GIORGIA, LA SENTI QUESTA VOCE? - DIETRO LE PAROLE DI MATTARELLA SUGLI ATTACCHI AI CRONISTI, C’È L’ALLARME PER LA DERIVA ILLIBERALE NEI CONFRONTI DELLA STAMPA. UNA SFERZATA CHE HA FATTO INNERVOSIRE LA FIAMMA TRAGICA DI PALAZZO CHIGI, CHE HA VISSUTO L'INTERVENTO DEL CAPO DELLO STATO COME UNA "INGERENZA" – LA "MUMMIA SICULA" RISPONDE INDIRETTAMENTE ANCHE ALLA MELONI CHE, DOPO L’INCHIESTA DI “FANPAGE” SU GIOVENTÙ NAZIONALE, AVEVA CHIESTO AL CAPO DELLO STATO SE FOSSE LECITO “INFILTRARSI” CON UNA VIDEOCAMERA NEI PARTITI POLITICI: PER MATTARELLA LA LIBERTÀ DI INFORMARE E DI ESSERE INFORMATI È UN DIRITTO SACROSANTO…
-1 - LO SCUDO DEL QUIRINALE
Ugo Magri per “la Stampa” - Estratti
La libera informazione in Italia è sotto schiaffo, letteralmente, e non si tratta affatto di casi isolati. C'è un andazzo talmente insopportabile, ormai, che il presidente della Repubblica ha ritenuto doveroso alzare la voce.
Ecco le sue parole, testuali: «Si vanno, negli ultimi tempi, infittendo contestazioni, intimidazioni, quando non aggressioni, nei confronti di giornalisti che si trovano a documentare fatti», come è avvenuto «anche a Torino nei giorni scorsi», quando il cronista de La Stampa Andrea Joly è stato malmenato da alcuni facinorosi di Casapound.
Questo «infittirsi» degli attacchi allarma Sergio Mattarella perché segnala un'intolleranza, un astio pericoloso nei confronti del diritto alla critica, vale a dire il sale della democrazia; ancor di più, da quanto è dato intuire, lo preoccupa il surreale dibattito degli ultimi giorni che vede protagonista la seconda carica dello Stato (il giornalista vittima del pestaggio, secondo Ignazio La Russa, «non si era dichiarato tale», quasi fosse una colpa).
Scandisce Mattarella: «Ogni atto rivolto contro la libera informazione, ogni sua riduzione a fake news, è un atto eversivo rivolto contro la Repubblica». Chi minaccia i giornalisti si mette fuori dalla Costituzione, e stop.
L'occasione per denunciare la deriva illiberale è stata offerta dalla cerimonia in cui l'Associazione della Stampa Parlamentare ha consegnato al capo dello Stato un ventaglio e il suo presidente (Adalberto Signore) ne ha profittato per porre delle domande. Giusto ieri mattina da Bruxelles era stato diffuso il Report sullo Stato di Diritto dove l'Italia non fa buona figura, incominciando appunto dalla libertà di stampa.
Ma prima ancora, tornando indietro di tre settimane, era stata Giorgia Meloni a chiamare in causa personalmente Mattarella quale reazione all'inchiesta di fanpage.it sulle sbandate nostalgiche, omofobe e francamente razziste di Gioventù nazionale; è consentito, aveva domandato polemica la premier, «infiltrarsi» con una videocamera nei partiti politici? «Lo chiedo al presidente della Repubblica», s'era sfogata.
Logico dunque che, nell'incontro coi giornalisti, si partisse da lì: dalla libertà di informare e di venire informati. Per Mattarella questo diritto è sacrosanto. Chi lo esercita svolge una funzione direttamente collegata «all'articolo 21 della Carta»,(...) Nessun rimbrotto ai cronisti «che si trovano a documentare fatti», a gettare luce, a raccogliere denunce. Semmai dal presidente arriva un incoraggiamento: «L'informazione è esattamente questo, documentazione di quel che avviene, senza obbligo di sconti». Non esistono santuari preclusi al giudizio dei cittadini.
Mattarella ha evitato di esprimersi sul premierato e, in generale, su ciò che compete al governo. Ha insistito piuttosto sul sostegno all'Ucraina. Un grande grazie a Joe Biden «per il suo apprezzato servizio».
