi, visto che ora i portavoce pentastellati - dopo casting e training a opera del team Virgulti-Casalino - affollano i salotti tivù rigorosamente senza contradittorio.
E sponsorizzano le loro comparsate coi santini sui social: «Stasera qui, domani sera là, sarò ospite a La7, sarò ospite a pinco pallino». Ah, ci sarebbe anche quel «vecchia puttana» gridato nel 2001 contro Rita Levi Montalcini accusata di aver vinto il Nobel grazie alla spintarella di una ditta farmaceutica. Ma nel lontano 2001 a parlare - e a essere condannato - era solo il comico.