I FRANCESI SI SONO GIÀ ROTTI LE PALLE DI MACRON E LE PEN - AI BALLOTTAGGI PER LE REGIONALI NESSUNA VITTORIA PER L’ESTREMA DESTRA DI MARINE, MENTRE ARRANCA PURE IL PARTITO QUASI INESISTENTE DEL PORTACIPRIA DI BRIGITTE - È TORNATO IL DUALISMO DESTRA-SINISTRA, CON UNA LARGA VITTORIA DEI GOLLISTI E QUALCHE AFFERMAZIONE DEI CANDIDATI DEL DERELITTO PARTITO SOCIALISTA - PESA COME UN MACIGNO L’ASTENSIONISMO: IL 65,7% DEGLI ELETTORI NON È ANDATO A VOTARE...
-Leonardo Martinelli per "La Stampa"
Riemerge in Francia, inesorabile, quel divario destra-sinistra che Emmanuel Macron aveva ormai dato come finito, per lui riflesso anacronistico di un passato lontano. Ieri, in Francia, al secondo turno delle regionali, la destra classica e neogollista (e non lepenista) si è imposta definitivamente in sette delle tredici regioni, mentre in altre cinque ha prevalso la sinistra (ogni volta rappresentata, nella persona del futuro governatore, da un esponente di quel Partito socialista, che pure da anni vive una profonda crisi).
Intanto, dura sconfitta per il Rassemblement National (Rn), di Marine Le Pen, che invece sperava di conquistare una regione, impresa storicamente mai realizzata dall'estrema destra.
Macron e la République en Marche, il suo partito (o pseudo, vista l’inconsistenza), erano addirittura assenti ai diversi ballottaggi o hanno ottenuto risultati imbarazzanti.
Certo, pesa su queste regionali il macigno dell'astensionismo, praticamente lo stesso del primo turno: ieri non è andato a votare il 65,7% dei francesi. È così che una scocciata Marine Le Pen, nel suo discorso (stringato), pronunciato ieri sera dopo i risultati, ha detto: «Do appuntamento ai francesi già da domani per costruire l'alternanza di cui la Francia ha bisogno».
Insomma, chiudiamo la parentesi di queste regionali e andiamo dritti verso le presidenziali, che si terranno nell'aprile 2022. La campagna comincia, ma non sarà così semplice. Queste ultime elezioni hanno ridato speranza alle forze politiche classiche e in particolare alla destra. E fanno emergere possibili contendenti al troppo prevedibile tandem Macron-Le Pen per il ballottaggio delle presidenziali.
La corsa di Bertrand
In particolare, Xavier Bertrand, già governatore dal 2015 degli Hauts-de-France, il Nord, economicamente in crisi e dove l'Rn è tradizionalmente forte. Sì, ieri Bertrand, nel passato già ministro sotto Jacques Chirac e sotto Nicolas Sarkozy, si è confermato alla guida della regione con il 53% dei voti, una percentuale molto alta, che lo ha spinto a pronunciare subito un discorso da candidato alle presidenziali.
Esponente della «destra sociale» dal sapore gollista, si è rivolto agli astensionisti, «quel grido della Francia, gente che lavora ogni giorno e non riesce ad arrivare alla fine del mese. E vive in uno dei Paesi dove si paga più tasse, ma dove i servizi pubblici si stanno sgretolando». È quell'elettore che non è andato a votare alle regionali.
In molti casi sceglie la Le Pen e Bertrand vuole attirarlo l'anno prossimo. Lui si è già candidato alle presidenziali, ma è uscito, in rotta con la «politica tradizionale», dai Repubblicani, il partito della tradizione neogollista. Questo lo sceglierà comunque come proprio candidato?
Potrebbe preferirgli altri personaggi, vedi Laurent Wauquiez, che nel partito è rimasto e ieri è stato confermato alla guida della regione Alvernia-Rodano-Alpi (quella di Lione). O Valérie Pécresse, altra transfuga dei Repubblicani, ma una delle donne simbolo della destra moderna e moderata, che ha vinto nella regione di Parigi.
Ritornando ai risultati di ieri, nella Provenza-Alpi-Costa Azzurra, Renaud Muselier, dei Repubblicani (ma appoggiato anche dai macronisti), è riuscito a imporsi su Thierry Mariani, un tempo nello stesso partito, ma ormai passato con la Le Pen. Mentre la socialista Carole Delga ha vinto in Occitania, la regione di Tolosa, con il 58% dei voti, un record in queste elezioni.