(…)
Il presidente s'è sbilanciato invece, e con accenti severi, su due questioni dove la Costituzione viene calpestata. Anzitutto sulla mancata elezione di un giudice della Consulta, dopo ben 10 mesi di vana attesa. Un «vulnus», l'ha definito, di cui è responsabile l'intero Parlamento.
Di qui l'«invito, con garbo ma con determinazione, a eleggere subito questo giudice», scegliendo tra personaggi «meritevoli» anziché per colore politico (sulla scia di queste parole Riccardo Magi, +Europa, ha chiesto sedute a oltranza delle due Camere in seduta comune). Ma è sul degrado intollerabile delle carceri che Mattarella non ha trattenuto lo sdegno. I detenuti vivono in «condizioni angosciose agli occhi di chiunque abbia sensibilità e coscienza».
Anzi di più: «Indecorose per un Paese civile qual è, e deve essere, l'Italia». Detto dal presidente della Repubblica, qualcuno dovrebbe provarne vergogna.
2 - SERGIO MATTARELLA: AGIRE CONTRO LA LIBERA INFORMAZIONE E’ UN ATTO EVERSIVO VERSO LA REPUBBLICA
Stralcio del discorso di Sergio Mattarella alla cerimonia del Ventaglio
Nella società dell'informazione globale è del tutto superfluo richiamare l'importanza che l'informazione riveste per il funzionamento della democrazia, per un'efficace tutela del sistema delle libertà.
La democrazia, infatti è, anzitutto, conoscenza. È contesto nel quale avviene il confronto fra le idee e si esercita il diritto a manifestarle e testimoniarle.
Alla libertà di opinione si affianca la libertà di informazione, cioè di critica, di illustrazione di fatti e di realtà. Si affianca, in democrazia, anche il diritto a essere informati, in maniera corretta. Informazione, cioè, come anticorpo contro le adulterazioni della realtà. Operare contro le adulterazioni della realtà costituisce una responsabilità, e un dovere, affidati anzitutto ai giornalisti.
La legge Gonella, che ha istituto l'Ordine dei giornalisti, ne dà una rappresentazione pregevole.
«È diritto insopprimibile dei giornalisti la libertà di informazione e di critica, limitata dall'osservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui ed è loro obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale dei fatti, osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede».
Va sempre rammentato che i giornalisti si trovano a esercitare una funzione di carattere costituzionale che si collega all'art. 21 della Carta fondamentale, con un ruolo democratico decisivo.
Si vanno, negli ultimi tempi, infittendo contestazioni, intimidazioni, quando non aggressioni, nei confronti di giornalisti, che si trovano a documentare fatti. Ma l'informazione è esattamente questo.
Come anche a Torino, nei giorni scorsi. Documentazione di quel che avviene, senza obbligo di sconti. Luce gettata su fatti sin lì trascurati. Raccolta di sensibilità e denunce della pubblica opinione. Canale di partecipazione e appello alle istituzioni. Per citare ancora una volta Tocqueville, «democrazia è il potere di un popolo informato».
Ecco perché ogni atto rivolto contro la libera informazione, ogni sua riduzione a fake news, è un atto eversivo rivolto contro la Repubblica.
Garanzia di democrazia è, naturalmente, il pluralismo dell'informazione. A questo valore le istituzioni della Repubblica devono rivolgere la massima attenzione e sostegno. Si è aperta la discussione sulla opportunità di una nuova legge organica sull'editoria, come è avvenuto in precedenti occasioni di svolta in questa industria. È inevitabile tener conto della evoluzione tecnologica che ha mutato radicalmente diffusione e fruizione delle notizie. È responsabilità della Repubblica e dell'Unione Europea che i valori del pluralismo si affermino anche nei nuovi ambiti e si creino le condizioni per accompagnare la transizione in atto.
Ai giornali, alla stampa, alla radio e alle tv, si sono affiancate oggi le piattaforme digitali, divenute principali responsabili della veicolazione di contenuti informativi. Appare singolare che a un ruolo così significativo corrisponda una convinzione di minori obblighi che ne derivano, con una tendenza, del tutto inaccettabile, dei protagonisti a sottrarvisi.
Gli over the top appaiono distanti dal sentimento comune, dalle relazioni di appartenenza alla comunità entro cui operano, quasi occupassero uno spazio meta-territoriale che li rende veicoli di innovazione, capaci di intercettare opportunità economiche, senza tuttavia considerare che anche per essi valgono i principi di convivenza civile propri agli Stati e alla comunità internazionale da cui traggono benefici.
