FIUMI DI PORPORA: CON LA MORTE DI RATZINGER, È SALTATO IL TAPPO CHE TENEVA BUONI I CARDINALI CONSERVATORI! – LE PAROLE DURISSIME CONTRO BERGOGLIO DI PADRE GEORG SUONANO COME UNA CHIAMATA ALLE ARMI – “LA STAMPA”: “LA SENSAZIONE È CHE LA GALASSIA TRADIZIONALISTA SEMPRE PRONTA A SCREDITARE IL PAPATO DI FRANCESCO ORA SIA IN ‘PERICOLOSO FERMENTO’, E STIA SCHIERANDO LE FORZE, DOPO CHE MOLTE VOLTE È STATA FRENATA DALLA SOLA PRESENZA DI BENEDETTO XVI, RITENUTO UN CONSERVATORE MA CHE MAI SI SAREBBE PRONUNCIATO O AVREBBE TRAMATO CONTRO IL SUO SUCCESSORE. NEPPURE QUANDO NON ERA D’ACCORDO CON LUI…”
-Domenico Agasso per www.lastampa.it
Monsignor Gaenswein si auto-definisce un «prefetto dimezzato», usando l’immagine dal titolo del libro di Italo Calvino. «Restai scioccato e senza parole», svela raccontando il momento in cui Francesco lo ha allontanato, «sospeso», nel gennaio 2020. Piazza San Pietro non si è ancora svuotata dei fedeli che hanno partecipato ai funerali di Benedetto XVI, quando l’aria nei Sacri Palazzi vaticani diventa pesante. E avvelenata.
La morte di Joseph Ratzinger e lo sfogo di padre Georg contro Bergoglio possono definitivamente rompere gli argini che in questi dieci anni di coabitazione dei «due Papi» hanno contenuto le offensive degli oppositori al pontificato argentino. Le stoccate contro Francesco sono scritte nero su bianco nel libro «Nient’altro che la verità», realizzato con il giornalista Saverio Gaeta (Piemme).
Per molti prelati è un’«evidente dichiarazione dello schieramento di cui farà parte Gaenswein, che ora guarda al suo futuro e sa che difficilmente potrà tornare in Curia. Da oggi in avanti potrà manifestare la sua ostilità a Francesco senza più mettere in imbarazzo Ratzinger», afferma con amarezza un monsignore.
C’è atmosfera di resa dei conti. Aspra. La sensazione è che la galassia tradizionalista sempre pronta a screditare il papato di Francesco ora sia in «pericoloso fermento», e stia schierando le forze, dopo che molte volte è stata frenata dalla sola presenza di Benedetto XVI, ritenuto un conservatore ma che mai si sarebbe pronunciato o avrebbe tramato contro il suo successore. Neppure quando non era d’accordo con lui, come nel caso della stretta sulla messa in latino: altra rivelazione incendiaria di Ganswein - «ha spezzato il cuore di Papa Benedetto» - emersa la vigilia delle esequie.
«Ma il rischio è che la tensione non si limiti al caso singolo, bensì che sia il grimaldello per riaccendere le dispute nella Chiesa tra i “bergogliani” e coloro che vedevano in Benedetto XVI il loro punto di riferimento e ispiratore». Adesso non c’è più, e si prevede che gli avversari di Bergoglio si riorganizzino «per individuare un nuovo leader con atteggiamenti conflittuali». Con una strategia che appare «chiara: screditare Francesco, speculare sulle sue condizioni di salute, criticarlo da più fronti e su più argomenti - liturgia, apertura alla comunione ai divorziati risposati, eccessiva ventata di novità - per accelerare l’arrivo a un nuovo conclave. In cui giocare un ruolo determinante». In alcuni circoli tradizionalisti si fa già il toto-nomi per il successore, e si sente sempre più spesso pronunciare la parola «conclave, quasi a invocarla».
Gli emisferi più estremi del recinto cattolico sembra stiano rinfocolando le contrapposizioni, «i malumori sopiti potranno essere rilanciati, e se il clima si infiammerà potrà davvero lacerare la Chiesa», temono molti presuli.
Uno dei temi che potranno provocare uno scontro infuocato è la nomina del nuovo prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede: l’incarico del cardinale Luis Francisco Ladaria Ferrer è scaduto, e si attende la decisione del Papa.
Se opterà per un progressista saranno fuoco e fiamme. E instabilità, confusione, spinte centrifughe, temute per il Vaticano e per la Chiesa universale. C’è chi parla di spettri di «scismi» che aleggerebbero. A destra negli Stati Uniti, epicentro della contestazione della sensibilità troppo ecologista e «pauperista» di Bergoglio: a novembre i vescovi hanno eletto nuovo presidente monsignor Timothy P. Broglio, considerato distante da Francesco. A sinistra in Germania, dove il sinodo ha avviato una «fuga aperturista in avanti» di una parte della Chiesa europea sui temi sensibili(ssimi): benedizione delle coppie gay, abolizione del celibato obbligatorio dei preti, sacerdozio femminile, comunione per i divorziati.
Ma in questo momento si teme di più la frangia «sovranista». Tra i prelati capofila c’è monsignor Carlo Maria Viganò, che nel 2018 chiese le dimissioni del Papa. Il cardinale Raymond Leo Burke, un tempo legato a Steve Bannon (ora non più). E il cardinale Zen Ze-kiun, duro antagonista dell'accordo del Vaticano con la Cina.
Poi, chi condivide poco o nulla del magistero di Francesco è il cardinale guineano Robert Sarah. Così come il porporato tedesco Walter Brandmüller, quasi sempre apertamente contrario alla linea bergogliana. Solo un gradino meno drastico è un altro cardinale tedesco, Gerhard Ludwig Müller, allievo di Benedetto XVI e suo successore alla guida dell’ex Sant’Uffizio.
Tra gli ispiratori dell’emisfero conservatore ci sono anche Martin Mosebach, scrittore tedesco, e Rémi Brague, filosofo francese.
Nel frattempo, il Papa lavora per il Sinodo sulla sinodalità che si riunirà a ottobre, ma per cui appositamente ha creato un secondo appuntamento nel 2024: «Con ogni probabilità confidando che si distendano gli animi», dice un vescovo.
Quell’Assise è la grande sfida di questa nuova fase del pontificato, iniziata con le esequie di Benedetto XVI: Francesco vuole rendere la Chiesa più pronta a dare responsabilità ai laici e alle donne, a dialogare con il mondo e la contemporaneità, senza erigere più muri ideologici, ma neanche con fughe in avanti non compatibili con la dottrina.
Il Sinodo è fumo negli occhi per gli ultra-conservatori, e dunque un altro potenziale terreno di contrasti durissimi nelle Sacre Stanze.