UN FILOSOFO IN PROCURA - CHI È E CHI NON È MICHELE PRESTIPINO, PADRE E ZIO PROFESSORI DI FILOSOFIA, NONNO MAGISTRATO. REFRATTARIO ALLE SCENE TELEVISIVE (PREFERISCE I CONVEGNI) E RISERVATO SULLA VITA PRIVATA: HA 62 ANNI MA SOLO DA POCO HA PARLATO AI COLLEGHI DI COMPAGNA E FIGLIO NATO L'ANNO SCORSO. PRIMO A ENTRARE IN UFFICIO, ULTIMO A USCIRE, BRACCIO DESTRO DI PIGNATONE A REGGIO CALABRIA E A ROMA, COSA CHE GLI HA PORTATO NON POCHE INVIDIE…
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1. IL ROMANO ATIPICO E FILOSOFO MANCATO CHE NON AMA LA TV
Giuseppe Salvaggiulo per “la Stampa”
Spumante nei bicchieri di plastica «e manco 'na pizzetta». Anche nel giorno professionalmente più importante della sua vita, Michele Prestipino si conferma un romano atipico. Emozionato nel brindisi con i colleghi della Procura. Poche chiacchiere, poi di nuovo a lavorare.
Del resto a Roma è nato, cresciuto (nel borghese corso Trieste) e infine ritornato, ma non è e non sarà mai un «magistrato romano». E non solo per le ascendenze messinesi. In realtà è un filosofo mancato e se avesse seguito l' inclinazione liceale oggi non correrebbe dietro a Spada e Casamonica, ma a Kant e Aristotele come il padre Vincenzo, docente di filosofia morale a Macerata.
O a Marx e Lukács come lo zio Giuseppe, che oltre a insegnare filosofia teoretica a Siena era intellettuale gramscianamente organico, dopo aver animato un movimento sindacale nella Libia post coloniale dove nel 1932 il padre magistrato (ah, ecco) era stato inviato per «negoziare» il trasferimento della popolazione della Cirenaica e far posto agli italiani inviati dal regime fascista. Sarà l' impronta familiare ad averlo conservato studioso, anche dopo la precoce fine della carriera universitaria come cultore di diritto civile. Il metodo analitico nella lettura delle carte - anche se intercettazioni e interrogatori - non l' ha mai perso, come il gusto della scrittura. Degli atti giudiziari, degli articoli di dottrina, dei libri.
Esordi giudiziari ad Avezzano: pretura circondariale, poi tribunale. Sua una sentenza pilota in materia di rifiuti, ammettendo le associazioni ambientaliste come parti civili. E proprio in Abruzzo il primo incrocio con le mafie, da giudice di sorveglianza che esamina le pratiche dei boss detenuti. Nel 1996 il trasferimento a Palermo, le indagini su mafia, appalti e banche. «Raro acume investigativo», certificherà nel 2004 il procuratore Pietro Grasso. Nasce il sodalizio con Giuseppe Pignatone, che in quel palazzo razionalista così tragicamente famoso era entrato vent' anni prima.
Uno figlio di un cattolico e nipote di un comunista che il comitato centrale mandava da Mosca nella minuscola Capizzi, dove «c' erano i voti ma non una sola persona che avesse finito le elementari» e potesse fare il sindaco. L' altro figlio di un democristiano teorico del milazzismo, due volte deputato e presidente di enti pubblici. «Se Pignatone è metodico, Prestipino è frenetico, se l' uno sembra sornione, l' altro appare impetuoso, ma ho scoperto che entrambi nutrono passione smodata per la parola», scrive Gaetano Savatteri nella prefazione del loro libro «Contagio» (Laterza).
Il resto della simbiosi è storia nota: Palermo, Reggio Calabria, Roma. Con lo stesso metodo investigativo nei diversi contesti: composizione dei puzzle criminali e cultura della prova, da solidificare prima del processo.
