LA GRANDE CORSA VERSO LE EUROPEE DEL 2024 / 1 - FRATELLI D’ITALIA SI PREPARA A UNA GUERRA SENZA ESCLUSIONI DI COLPI CON LA LEGA: IL PRIMO NODO DA SCIOGLIERE SARÀ QUELLO DELLA CANDIDATURA DI GIORGIA MELONI. SE C'E LEI, STOP AI MINISTRI URSO, FITTO E SANTANCHE’ – OLTRE A VANNACCI, SALVINI PENSA DI INSERIRE PURE FONTANA E FEDRIGA NELLE LISTE ANCHE SE POI I GOVERNATORI RESTERANNO IN LOMBARDIA E FRIULI. COSA FARA’ ZAIA? SE IL DOGE ACCETTASSE UN SEGGIO ALL'EUROPARLAMENTO EVITEREBBE IL RISCHIO DI...
-Francesco Moscatelli per “la Stampa” - Estratti
La grande corsa verso le Europee del 2024, legata a doppio mandato con la grande corsa alle regionali (fra il 2024 e il 2025 si vota in dieci regioni), è partita. E dentro il centrodestra gli alleati-avversari si preparano al tutti contro tutti. Le strategie sono differenti ma l'obiettivo, trattandosi di un voto proporzionale puro, è il medesimo. «Bisogna schierare i cavalli più forti perché solo così è possibile massimizzare il risultato sommando i voti di partito e quelli individuali» spiega un addetto ai lavori, che in questi giorni sta studiando il dossier candidature.
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Per Fratelli d'Italia il primo nodo da sciogliere sarà quello della candidatura di Giorgia Meloni. La presidente del Consiglio, consapevole dei riflessi che il voto europeo avrà anche sul suo governo, sarebbe tentata da una corsa in prima persona esattamente come fece cinque anni fa quando era una "semplice" leader di partito. Una scelta dalla quale, a cascata, dipenderebbe anche il destino di alcuni ministri. «Se c'è Giorgia gli altri esponenti del governo starebbero alla finestra - spiega un deputato -, altrimenti potrebbero spendersi loro».
E si fa il nome di Adolfo Urso, mentre sarebbero più complicate le opzioni Daniela Santanché e Raffaele Fitto. Per quanto riguarda la ministra del Turismo ci sarebbe un tema di attrattività elettorale, date le note tribolazioni giudiziarie, mentre per il ministro più europeista dell'esecutivo il problema sarebbe piuttosto il suo ruolo fondamentale nella gestione del Pnrr. Fitto, sussurra qualcuno, potrebbe poi tornare utile dopo il voto, quando si discuterà dei commissari europei.
Per il resto i Fratelli dovrebbero puntare sugli uscenti (Carlo Fidanza, Pietro Fiocchi, Sergio Berlato e Nicola Procaccini), ad eccezione di Raffaele Stancanelli, eletto nelle isole, che ha già annunciato un passo indietro, e su alcuni nomi forti dei territori. In Lombardia si parla da tempo di Mario Mantovani. In Veneto, dove tra l'altro i congressi locali hanno segnato più di un punto a scapito dell'"inner circle" meloniano, si danno per certi il veronese Daniele Polato e la vicentina Elena Donazzan.
La partita, in casa Lega, è più delicata. Matteo Salvini, infatti, avrebbe più di un motivo per chiedere ai governatori di sporcarsi le mani. Per Attilio Fontana e Massimiliano Fedriga si tratterebbe di un atto di generosità nei confronti del partito, dato che difficilmente anche se eletti lascerebbero la guida della Lombardia e del Friuli Venezia Giulia. Diversa la questione Luca Zaia. Se il Doge accettasse un seggio all'Europarlamento, oltre a portare acqua al mulino della Lega, eviterebbe il rischio di trovarsi "disoccupato" qualora la coalizione confermasse il no al terzo mandato. Si vedrà, anche perché a favore del terzo mandato, si sta comunque muovendo uno schieramento bipartisan che va da Salvini ad alcuni big del Pd.
Per le Europee, poi, la Lega avrebbe pronti altri candidati con un forte appeal elettorale: il generale Roberto Vannacci (quello del libro) e il sottosegretario Claudio Durigon nella circoscrizione Centro, l'ormai ex forzista Aldo Patriciello al Sud mentre, nel Nord Est, in pole position c'è la pasionaria anti Islam Anna Maria Cisint, sindaca di Monfalcone. In Sicilia, invece, Salvini punta sull'accordo con gli autonomisti dell'ex presidente Raffaele Lombardo. Dalle parti di Forza Italia, infine, oltre all'ipotesi di un ritorno in campo dell'ex governatore lombardo Roberto Formigoni, si vocifera di altre due ipotesi: Paolo Damilano, ex candidato sindaco del centrodestra a Torino, e Luigi Sbarra, segretario generale della Cisl.