FORSE SALVINI HA TROVATO IL MODO DI DISFARSI DI GIORGETTI – TRA I DUE CONTENDENTI PER LA CORSA IN LOMBARDIA, ATTILIO FONTANA E LETIZIA MORATTI, SI POTREBBE INSERIRE GIANCARLO GIORGETTI, IL “DON ABBONDIO” LEGHISTA INCAPACE DI CONTRASTARE IL “CAPITONE” ED EVITARE LA CADUTA DEL GOVERNO DRAGHI – PUNTARE SUL MINISTRO PER IL PIRELLONE PERMETTEREBBE AL LEADER DELLA LEGA DI ALLONTANARE UN “COLONNELLO” CHE ORMAI MALSOPPORTA...
-Alberto Giannoni per “il Giornale”
Grandi manovre attorno a Palazzo Lombardia, ma prospettive diverse nei due schieramenti. A 8 mesi dalle Regionali, la confusione in queste ore è trasversale, ma se da un lato si segnalano tensioni derivanti dal dualismo innescato dalle ambizioni della vicepresidente della Regione Letizia Moratti, nell'altro campo regna l'incertezza più totale.
Il centrosinistra è a dir poco in alto mare. Al momento non ha un candidato e - anzi - non si sa neanche se esista, né quale perimetro abbia. Non si sa se comprenderà anche i 5 Stelle oppure no, né quale rapporto avrà con i «centristi», sempre più intraprendenti. Il centrodestra, invece - è vero - in questi ultimi due giorni ha attirato su di sé tutte le attenzioni, prima con un mini rimpasto poi con tensioni e dualismi interni.
Ma un centrodestra c'è, questo è sicuro, e ora potrebbe avere l'imbarazzo della scelta, se è vero che insieme ai due attuali contendenti (Attilio Fontana e Letizia Moratti) pare consolidarsi anche la clamorosa ipotesi di una discesa in campo di Giancarlo Giorgetti, eminenza grigia leghista e ministro dello Sviluppo economico.
La mossa avrebbe più di un senso. Placherebbe le mire della vicepresidente, intanto, e certo non apparirebbe come un'umiliazione per Fontana, che con Giorgetti ha un rapporto di stima ricambiata. Avrebbe un senso per il partito, perché servirebbe a riannodare i fili dell'antica battaglia autonomista, avrebbe un senso per Matteo Salvini, che porrebbe fine così a una dialettica interna con una figura a volte ingombrante, per quanto silenziosa.
E avrebbe senso infine per lo stesso Giorgetti, che oggi potrebbe non essere entusiasta di far parte di un governo di centrodestra (magari guidato da Giorgia Meloni) dopo aver giocato convinto nella squadra «di unità nazionale» di Mario Draghi. Ciò non significa che sia cosa fatta, ma che l'ipotesi esiste, ed è considerata a più livelli.
A sinistra, come detto, i problemi sono molto diversi. Intanto, non si sa dove inizi e dove finisca la coalizione.
Il capogruppo del Pd Fabio Pizzul è riuscito nell'impresa di dire tre cose diverse in tre giorni. Prima ha dichiarato che la crisi voluta dei 5 Stelle «pregiudica molti dei passi che fin qui abbiamo fatto anche in Lombardia», poi ha affermato che la partita territoriale è cosa diversa. Ieri, infine, ha convenuto con se stesso che «non è tempo di scelte definitive». In compenso, ad aggiungere confusione a confusione ci ha pensato il sindaco di Milano Beppe Sala, che prima ha formulato l'invito a non porre veti, poi ne ha piazzato uno diretto proprio ai 5 Stelle. «Quando sento dire da Pizzul che in Lombardia dovevamo essere coi 5 Stelle - ha avvertito - la mia risposta è not in my name, io non cisto».
Nel frattempo, «Azione» e Più Europa, da ieri fusi in un gruppo comune di due consiglieri, hanno stoppato le fantasie su una Moratti candidata per il centro. «Bisogna dire da che parte si sta - ha intimato Niccolò Carretta - Se si fa un passo verso l'area Draghi non si può essere in giunta con Fontana. Se si schiera nel nostro campo si vedrà». Ma la prima scelta, il «sogno», resta l'economista Carlo Cottarelli.