I GIORNI DELL’ILVA - SI ALLONTANA IL RISCHIO DI CHIUSURA: SI VA VERSO UN’INTESA TRA IL MINISTRO DI MAIO E I VERTICI DI ARCELORMITTAL - LA NORMA ALLO STUDIO SU UN’IMMUNITA’ A TEMPO: COSTITUIREBBE UNA TUTELA LEGALE PER L’AZIENDA DI FRONTE A RESPONSABILITÀ CHIARAMENTE RICONDUCIBILI A CONDOTTE DELLE PRECEDENTI GESTIONI…
-Carmine Fotina e Domenico Palmiotti per www.ilsole24.com
Il rischio di chiusura da settembre per l’ex Ilva si allontana. Si va infatti verso un’intesa dopo l'incontro di ieri tra il ministro dello Sviluppo economico e del Lavoro Luigi Di Maio e i vertici di ArcelorMittal, il Ceo europeo Geert Van Poelvoorde e quello italiano, Matthieu Jehl.
Come anticipato dal Sole 24 Ore del 28 giugno, il negoziato sull’abolizione dell’immunità penale e amministrativa, che in base al decreto crescita scadrà il 6 settembre, è stato incentrato sulle tutele legate alle responsabilità della vecchia proprietà. Con tutta probabilità sarà varata una nuova norma, mentre non convincerebbe l’azienda l’ipotesi di un mero parere dell’Avvocatura dello Stato.
Questo il centro del dialogo sotterraneo che si è svolto in queste settimane, all’ombra di una diatriba che era diventata sempre più politica visto l’interesse della Lega a forzare la mano a sostegno della multinazionale e in contrapposizione con i 5 Stelle.
Nessun commento ufficiale dopo l’incontro. Ma filtra l’intenzione di andare verso una “soluzione condivisa”. La norma allo studio, che sarà giustificata dai grillini come una correzione interpretativa e non come il ripristino della vecchia immunità, costituirebbe una tutela legale per l’azienda di fronte a responsabilità chiaramente riconducibili a condotte delle precedenti gestioni.
Fatto slavo l’impegno a rispettare le prescrizioni del Piano ambientale. In sostanza, l’obiettivo del leader 5 Stelle Di Maio è non far apparire l’intervento come una retromarcia, ribadendo che ArcelorMittal non pagherà per le colpe del passato ma spiegando nel contempo all'elettorato di riferimento che lo scudo non varrà per le condotte future.
Quanto alla Lega, porterebbe a casa un successo costruito anche su una lettura un po’ maliziosa dei piani del ministero dello Sviluppo che già nei mesi scorsi aveva impostato un dialogo su questi aspetti con la nuova proprietà del colosso siderurgico.
La norma risolutiva dovrebbe concretizzarsi ad agosto, come emendamento in uno dei primi veicoli utili, o addirittura come un nuovo “decreto Ilva”. Bisognerà vedere a quel punto se la nuova formulazione dell’immunità sarà anche sufficiente a “sterilizzare” la pronuncia della Corte costituzionale chiamata ad esprimersi ad ottobre su due questioni di legittimità poste dal Gip di Taranto.
La prima si riferisce proprio alla contestata immunità, la seconda invece alla proroga fino ad agosto 2023 del Piano ambientale e quindi delle condizioni che rendono possibile la prosecuzione dell’attività produttiva.
Intanto il 9 luglio è in programma un nuovo tavolo al ministero dello Sviluppo, anche con i sindacati, per discutere dell’attuazione dell’accordo di un anno fa. Si capirà se nell’intesa complessiva c’è spazio anche per un ripensamento dell’azienda sulla cassa integrazione o quantomeno a ridiscuterne appena l’andamento del mercato europeo sarà più favorevole.
Intanto ieri si è svolto a Taranto lo sciopero dei lavoratori. Al conflitto evidente sulla cassa integrazione per 1400 dipendenti, con Fim, Fiom e Uilm che hanno cercato di fermarla e l’azienda che l’ha invece confermata dall’1 luglio, si aggiunge ora quello sui numeri dell'adesione alla protesta che ha coinvolto anche le imprese appaltatrici e dell’indotto oltre al siderurgico.
Per quest’ultimo, Fim, Fiom e Uilm parlano di partecipazione del 75 per cento con punte superiori in alcune aree dello stabilimento. ArcelorMittal fornisce invece un dato molto più basso: 36 per cento. Le spiegazioni che vengono date a proposito del divario così evidente tra un numero e l'altro è che i sindacati hanno enfatizzato soprattutto il riscontro che lo sciopero ha avuto in determinati reparti. Nelle acciaierie, per esempio, la partecipazione è stata elevata.
Valerio D’Alò, segretario nazionale Fim Cisl, definendo «altissima adesione allo sciopero nello stabilimento Arcelor Mittal di Taranto», dice infatti che «il 75 per cento dei lavoratori delle due acciaierie ha incrociato le braccia». E anche Francesca Re David, segretario generale Fiom Cgil, ha parlato di «un’altissima partecipazione dei lavoratori, con circa il 75 per cento di adesioni e impianti completamente fermi».
Un dato più alto è stato invece reso da Rocco Palombella, segretario generale Uilm: «Al primo turno la percentuale è di circa l’80 per cento. Si sono fermati diversi impianti tra altoforni, acciaierie, laminatoi, servizi, manutenzione e hanno partecipato numerosi anche i lavoratori delle ditte in appalto». A parte qualche differenziazione, le valutazioni sindacali convergono però nel ritenere un successo lo sciopero di 24 ore, distribuite sui tre turni.
ArcelorMittal, invece, col suo 36 per cento, ha fatto un calcolo generale su tutta la fabbrica tra impiegati e operai. Ora i sindacati vogliono usare la pressione dello sciopero (era da tempo che non si effettuavano 24 ore tra diretti e indiretti) verso ArcelorMittal e il Governo in vista dell’incontro al Mise del 9 luglio nel quale le sigle metalmeccaniche intendono fare un punto complessivo. Non solo lo stato dell’accordo di settembre 2018, quello che ha ufficializzato l’arrivo della multinazionale con 107 assunzioni, ma anche la cassa integrazione e la questione dell’immunità penale collegata al piano ambientale.