FOLLIE TEDESCHE – LA BUNDESBANK, CUSTODE DELLA LOTTA ALL’INFLAZIONE, CHIEDE AUMENTI SALARIALI DEL 3% E I MANAGER Sì INCAZZANO – DURE CRITICHE ANCHE DAL “FINANCIAL TIMES”
Giovanni Stringa per “Il Corriere della Sera”
Chi avrebbe mai potuto immaginare che la Bundesbank — tempio del rigore finanziario tedesco — avrebbe catapultato su di sé, nello spazio di un solo giorno, le critiche dell’83% dei manager «made in Germany», la riprovazione del quotidiano liberista «Financial Times» e gli applausi francesi del presidente François Hollande? È tutto vero, è tutto successo ieri. Il motivo? L’inattesa presa di posizione della banca centrale tedesca — qualche giorno fa — a favore di un aumento del 3% dei salari da Amburgo a Monaco, vale a dire ben sopra l’inflazione.
Dopo la sorpresa arrivata dal tradizionale baluardo anti-inflazione, ieri i manager tedeschi hanno fatto sapere — in massa — quanto sono contrari. Lo «Handelsbaltt», il quotidiano economico del Paese, ha pubblicato un inequivocabile sondaggio dell’istituto Forsa. Secondo il rilevamento, l’83% dei manager ha accolto con stupore e dissenso la posizione della Bundesbank, avvalorata direttamente dallo stesso presidente Jens Weidmann, vista la buona salute dell’economia tedesca. E ancora: il 62% pensa che un aumento «non sia adeguato in questo momento»; e oltre la metà si è detta preoccupata «dalle grandi difficoltà» che produrrebbe uno scenario del genere.
Secondo fronte: il quotidiano finanziario britannico. Senza mezzi termini, in un commento sul «Financial Times» si legge che «l’invito della Bundesbank per salari più alti è un segno di disperazione e un segnale che la banca centrale tedesca non vuole affrontare il problema sottostante: una caduta della domanda causata dalla crisi finanziaria, dall’austerity eccessiva e da ripetuti errori di politica monetaria».
Terzo versante: l’inatteso alleato d’oltre Reno. Il presidente socialista francese François Hollande, in un’intervista a «Le Monde», parlando di deflazione ha spiegato: «La Bundesbank è consapevole del problema, come mostra il suo auspicio di veder aumentare i salari del 3% in Germania».
Ma è l’attacco d’oltre Manica a risuonare di più tra i confini dell’Eurozona. «Quello che non ha funzionato - continua il quotidiano britannico - è che quasi tutti a Francoforte hanno sottostimato la persistenza della bassa inflazione». Oggi i prezzi crescono a tassi «zero virgola», da prefisso telefonico, contro quel 2% a cui fanno riferimento gli obiettivi della Banca centrale europea. L’invito da Londra — più espansione monetaria, meno vincoli fiscali e «fiscal compact» — punta anche al motivo del contendere, le buste paga dei lavoratori, sostenendo che «la moderazione salariale sia una peculiarità del sistema tedesco, non un microbo».
Nei giorni scorsi, poi, la Bundesbank ha collezionato altri, a loro modo inattesi, avversari e alleati. I primi: le associazioni datoriali, che hanno criticato le prese di posizione di Francoforte, giudicandole un tentativo di interferenza. I secondi: gli operai nelle loro bianche casette monofamiliari, dalla Ruhr industriale alla Baviera tecnologica, stanno pian piano incamerando aumenti mai visti negli ultimi anni. Come il «più 4%» nell’industria dell’acciaio.
Ma non ci sono solo i salari a fare discutere, intorno alla Bundesbank. Nei giorni scorsi è saltata, almeno per il momento, una nomina al consiglio della banca centrale. Lui si chiama Johannes Beermann, è un politico e un giurista, ed è stato candidato dal Land della Sassonia. Ma non ce l’avrebbe fatta, dopo uno scontro tra la sua Cdu e l’altro grande partito, la Spd.
Tornando al capitolo degli aumenti di stipendio, se il plauso operaio è comprensibile, continua a colpire il confronto tra la Francoforte finanziaria e il Paese degli industriali. Per il secondo la politica dei salari bassi è stata un elemento fondamentale del vantaggio competitivo della Germania negli ultimi anni.
Stando alla banca centrale, invece, le ottime prestazioni del mercato del lavoro - in alcune regioni tedesche siamo in zona di piena occupazione - rendono ora possibile un sostanzioso aumento degli stipendi.
In Italia la situazione è purtroppo differente. Ma se la Bundesbank, membro di peso del consiglio della Banca centrale europea, ha virato in direzione inflattiva, allora qualcosa può cambiare in tutta Europa.