GAUCHE DE POLLO: VA IN SCENA LO PSICODRAMMA DELLA SINISTRA FRANCESE - LA SCELTA DI SCHIACCIARSI SU JEAN-LUC MÉLENCHON STA SPACCANDO I SOCIALISTI: C'È GIÀ CHI DICE CHE "PS" NON È PIÙ LA SIGLA DI "PARTI SOCIALISTE" MA DI "PARTITO SOTTOMESSO" - ALCUNI BIG MEDITANO L'ADDIO, MENTRE I FIGLI SI ALLONTANANO DALLE IDEE DEI PADRI: GLUCKSMANN JR E AUBRY STANNO CON IL GAUCHISTA…
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Stefano Montefiori per il “Corriere della Sera”
«Ps» non è più la sigla di «Parti socialiste» ma di «Partito sottomesso», protesta François Rebsamen, sindaco di Digione e ministro del Lavoro sotto la presidenza Hollande.
Il consiglio nazionale è stato convocato ieri sera per convalidare l'accordo di principio trovato tra i negoziatori della France insoumise (non sottomessa, appunto) di Jean-Luc Mélenchon e quel che resta del partito che fu di François Mitterrand, per la nascita di una sinistra unita che possa conquistare la maggioranza in parlamento alle elezioni legislative del 12 e 19 giugno.
La Nupes (Nouvelle union populaire écologique et sociale) ha già ottenuto l'adesione di ecologisti e comunisti attorno alla figura egemonica di Mélenchon, che il 10 aprile scorso con il 22% dei voti (solo 400 mila meno di Marine Le Pen) ha sfiorato la qualificazione alla sfida finale contro Macron per l'Eliseo, e che adesso è convinto di potere conquistare il parlamento.
«Mélenchon primo ministro», dicono i manifesti che ha già fatto affiggere. I sondaggi non sono così categorici, ma Mélenchon è sicuro di sé e carismatico, e le altre formazioni di sinistra in grande crisi.
L'accordo elettorale era inevitabile, mancava solo il Partito socialista, la formazione dalla storia più gloriosa e dalla percentuale più bassa. Il Ps ha espresso due presidenti della V Repubblica (Mitterrand e Hollande) e molti primi ministri, ma all'ultima corsa per l'Eliseo si è fermato all'imbarazzante 1,75% di Anne Hidalgo, sindaca di Parigi molto poco amata dai concittadini e dagli altri francesi.
Così il segretario socialista Olivier Faure ha sostenuto la nascita della Nupes, che però sta provocando sofferenze e malumori dentro e fuori il partito, anche perché le posizioni di Mélenchon sull'Europa (e in politica estera) sono molto lontane dalla tradizione socialista.
Nel testo dell'accordo si legge che Mélenchon vuole «disobbedire» alle regole europee, mentre i socialisti accetteranno «deroghe» occasionali ai Trattati. L'ex premier Bernard Cazeneuve ha già annunciato l'addio al partito, e potrebbe essere presto seguito da Hollande e altri baroni.
Martine Aubry, sindaca di Lille, accetta a malincuore l'alleanza, ma molti la accusano di tradimento nei confronti del padre Jacques Delors, uno degli artefici di quell'Unione europea che ora Mélenchon si ripromette di smontare.
Molte reazioni ha suscitato anche la presa di posizione di Raphaël Glucksmann, deputato europeo che non fa parte del partito socialista ma che da tempo invoca l'unione a sinistra. Con grande cautela Glucksmann ha dato il suo appoggio all'accordo elettorale, nonostante «divergenze immense»: in passato Glucksmann ha criticato Mélenchon per la difesa del dittatore siriano Bachar Assad e per non avere votato la risoluzione europea che denuncia il genocidio degli uiguri in Cina; poi Glucksmann è da sempre pro-Ucraina e pro-Europa, mentre Mélenchon ancora pochi giorni prima dell'invasione difendeva Putin.
Al gioco delle alleanza partecipa anche l'attuale maggioranza, che ieri ha lanciato «Ensemble» formata dal Modem di François Bayrou, Horizons di Edouard Philippe e dal partito del presidente Macron, che per l'occasione cambia nome: addio La République En Marche, sostituito da Renaissance, rinascimento.