ALLA FINE IL PASSO INDIETRO LO FA ISRAELE – DOPO LE POLEMICHE PER LA PRESENZA DELLO STATO EBRAICO ALLA BIENNALE DI VENEZIA, I CURATORI ANNUNCIANO CHE IL PADIGLIONE RIMARRÀ CHIUSO FINO A CHE NON “VERRÀ RAGGIUNTO UN ACCORDO DI CESSATE IL FUOCO E DI RILASCIO DEGLI OSTAGGI” – LE TRE OPERE DELL’ARTISTA RUTH PATIR, CHE COMPONGONO L’ESPOSIZIONE “(M)OTHERLAND”, SARANNO COMUNQUE VISIBILI ATTRAVERSO LE VETRATE…
-Estratto dell’articolo di Nello Del Gatto per www.lastampa.it
Israele ha deciso di tenere chiuso il suo padiglione alla Biennale di Venezia. L’annuncio è stato dato poco fa quando era prevista la preapertura per la stampa della kermesse internazionale.
«L’artista e i curatori del padiglione israeliano apriranno la mostra quando verrà raggiunto un accordo di cessate il fuoco e di rilascio degli ostaggi», è scritto in un cartello dinanzi all’ingresso della mostra del paese ebraico. Le tre opere di video arte dell'artista Ruth Patir che compongono l'esposizione "(M)otherland", saranno comunque presentate nel padiglione, e i passanti potranno vederle attraverso le sue vetrate.
«Non mi piace la cosa» ha detto l’artista Patir, «ma credo sia importante». Come scrive Haaretz, le curatrici Tamar Margalit e Mira Lapidot, che hanno deciso per la chiusura, hanno spiegato i due motivi che hanno portato alla decisione di non aprire il padiglione: «L'arte ha bisogno di un cuore aperto, cosa che in questo momento non esiste, quindi è meglio restare chiusi. Ma soprattutto, come esseri umani, donne e cittadini, non possiamo essere qui quando non cambia nulla nella realtà degli ostaggi. […] Apriremo il padiglione quando verrà raggiunto un accordo sugli ostaggi e un cessate il fuoco, e speriamo che ciò accada durante i sette mesi della Biennale».
La presenza di Israele alla Biennale, che aprirà ufficialmente sabato, aveva scatenato forti proteste da parte di molti, che ne chiedevano l'allontanamento per i fatti di Gaza, nonostante sia Ruth Patir che le curatrici si siano già espresse a favore di un cessate il fuoco nella guerra.
A febbraio, molti artisti firmarono una lettera aperta chiedendo alla Biennale di cancellare la partecipazione israeliana, scrivendo che «la Biennale sta proponendo uno stato di apartheid genocida». Ma la partecipazione israeliana alla kermesse è stata ribadita all’ora dal ministro italiano della cultura Sangiuliano. Proteste contro Israele rispetto a come sta gestendo la guerra a Gaza, ci sono già state agli Oscar, come ai Grammy Awards, all'Eurovision Song Contest come in altre manifestazioni internazionali.
La scelta di chiudere, lasciando però la possibilità di vedere l’opera di Patir dalle vetrate, riflette anche preoccupazioni di sicurezza, visto che alla stessa Biennale nel 1982, dopo l’invasione israeliana del Libano, fu fatta esplodere una bomba dinanzi al padiglione israeliano, mentre, come ricorda il New York Times, l’area di Israele alla Peggy Guggenheim Collection nel 2015 fu occupata da attivisti pro-Palestina.
La preoccupazione è che, dopo le polemiche che hanno accompagnato la presenza israeliana a Venezia, gli appelli al boicottaggio del paese ebraico e le manifestazioni in Italia, il padiglione possa essere preso di mira. Il governo israeliano, non è stato informato in anticipo della scelta delle curatrici di chiudere.