Non tutto è stato facile. A Roma la nomea di «cocco» di Pignatone aveva procurato inevitabili gelosie e pregiudizi. Superati quando s' è visto che Prestipino non era arrivato per godersi la dolce vita, ma per sgobbare. Nelle più complesse inchieste antimafia come nella minutaglia degli «affari semplici», un inferno da 140 mila fascicoli l' anno. Anche per questo, ieri in Procura, i sorrisi (e qualche lacrima) non erano solo dei pm, ma anche di segretarie e cancellieri. Primo a entrare e ultimo a uscire dall' ufficio, anche come capo reggente dopo l' addio di Pignatone. Mai sentito dire «ora non posso, passa domani» a un sostituto che voleva risolvere un problema.
Piuttosto «aspettami dieci minuti e ne parliamo». Refrattario alle scene televisive (preferisce i convegni) e riservato sulla vita privata (solo recentemente ha parlato ai colleghi di compagna e figlio nato l' anno scorso), non è di quelli che a pranzo se ne sta in ufficio da solo. Capita di vederlo arrivare al baretto di piazzale Clodio e aggiungersi alla tavolata dei pm, se c' è un posto libero. Non cambierà, anche ora che guida 100 magistrati nel posto che, leggenda ma non troppo, conta come un paio di ministeri. Il migliore augurio che gli si può fare è il titolo dell' ultimo libro dello zio filosofo: diritti e dignità.
2. DOPO LO SCANDALO, IL CSM DECIDE DI NON INVERTIRE LA ROTTA ALLA PROCURA DI ROMA
Giacomo Amadori per “la Verità”
L' inchiesta di Perugia sulla presunta corruzione del pm Luca Palamara e le relative intercettazioni sul mercato delle nomine al Csm non hanno cambiato le cattive le abitudini. Dopo nove mesi, lo scacchiere della magistratura italiana è ancora un campo di battaglia, dove le decisioni si prendono a colpi di maggioranza, anche quelle più importanti, come la scelta del procuratore di Roma, una poltrona che vale più di un ministero.
Ieri il plenum del Consiglio superiore della magistratura ha nominato il nuovo capo degli uffici inquirenti capitolini al ballottaggio e qui l' ha spuntata Michele Prestipino Giarritta per 14 voti a 8, dopo che nella prima tornata i consiglieri si erano divisi su tre diversi candidati. Area, il cartello delle sinistre, e una parte di Autonomia e indipendenza hanno votato Prestipino; la corrente centrista di Unicost in prima battuta ha puntato su Giuseppe Creazzo (appoggiato anche da due dissidenti di Ai) e poi su Prestipino; infine i conservatori di Magistratura indipendente hanno sostenuto il loro campione Franco Lo Voi.
Pure i laici si sono spaccati: due dei tre 5 stelle hanno sostenuto Prestipino, il terzo ha scelto prima Creazzo e poi Lo Voi; nome, quest' ultimo, che ha convinto anche i due consiglieri di Forza Italia e un leghista, mentre l' altro si è astenuto.
Il vincitore della sfibrante disfida ha 62 anni, è nato a Roma da genitori siciliani ed è entrato in magistratura nel 1984, con primo incarico in Abruzzo e una carriera n gran parte spesa nella lotta alla criminalità organizzata. Nel 2012 è diventato procuratore aggiunto della Capitale e dal maggio scorso era procuratore facente funzioni.
È l' erede perfetto di Giuseppe Pignatone, che tanti orfani ha lasciato nella Procura di Roma. Infatti Prestipino è stato vice di Pignatone a Roma e a Reggio Calabria, oltre che suo stretto collaboratore a Palermo. Un sodalizio di lunga data a cui vengono attribuiti successi come la cattura del boss Bernardo Provenzano, l' inchiesta Mafia capitale (anche se le accuse di mafiosità sono cadute in Cassazione) e il rinvio a giudizio di Gianfranco Fini per la vicenda della casa di Montecarlo.
