GIORGETTI, IL “DON ABBONDIO” LEGHISTA CHE STREPITA, BRIGA, MA POI RIMANE SEMPRE SUL CARROCCIO – RITRATTO DEL MINISTRO DELLO SVILUPPO ECONOMICO, CHE PER MESI CI HA SBOMBALLATO CON LA STORIA DEL DRAGHISMO SENZA LIMITISMO E POI AL MOMENTO CRUCIALE HA PIEGATO IL CAPINO AI DESIDERI DI SALVINI – ORA CHE FARÀ? QUELLO CHE HA SEMPRE FATTO: SI CANDIDERÀ E AVRÀ PER L’ENNESIMA VOLTA UN POSTO IN PARLAMENTO. È L’UNICO INSIEME A CALDEROLI AD AVER PASSATO INDENNE TUTTE LE STAGIONI DELLA LEGA…
-Francesco Moscatelli per “La Stampa”
«Il Gianca non puoi cacciarlo – dice un leghista Docg che lo conosce bene -. L’unico che poteva dire basta, e che probabilmente questa volta ci ha anche pensato seriamente, era lui stesso. E invece».
E invece «il Gianca», che poi sarebbe il ministro dello Sviluppo economico e vice-segretario della Lega Giancarlo Giorgetti, ieri era ancora lì al suo posto, a partecipare per conto del suo partito al vertice tecnico del centrodestra per la compilazione delle liste. E a metterci la giacca stazzonata e la camicia bianca spiegazzata, oltre che la faccia, davanti ai microfoni e alle telecamere.
Con quell’estetica da Seconda Repubblica che già dice tutto del suo essere uno degli ultimi elefanti della politica politicata (ma lui la definirebbe «l’arte di rendere realizzabili i desideri» oppure «l’arte del possibile») in un mondo dominato dai consulenti marketing e dagli slogan sparati sui social o proiettati sui muri.
Una sistemata agli occhiali e una dichiarazione telegrafica ai giornalisti – «I nomi per le candidature? Servono ancora 24 ore» – e poi via di corsa senza perdere troppo tempo. Perché Giorgetti è così: sbrigativo quando c’è da parlare, meticoloso quando c’è da fare. Tutto molto lombardo e molto pragmatico, del resto è laureato in Economia aziendale alla Bocconi e sicuramente preferisce discutere di Made in Italy e piani di sviluppo con amministratori delegati e industriali piuttosto che partecipare a un talk show televisivo.
L’essere schivo è una caratteristica che gli ha fatto comodo anche in politica: insieme a Roberto Calderoli nella prossima legislatura potrebbe essere uno dei pochissimi parlamentari leghisti ad aver attraversato tutte le stagioni, dall’âge d’or el Senatur alla Lega per Salvini premier, passando per la stagione del «cerchio magico» di Bossi e per la gestione targata Bobo Maroni. «La politica è il mio mondo» è quanto lui stesso ha confidato nei giorni scorsi ad alcuni amici, come ad ammettere di non poterne fare a meno.
Figlio di un pescatore del lago di Varese, cresciuto insieme al governatore lombardo Attilio Fontana negli anni in cui Varese era una delle città più di destra d’Italia (lo stesso Giorgetti ha militato fra i giovani del Movimento sociale), nei primi anni Novanta si è iscritto alla Lega Lombarda. Giorgetti c’era, c’è e ci sarà.
E la domanda che si fanno in molti, in queste ore, riguarda proprio questo suo rimanere al suo posto, nel suo partito, nonostante tutto. Lui, il più draghiano fra i leghisti, ha dato battaglia dentro la Lega contro le sbandate sovraniste, ha combattuto per farla entrare nell’esecutivo Draghi e poi ha provato a difendere fino «ai supplementari» l’esistenza stessa del governo.
Eppure, anche dopo aver metabolizzato che quell’esperienza era terminata (giornata per la quale si è spinto a usare parole come «uno show poco dignitoso»), ha lasciato sbollire l’amarezza e dopo qualche giorno è tornato in pista. Il segretario Matteo Salvini gli ha chiesto di restare in squadra è vero, ma c’è modo e modo di esserci e di giocare: Giorgetti è tornato a farlo in prima fila.
C’è la sua firma, ad esempio, accanto a quelle di Giorgia Meloni e Antonio Tajani, sotto il foglio di bloc notes con cui il centrodestra il 28 luglio ha siglato un accordo per la spartizione dei candidati nei 221 collegi uninominali. In queste settimane, poi, ha partecipato a tutte le feste della Lega a cui era atteso.
Come pure, il 25 agosto, sarà sul palco del Meeting di Comunione e Liberazione a Rimini per inaugurare di fatto la sua campagna elettorale. E pazienza se quest’anno, tra comizi, elezioni e successive consultazioni al Quirinale, dovrà aspettare almeno ottobre per volare in Inghilterra a vedere una partita del suo amato Southampton.
«Giancarlo è un democristiano vero, mastica tutto - racconta un amico con il quale spesso si scambia degli sms -. La verità è che ci aspetta una legislatura dura e che c’è bisogno di gente come lui, di colombe, perché sia a destra che a sinistra si vedono in giro troppi falchi. Sono rimasti in pochi quelli capaci di far ragionare la gente. E poi in qualche modo lui è l’unico esponente del centrodestra che può davvero dare all’Europa un segnale di continuità con il governo Draghi».
Un altro che lo conosce da sempre è Emilio Magni, primo cittadino di Cazzago Brabbia, il paese di 800 abitanti affacciato sul lago di Varese in cui Giorgetti è diventato grande e in cui tuttora è residente dopo esserne stato anche sindaco per due mandati.
«Ho qualche anno più di lui e me lo ricordo ragazzino che sbrogliava le reti da pesca in riva al lago e ancora oggi lo incrocio quando esce con la sua barchetta a remi o con il “barchett” da pesca di famiglia per andare a fare il bagno in mezzo al lago con suo fratello - ricorda Magni, alla guida di una lista civica ma iscritto al Pd –. Giancarlo avrebbe dovuto fare il pescatore, il lavoro si tramandava dai padri ai figli maschi, ma quando è arrivato il suo turno il lago era inquinato e così lui e tanti altri hanno studiato.
Però ricordo bene quando ha dovuto lasciare la presidenza della cooperativa dei pescatori perché è venuto fuori che era incompatibile con il suo incarico di sottosegretario alla Presidenza del consiglio. Sembrava una barzelletta. In paese è stimato e benvoluto da tutti, anche perché da amministratore ha recuperato le vecchie ghiacciaie per conservare il pesce».
Quanto alla politica, il sindaco ammette di essere poco aggiornato sulle ultime mosse dell’illustre cittadino: «Di natura è uno che sguscia, che compare poco, un’anguilla. Con me, le poche volte che si è lasciato andare, mi ha confessato di non essersi mai fidato fino in fondo di Conte e di non approvare certe boutade di Salvini. Di sicuro è uno che è sempre stato capace di rimanere a galla. Quando lo si vede tanto in paese non è un buon segno: vuol dire che è tornato a casa a ricaricare le pile perché lo hanno fatto infuriare».
Quest’anno, a parte qualche giorno in montagna con la famiglia a camminare, pare che buona parte delle vacanze Giorgetti le abbia fatte proprio a Cazzago Brabbia.
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