GIORGIA MELONI SCENDE DAL CARRO DELLA PERDENTE - SAPENDO CHE LE ELEZIONI REGIONALI IN EMILIA ROMAGNA SONO UNA BATTAGLIA PERSA IN PARTENZA PER IL CENTRODESTRA, LA PREMIER SI È BEN GUARDATA DALL'ANDARE ALL'EVENTO DI CHIUSURA DELLA CAMPAGNA ELETTORALE, A BOLOGNA, E SI È LIMITATA A UN SALUTO IN VIDEOCOLLEGAMENTO - LA MANCATA PARTECIPAZIONE DELLA PREMIER, CHE HA USATO LA SCUSA DI UN RITARDO DELLA RIUNIONE CON I SINDACATI, HA INNERVOSITO SALVINI E QUEL MERLUZZONE DI TAJANI, CHE INVECE SI SONO PRESENTATI A BOLOGNA PER SOSTENERE ELENA UGOLINI...
-Estratto dell’articolo di T.CI. per "La Repubblica"
https://www.repubblica.it/politica/2024/11/12/news/sondaggi_assenza_meloni_bologna-423611724/
Non è un caso, ma una scelta consapevole. Giorgia Meloni evita di mettere la faccia sulla battaglia per l’Emilia Romagna. Nessuno, a Palazzo Chigi, crede nella rimonta. Nessuno prevede un clamoroso ribaltone, al massimo si punta a ridurre il divario col centrosinistra: si parte da -19%, sarebbe un successo perdere con un distacco a una cifra.
E così, la premier delude tutti — i fratelli d’Italia emiliani e romagnoli, i militanti accorsi fino all’hotel Savoia Regency, i due vicepremier — e si limita a un videocollegamento. Bisogna partire dall’unico dato incontestabile, quello dell’agenda, per sostanziare la premeditazione di quest’assenza. La lunghissima riunione con i sindacati a Palazzo Chigi finisce qualche minuto dopo le 16.
A quel punto, a Meloni basterebbero poco più di due ore per raggiungere Bologna in treno. E ci metterebbe lo stesso tempo in macchina, perché le auto di scorta possono derogare ai limiti di velocità. Ma la presidente del Consiglio decide di saltare comunque il comizio, a differenza di Matteo Salvini e Antonio Tajani. Un gesto che irrita anche Matteo Salvini e Antonio Tajani.
Ufficialmente la difendono — «non ci sono ragioni politiche dietro alla sua assenza», giura il ministro degli Esteri — ma sottovoce lasciano trapelare un po’ di disagio. E d’altra parte nessuno crede davvero nella vittoria, ad eccezione di un militante con il cappellino rosso trumpiano (“make America great again”) che attira quindici telecamere senza un perché: «Chi è questo?». «Uno che ama Trump». «Ah, ok». [...]