LA GRANDE FUGA - OGGI È IL SUPER-TUESDAY, E TRUMP E CLINTON PROVANO A STACCARE I RIVALI - SANDERS UN PO' SGONFIATO, CRUZ-RUBIO AZZOPPATI MENTRE DONALD INCASSA I PESANTI ENDORSEMENT DI CHRIS CHRISTIE E JEFFERSON SESSIONS (TEA PARTY) - I REPUBBLICANI SALGONO SUL CARRO DEL VINCITORE E SI ARRENDONO AL NUOVO CORSO DEL PARTITO
Glauco Maggi per “Libero Quotidiano”
Il Supermartedì di oggi, con i suoi 11 Stati in Palio, ratificherà di sicuro la nomination di Hillary Clinton tra i Democratici, e porterà Donald Trump a un passo dalla vittoria nel GOP.
In entrambe le corse a contare, almeno per ora, non è tanto la matematica dei delegati per la convention estiva che saranno assegnati dalle percentuali dei consensi, quanto la forza politica che i due candidati hanno mostrato nel vincere ognuno tre delle precedenti quattro elezioni, e nel «momentum» che li sta sospingendo verso la meta sull' onda di quelle affermazioni. A parlare chiarissimo sono i sondaggi, che vedono Hillary e Donald favoriti quasi ovunque.
VERGOGNA
La Dem potrebbe perdere solo il minuscolo Vermont, e il repubblicano solo il Texas: ma questi sono i due stati in cui Bernie Sanders e Ted Cruz sono i rispettivi senatori in carica, quindi se non ce la facessero a vincere neppure a casa loro uscirebbero di scena non solo con certezza, ma con grande vergogna.
Clinton, secondo le medie curate dal sito RealClearPolitics (RCP), umilia Sanders in Georgia (63 a 28,2), in Virginia (55,4 a 35,8), in Texas (61,1 a 33), in Minnesota (54,5 a 28,5), in Tennessee (59 a 33), in Arkansas (57 a 28,5), in Alabama (65 a 27), e lo supera di 3 punti in Alaska (44 a 41) e di oltre 4 in Oklahoma (44,3 a 40). Solo nel Vermont (626mila abitanti in un paese di 310 milioni) Sanders ha un vantaggio più che sicuro (84,5 a 9,5).
La battaglia nel GOP è più accesa, ma a fare di Trump il superfavorito non sono tanto i numeri sulle previsioni di voto, che pure gli sorridono, quanto le divisioni tra gli altri sfidanti. Con tutto il panico che si respira nell' establishment del partito, e che traspare dagli editoriali dei giornali conservatori ortodossi (dal WSJ al Weekly Standard) e dalla campagna milionaria di spot anti Trump promossa dal Club for Growth (pensatoio pro crescita e pro libero mercato) e che è stata annunciata oggi dal suo allarmato presidente David McIntosh, nessuno dei quattro «cavalieri dell' apocalisse se vince Trump» ha fatto il bel gesto del sacrificio, a favore della causa superiore.
Né l' afro-americano Ben Carson, con il 9% di consensi nazionali (i dati sono di RCP oggi 29/2), né John Kasich (8,8%), entrambi di fatto senza alcuna speranza. E tantomeno i due senatori gemelli cubani Ted Cruz (19,8%) e Marco Rubio (17,4%), avvinghiati in un confronto fratricida da mesi, e che soltanto nell' ultima settimana si sono accorti che il 35,6% dei repubblicani (sempre secondo RCP) è inamovibile dal sostegno al miliardario di New York.
Così, hanno trovato il coraggio della disperazione e lo hanno attaccato su tutto: dalle dichiarazioni dei redditi non ancora rilasciate al modo tardivo con il quale si è distanziato dall' appoggio, non richiesto, di un leader dei suprematisti bianchi.
Ma la loro è una unione che fa la debolezza, perché sono più interessati, ognuno, a diventare «il solo» candidato che può sfidare Trump, anziché fare l' unica mossa concreta per sperare di non fargli più vincere Stati uno dopo l' altro e garantirgli i numeri per la nomination.
DECOMPOSIZIONE
Peraltro, il trionfo di Trump in Sud Carolina della settimana scorsa ha prodotto un effetto nefasto per il fronte che gli fa la guerra.
Prima i governatori del New Jersey Chris Christie e del Maine Paul LePage (conservatori moderati- pragmatici), poi il senatore dell' Alabama Jefferson Sessions (campione dei Tea Party ammirato da Cruz, che lo additava a modello di rigore nella lotta anti-amnistia in Congresso) sono saliti sul carro del vincitore.
Dal Nord Est liberal e dal sud ultraconservatore sono dunque arrivati i primi segnali che il fronte dell' establishment del partito non solo non sa coagularsi attorno a una sola bandiera, ma anzi si sta sfaldando. Come dire che è già in atto un processo di rifondazione del GOP attorno al Trump nominato, che è la sola arma e speranza degli anti Hillary d' America di non ritrovarsela alla Casa Bianca.