GAS MEDITERRANEO - DRAGHI, DI MAIO, CINGOLANI E DESCALZI CHIUDONO L’ACCORDO CON L’ALGERIA: IL PAESE NORD AFRICANO CI DARÀ SUBITO TRE MILIARDI DI METRI CUBI DI METANO, POI ALTRI SEI NEL 2023. IL TOTALE COPRIRÀ UN TERZO DEL FABBISOGNO CHE AL MOMENTO È COPERTO DALLA RUSSIA, MA NON CI SONO ABBASTANZA CERTEZZE NELL'IMMEDIATO PER SCONGIURARE IL TIMORE DI UN BLACKOUT IMPROVVISO DA MOSCA - E POI SIAMO SICURI CHE ALGERI SIA ABBASTANZA STABILE POLITICAMENTE? NON È CHE TRA DIECI ANNI ARRIVERÀ QUALCHE PRIMAVERA ARABA O QUALCHE GUERRA A ROMPERCI I TUBI?
-Ilario Lombardo per “La Stampa”
La fame di gas sta trasformando il mappamondo. E Mario Draghi sicuramente non sarebbe qui, nelle stanze neomoresche del palazzo presidenziale El Mouradia, sulle colline di Algeri, a chiedere di incrementare il prima possibile le forniture dal Nord Africa se non fosse ogni giorno più reale l'incubo di rimanere senza più il gas di Vladimir Putin.
Il governo si sta attrezzando, diversificando il più possibile fonti e fornitori, e concentrando gli sforzi diplomatici su Paesi che siano in grado di dare più metri cubi possibili in minor tempo. «Subito dopo l'invasione dell'Ucraina - sostiene Draghi - avevo annunciato che il governo si sarebbe mosso con rapidità per ridurre la dipendenza dal gas russo» e «difendere i cittadini e le imprese».
L'Algeria è la principale scommessa. Ma non dà abbastanza certezze nell'immediato per placare i timori di un black out improvviso da Mosca. Vanno valutati tutti i possibili scenari, ed è quello che sta facendo il governo con riunioni continue, almeno una volta a settimana, a Palazzo Chigi.
L'ipotesi di razionamento, di limitare i consumi privati e intervenire sui cicli produttivi delle industrie, è stata nuovamente presa in esame ieri in una riunione tra il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Roberto Garofoli, il ministro dell'Economia Daniele Franco, Snam e Terna, le aziende che si occupano della rete di distribuzione di gas ed elettricità.
È evidente che bisogna tenersi pronti. E, al netto delle smentite utili a non allarmare i cittadini, il governo sta realisticamente studiando l'impatto di possibili razionalizzazioni: meno illuminazione pubblica, monumenti al buio, e intere filiere industriali - della ceramica e dell'acciaio, per esempio - che potrebbero concentrare la produzione per ottimizzare i consumi. Dieci giorni fa il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani si era limitato a dire che non era una soluzione nell'immediato, ma non l'aveva escluso come scenario. Molto dipenderà da Putin, dall'impatto delle sanzioni, e da quanto rabbiosa sarà la reazione del Cremlino.
La preoccupazione si percepisce ad Algeri. E svela quanto nulla possa essere dato per scontato nelle vecchie e nuove partnership. Draghi e il presidente Abdelmadjid Tebboune celebrano un accordo tra Eni e l'algerina Sonatrach per aumentare fino a 9 miliardi i metri cubi di gas forniti all'Italia attraverso il gasdotto TransMed. Non arriveranno tutti subito, però, e questo spiega perché da Palazzo Chigi siano molto più prudenti e trattenuti.
C'è poca voglia anche di incontrare la delegazione della stampa italiana, che per essere presente ad Algeri è dovuta arrivare il giorno prima. Solo Cingolani si ferma qualche minuto in ambasciata per illustrare meglio l'accordo: «Tre miliardi di metri cubi arriveranno subito, poi altri sei nel 2023, circa tre in gas naturale e altri tre liquefatto. L'accordo non termina nel 2024 ma la fornitura sarà costante o su una rampa che andrà a crescere».
Tutti, maledetti e subito, dunque, i miliardi di metri cubi necessari all'Italia per sostituire di un terzo i 29 miliardi che valgono il ricatto di Putin, non ci saranno. Il lavoro per fare a meno della Russia è ancora lungo. «Mi è stato disvelato - racconta Draghi - come il Nord Africa, in particolare l'Algeria e il Mediterraneo sono strategici molto più che in passato. Si stanno ridisegnando le interconnessioni oggi per il gas, domani per l'idrogeno».
Il Mediterraneo può diventare un «hub di energia». Grazie all'asse con Spagna, Grecia e Portogallo, «in Europa si sta riconsiderando il piano di interconnessione che c'è tra i Paesi». Il Mediterraneo è la porta, l'Africa la fonte.
«Lo sforzo congiunto» tra Roma e Algeri, come lo ha chiamato ieri l'ad di Eni Claudio Descalzi, comporta investimenti strutturali e altri progetti in comune. L'Italia potrebbe essere coinvolta sul potenziamento del gasdotto transahariano che collegherà i giacimenti della Nigeria con l'Algeria e contribuirà ad aumentare la disponibilità per l'Europa. A livello di infrastrutture, necessarie se si vogliono assicurare flussi maggiori, il governo è pronto anche a riprendere in mano il progetto vecchio di vent' anni di un gasdotto Algeria-Sardegna. Ma sono progetti per il futuro. Prima, Draghi ha l'urgenza di garantire agli italiani il gas nei prossimi mesi. E lo farà andando in Congo e Angola, subito dopo Pasqua, dove l'Eni firmerà altri contratti, e poi in Mozambico.