La nomina di Prestipino rappresenta una «scelta di continuità», auspicata da molti, con la gestione precedente, nonostante i maneggi dei renziani Luca Lotti e Cosimo Ferri, i quali, con l' appoggio di Palamara, in riunioni carbonare nel maggio scorso avevano provato a tagliare il cordone ombelicale con Pignatone, candidando «a sua insaputa» il pg di Firenze Marcello Viola, il quale avrebbe dovuto segnare una cesura con il metodo Pignatone, inaugurato nel 2012 e che adesso, con Prestipino, potrebbe perpetuarsi sino al 2028.
A infastidire il Giglio magico era stata soprattutto la gestione dell' inchiesta Consip. Quando da Napoli era approdata a Roma, a voler credere alle parole del Palamara intercettato, ad alcuni indagati eccellenti sarebbero arrivati segnali rassicuranti o forse vennero fraintesi gesti di cortesia istituzionale. Quel che è certo è che la Procura guidata da Prestipino, come prima prova del fuoco, dovrà esprimersi entro poche settimane su un' eventuale richiesta di rinvio a giudizio, tra gli altri, di Lotti per rivelazione di segreto, di Tiziano Renzi per traffico di influenze e di Denis Verdini per turbativa d' asta e concussione, onde evitare il rischio tangibile di vederli mandare alla sbarra direttamente dal gip Gaspare Sturzo che già due volte ha respinto la richiesta d' archiviazione per l' ex ministro e per il babbo.
Dentro al Giglio magico o almeno tra gli avvocati di riferimento, dopo la bocciatura di Viola, c' era chi auspicava che a vincere fosse Giuseppe Creazzo, attuale procuratore di Firenze. «Promoveatur ut amoveatur», suggerivano i latini quando c' era da rendere innocuo un personaggio scomodo.
A maggio le microspie degli inquirenti perugini avevano rivelato che i renziani puntavano ad allontanarlo da Firenze, addossandogli la colpa di aver fatto arrestare i genitori dell' ex premier. Ma ieri la speranza di portare a casa almeno questo magro risultato è tramontata già alla prima votazione, quando Prestipino ha totalizzato 10 voti, il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi 7 e Creazzo solo 6 (quelli della sua corrente Unicost, di due consiglieri di Ai e di un laico pentastellato). E per questo rimarrà ancora in riva all' Arno.
La vittoria del delfino di Pignatone è stato un brutto colpo anche per Sebastiano Ardita e Nino Di Matteo di Ai che, da ex colleghi di Prestipino e Lo Voi, avevano fatto di tutto per far prevalere Creazzo. I due paladini dell' Antimafia più ortodossa, quella dei Falcone e dei Borsellino, ma anche dei Caselli e degli Ingroia, si sono astenuti quando hanno dovuto scegliere tra due candidati che vedono come fumo negli occhi, anche per l' aver condiviso con loro alcuni procedimenti, come quello contro l' ex governatore della Sicilia Totò Cuffaro.
La nomina di Prestipino susciterà mal di pancia anche tra le toghe considerate non in linea con il nuovo-vecchio corso, come i pm di Magistratura indipendente, passati in pochi mesi dall' euforia all' irrilevanza, dalla quasi nomina di Viola (di Mi) alla sconfitta di Lo Voi.
La conferma di Prestipino al vertice della Procura fa tirare un sospiro di sollievo a gran parte dei suoi aggiunti, che, dopo le fughe di notizie sulle mosse dei presunti complottardi, si sentivano in un fortino sotto assedio.
I veri vincitori sono, però, le toghe rosé di Area, che dopo la nomina del procuratore generale presso la Cassazione Giovanni Salvi (membro di diritto del Csm), di due nuovi aggiunti romani e del presidente dell' Associazione nazionale magistrati Luca Poniz, porta a casa un altro importantissimo risultato. Prestipino, nonostante non sia iscritto a nessuna corrente, era il loro candidato, sostenuto con convinzione in tutte le votazioni al plenum. Festeggia a metà Piercamillo Davigo che è stato il relatore della proposta Prestipino, ma ha visto frantumarsi la sua creatura: solo due dei quattro consiglieri eletti in Ai hanno seguito la sua indicazione di voto.