LA FINE INGLORIOSA DEL SENATÙR: FISCHIATO DAI LEGHISTI! - AL CONGRESSO DELLA LEGA A PARMA, BOSSI INCASSA LA CONTESTAZIONE DAL PUBBLICO CHE APPLAUDE ALLA SVOLTA NAZIONAL-LEPENISTA DI SALVINI - BOSSI SI VENDICA: “IO STO CON LA LEGA, NON CON SALVINI. I SEGRETARI VANNO E VENGONO. NON HO MAI CAPITO QUESTO ALLARGARSI AL SUD DIMENTICANDO LE NOSTRE ORIGINI” - VIDEO
1 - CARROCCIO, SVOLTA NAZIONALE E LA PLATEA FISCHIA BOSSI
Matteo Pucciarelli per “la Repubblica”
A un certo punto deve intervenire il vicesegretario Giancarlo Giorgetti per fermare il parricidio in diretta: dal palco del congresso della Lega alla fiera di Parma sta parlando Umberto Bossi, un gruppo di delegati rumoreggia, urla «Salvini, Salvini» e tira su i cartelli con scritto "Salvini premier". Qualcun altro lo fischia impietoso. «Rispetto! Portate rispetto al nostro fondatore», intima Giorgetti.
È la certificazione finale della sconfitta per il Senatùr, ormai non solo in disaccordo con il grosso del partito ma soprattutto mal sopportato dalla base. Dopo però è lo stesso rieletto segretario federale a riconoscere a Bossi - formalmente ancora presidente del partito - la facoltà presente e futura di continuare a cannoneggiare contro il quartier generale: «Ero un giovane dirigente a Milano quando Bossi mi chiamava a casa alle due di notte per dirmi che avevo fatto una cavolata. Può farlo anche adesso, io metto in saccoccia e vado avanti. Ma lo accetto solo da lui, non da altri».
Quella che secondo Bossi è la "cavolata", cioè la completa trasformazione della Lega in partito di ispirazione nazionalista, rimane lì sul tavolo, orizzonte ormai non negoziabile: «Ovunque ci sarà una ingiustizia, lì ci saremo noi. Su tutto il territorio nazionale», ribadisce Salvini. Ringrazia i delegati arrivati da Sicilia, Calabria, Puglia: «Venuti qui coi propri soldi, mettendoci il doppio, il triplo del tempo che ci abbiamo messo noi».
L' ambizione di Salvini, la cui investitura è stata ieri confermata all' unanimità, è del resto nota: fare il candidato premier del centrodestra, e per quello serve saper parlare a tutto quanto lo stivale. «A me non interessa condurre una Lega forte all'opposizione ma una Lega forte al governo», ragiona. Ma per farlo occorrerà giocoforza trovare un accordo con Silvio Berlusconi, con il quale i rapporti rimangono conflittuali, eppure senza arrivare mai al punto di rottura.
«Serve una legge elettorale maggioritaria per creare una alleanza », specifica Salvini, e di sfondo aleggia l' accusa di sempre al Cavaliere, quella di giocare su due tavoli: a destra e con il Pd. «Ho visto che ora si lancia sull'animalismo. Mio figlio ieri è andato al canile, ha portato a casa un cane e lo ha salvato, ma non ha mica fondato un partito», lo rimbecca. La divergenza tra i due, storia nota e anche stucchevole, il governatore lombardo Roberto Maroni la spiega con un' altra battuta ancora: «Berlusconi si muove con un obiettivo temporale di cinque mesi, Salvini di cinque anni».
Noncurante della contraddizione ideologica di fondo, la Lega continuerà allo stesso tempo ad agitare la bandiera dell'autonomia e del federalismo. Il 22 ottobre in Lombardia e Veneto, su spinta di Maroni e Luca Zaia, si voteranno dei referendum consultivi per chiedere, in sostanza, di trattenere più tasse dei cittadini residenti nelle due regioni sul territorio stesso; e quindi giocoforza mandarne di meno a Roma.
