FUORI L’ABUSIVO! - NON È VERO, COME SOSPETTA CONTE, CHE IL PD NON ABBIA CERCATO VOTI “EUROPEISTI” IN PARLAMENTO. PARLANDO CON I POTENZIALI NUOVI ALLEATI, I DIRIGENTI DEM SI SONO SENTITI DIRE DA TUTTI LA STESSA COSA: “CON CONTE A PALAZZO CHIGI NO, CON UN ALTRO AL SUO POSTO...”. E PURE DI MAIO - CHE NEGLI ULTIMI TEMPI HA INCONTRATO ALLA FARNESINA PIÙ ESPONENTI DEL CENTRODESTRA CHE AMBASCIATORI - HA RICEVUTO IDENTICA RISPOSTA – E BETTINI AVVISA CONTE: ATTENTO A LANCIARE IL TUO PARTITO…
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Francesco Verderami per il "Corriere della Sera"
Non è vero, come sospetta Conte, che il Pd non abbia cercato voti «europeisti» in Parlamento. L' ha fatto, ma per un altro governo. Nel senso che, parlando con i potenziali nuovi alleati, i dirigenti dem si sono sentiti dire da tutti la stessa cosa: «Con Conte a Palazzo Chigi no, con un altro al suo posto...». E pure Di Maio - che negli ultimi tempi ha incontrato alla Farnesina più esponenti del centrodestra che ambasciatori - ha ricevuto identica risposta.
Perciò appare complicato il tentativo del premier di allargare la sua maggioranza senza passare dall' apertura formale della crisi. E non basterebbe nemmeno prendersi i renziani senza Renzi, dato che ieri Franceschini ha alzato ulteriormente l' asticella: «Anche se avessimo 161 voti al Senato - ha detto a Repubblica - la sostanza non cambierebbe. Un governo è forte se può contare almeno su 170 senatori». «E alla Camera - aggiunge un esponente della segreteria dem - ne servirebbero altri 20, sennò non si gestirebbero le commissioni».
E dove li trova Conte tutti questi parlamentari? «La situazione è terribile», ha commentato Guerini con un compagno di partito. Terribile per Conte. Si palesasse un' alternativa, sarebbe pronto un esercito: forzisti «tendenza Letta», centristi dell' Udc, un pezzo di Cambiamo, +Europa e ovviamente Renzi. Sarebbe - come l' hanno definita ieri Calenda e Della Vedova - «la maggioranza Ursula», unita dai valori europei e dal più prosaico interesse per un sistema di voto proporzionale.
Dinnanzi al rischio di finire rosolato, il premier accarezza l' idea della scorciatoia elettorale, che non dispiacerebbe a Zingaretti e che viene assecondata dai 5 Stelle. Al punto che tra i grillini - racconta un' autorevole fonte di governo - «si è discusso su una moratoria del doppio mandato, visto che la legislatura non sarebbe completata».
L' afflato solidale verso il premier è però gratuito, siccome tutti sanno che l' ipotesi delle urne verrebbe cassata da Mattarella. Insomma, senza consistenti rinforzi di responsabili, al Conte 2 non resterebbe altro che la strada del Conte 3: sentiero impervio dove sono già previsti agguati.
Peraltro il presidente del Consiglio dovrebbe affrontarlo dismettendo anzitempo l' idea di farsi una lista, perché - come l' ha avvisato Bettini sulla Stampa - «se diventasse parte delle parti, si perderebbe la sua figura di punto di riferimento». Così tramonta il disegno di una coalizione formata dalla sinistra e da una stampella di centro, che nel Pd era stato subito identificato come «il solito schema dalemiano».
E i dem hanno visto ancora l' influenza di D' Alema quando Conte alla Camera, nel discorso per la fiducia, ha teorizzato una sorta di equidistanza tra Stati Uniti e Cina.
Così hanno ripescato l' intervento svolto in ottobre dal presidente della fondazione Italianieuropei al Forum Euroasiatico: «L' Occidente è una grande potenza che sta vivendo una vecchiaia rancorosa. Sono preoccupato per questa ostilità verso la Russia, l' islam sciita dell' Iran, la Turchia e la Cina». «È lui...». Così il giorno dopo al Senato il Pd ha imposto a «Giuseppi» di cambiar registro, sostituendo i salamelecchi verso Pechino con un inno all' America di Biden.
Anche a Roma le cose stanno cambiando. E i dem vogliono capire come si muoverebbe l' opposizione nel caso di un nuovo scenario politico. Non basta più che Giorgetti nei colloqui riservati insista con i dirigenti del Pd sull' urgenza di varare un governo d' unità nazionale, «perché la crisi non è quella dei numeri in Parlamento ma quella dei numeri dell' economia».
E non basta nemmeno che Salvini accenni informalmente per telefono al capo dello Stato che, «se cadesse Conte, la Lega sarebbe disponibile a discutere per trovare una soluzione di emergenza a difesa del Paese». Perciò l' appuntamento di oggi al Quirinale non interesserà il solo centrodestra. Bastava ascoltare ieri il capogruppo del Pd Delrio: «È un momento grave ed eccezionale. Serve un esecutivo solido e autorevole». Un concetto double face .