Ho citato questioni non nuove, tanto è vero che l'Unione Europea ha approvato, nell'aprile di quest'anno, in un confronto tra Parlamento Europeo e Consiglio dell'Unione, il nuovo Regolamento sulla libertà dei media, adesso in fase di progressiva attuazione, a partire dal prossimo 8 novembre, per quanto riguarda i diritti dei destinatari dei servizi di media, vale a dire dei cittadini.
In sintesi: promozione del pluralismo e della indipendenza dei media in tutta l'Unione, con protezione dei giornalisti e delle loro fonti da ingerenze politiche; pubblicità sui fondi statali destinati a media o a piattaforme; garanzia del diritto dei cittadini alla gratuità e pubblicità delle informazioni; indipendenza editoriale dei media pubblici; protezione della libertà dei media dalle grandi piattaforme; istituzione di un nuovo Comitato europeo per i servizi di media per promuovere una applicazione coerente di queste norme.
Come si vede, un cantiere e un percorso impegnativo per l'Unione e per gli Stati membri, coscienti del valore che questo tema riveste per la libertà del nostro continente.
Tema, vorrei aggiungere, impegnativo per tutti coloro che del mondo dell'informazione fanno parte.
(…) L'Italia ha rapporti di amicizia e vicinanza tradizionali con Washington, maturati all'indomani della Seconda Guerra mondiale con il generoso contributo alla ricostruzione offerto con il Piano Marshall e con il sostegno alla nostra democrazia, consolidatosi nell'Alleanza Atlantica e in altri numerosi contesti delle organizzazioni internazionali. I vincoli di condivisione di valori dei nostri due popoli rafforzano i rapporti tra gli Stati e ne consentiranno la costante crescita.
Al Presidente Biden va il ringraziamento della comunità internazionale per il suo apprezzato servizio e per la sua leadership.
Sotto altro profilo, rimango sorpreso quando si dà notizia o si presume che vi possano essere posizionamenti a seconda di questo o quell'esito elettorale, come se la loro indubbia importanza dovesse condizionare anche le nostre scelte. Nessuno – vorrei presumere – ipotizza di conformare i propri orientamenti a seconda di quanto decidono gli elettori di altri Paesi e non in base a quel che risponde al rispetto del nostro interesse nazionale e dei principi della nostra Costituzione.
Questo vale sia per l'Italia, sia per l'Unione Europea.
(…) Se proprio (si) vuole uno spunto di attualità, non (glie)lo nego. Riguarda la lunga attesa della Corte Costituzionale per il suo quindicesimo giudice. Si tratta di un vulnus alla Costituzione compiuto dal Parlamento, proprio quella istituzione che la Costituzione considera al centro della vita della nostra democrazia. Non so come queste mie parole saranno definite: monito, esortazione, suggerimento, invito.
Ecco, invito, con garbo ma con determinazione, a eleggere subito questo giudice. Ricordo che ogni nomina di giudice della Corte Costituzionale – anche quando se ne devono scegliere diversi contemporaneamente – non fa parte di un gruppo di persone da eleggere, ma consiste, doverosamente, in una scelta rigorosamente individuale, di una singola persona meritevole per cultura giuridica, esperienza, stima e prestigio di assumere quell'ufficio così rilevante.
Vi è un tema che sempre più richiede vera attenzione: quello della situazione nelle carceri. Non ho bisogno di spendere grandi parole di principio: basta ricordare le decine di suicidi – decine di suicidi – in poco più dei sei mesi, in quest'anno. Ma vorrei condividere una lettera che ho ricevuto – per il tramite del garante di quel territorio – da alcuni detenuti di un carcere di Brescia: la descrizione è straziante.
Condizioni angosciose agli occhi di chiunque abbia sensibilità e coscienza. Indecorose per un Paese civile, qual è – e deve essere – l'Italia. Il carcere non può essere il luogo in cui si perde ogni speranza, Non va trasformato, in questo modo, in palestra criminale. Vi sono, in atto, alcune, proficue e importanti, attività di recupero attraverso il lavoro. Dimostrano che, in molti casi, è possibile un diverso modello carcerario. È un dovere perseguirlo. Subito, ovunque.