«Ma è comunque nel nostro interesse dar fuoco alle ceneri anche al Sud», è il capolavoro di equilibrismo del presidente veneto, sempre attento a non pestare i piedi a nessuno. Il trucco che tiene insieme tutto - il Carroccio padano e quello nazionale, la Lega di governo e la Lega di lotta - è quello di sorvolare: «Non dimentichiamo i sogni e le utopie, ma occorre anche il principio di realtà», dice Giorgetti, uomo di compensazione fra le varie anime sin dai tempi di Bossi. Rimarrà una piccola minoranza a chiedere un po' di coerenza, capitanata dallo sconfitto alle primarie, Fava: «Rimango secessionista e indipendentista, per una Padania libera».
2 - BOSSI: RESTO, QUESTA E’ CASA MIA
Umberto Bossi è stanco ma soprattutto «annoiato», dice lui stesso a metà mattinata. Si aggira con l'immancabile sigaro, imperturbabile. Un vecchio militante lo saluta con impeto: «La Lega sta morendo Umberto!» gli urla, per poco però non si azzuffa con un salviniano lì accanto: vengono portati via dal servizio d' ordine.
«Siamo un partito serio, non possiamo dare questi spettacoli », cercano di calmarli entrambi. Un'ora dopo c'è stato l' intervento del Senatur, è durato meno dei dieci minuti previsti, lui ha salutato la platea con un «arrivederci » malinconico: «La taglio corto, non voglio aizzare gli animi».
Poi ha ascoltato l'appello di Roberto Maroni («Umberto rimani, la Lega è immortale»); ha visto il video commemorativo per la rielezione di Matteo Salvini dove nei primi minuti c' è proprio lui, il fondatore del Carroccio nei suoi anni migliori, quando ben prima dell' avvento della moneta unica profetizzava il difficile rapporto con l'Europa per un' economia come quella italiana; infine ha ascoltato la relazione finale del segretario federale: le distanze tra i due restano incolmabili.
Mentre parlava qualcuno l'ha contestata, è dovuto intervenire il vicesegretario Giancarlo Giorgetti per farla continuare, ci è rimasto male?
«Era una minoranza un po' rumorosa, ma fa parte del gioco politico avere questo tipo di reazioni in un partito come il nostro, è il bello del confronto. Non sono stupito, capita».
Rimarrà nella Lega?
«Questa è casa mia, l' ho costruita io, l' ho fatta io, ho dato la vita per un sogno. Ho il diritto di esprimere le mie idee, di fare delle valutazioni politiche, nel rispetto di tutti. Sono l' unico che dice quello che pensa, altri per convenienza preferiscono restare in silenzio e non parlano mai, non si espongono ».
Quindi non se ne va?
«No, no. Ho sempre dato battaglia nella mia vita, continuo a farlo».
Ma sosterrà comunque il segretario federale?
«Io sto con la Lega, non con Salvini. I segretari vanno e vengono. Il punto è che non mi riconosco in questa Lega, non ho mai capito questo volersi allargare al Sud dimenticando le nostre origini, noi che eravamo contro il centralismo e contro Roma. Quanto ci costano quei voti che vogliamo conquistare nel meridione? Il nostro popolo di riferimento poi si confonde. Il Nord ora non può essere di aiuto al Sud, non ci sono le condizioni, migliaia di aziende chiudono ogni anno. Non possiamo insegnare agli altri popoli ad autodeterminarsi se non lo sappiamo fare prima noi».
Salvini ha preso oltre l'80 per cento alle primarie però, la sua linea è accettata da buona parte del Carroccio.
«Sì ma c' è stata una defezione di massa, quasi la metà delle persone, dei militanti, non è andata a votare. I numeri hanno la testa dura. La mia domanda rimane: qual è il programma? Non puoi mettere insieme tutto e il contrario di tutto, alla fine devi decidere per chi farai gli interessi, o per la Padania oppure per Roma».
Anche lei in passato provò a fare una Lega del sud, o no?
«Non andò bene infatti».